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8 giugno, venti e venti.

Quasi due settimane dall'ultima volta che l'aveva visto.
Quasi quattordici giorni senza uno straccio di notizia da parte sua.
Quasi trecentotrentasei ore da quando Yamcha era ritornato all'attacco più spavaldo e sfrontato che mai.
Quasi ventimila centosessanta minuti dalla loro prima volta insieme.
Stava portando il conto? Non di certo, altrimenti avrebbe pure saputo quando Vegeta avrebbe avuto intenzione di mettere fine a quella tortura.
Ma non avrebbe dovuto pensarci adesso, non quando quel bastardo non aveva avuto neppure la decenza di scrivere uno schifoso messaggio per comunicare che fosse ancora vivo.

Il suo allenamento alla fine aveva dato i suoi frutti, allontanarsi da quella casa era stata una scelta eccellente.
Aveva avuto problemi di concentrazione soltanto i primi giorni ma aveva deciso che non valeva la pena di scervellarsi su un qualcosa che non aveva un futuro e se per questo neppure un presente.
Era stata una scopata, una grandissima scopata ovvio ma pur sempre un qualcosa destinato a concludersi post coito.
Avventurarsi tra le montagne era stata una buona mossa ed ancora migliore lo era stata il partire con soltanto la sua tuta da combattimento.
Niente cibo né acqua.
La fatica fisica lo avrebbe aiutato ad accrescere a dismisura la sua forza, cazzo poteva già sentirla aumentare di ora in ora!
Ma più passavano i giorni e più nel suo cuore riprendeva posizioni l'oscurità che da sempre l'aveva caratterizzato.
La stanchezza mentale, la solitudine, erano cose a cui era ormai abituato; ma da quando aveva messo piede sulla Terra quella terrestre non gli aveva mai fatto mancare un tetto sulla testa e cibo ed acqua in abbondanza, e quello di certo cominciava a mancargli.
La fatica gli ricordava i tempi della sua schiavitù con Frieza dove la mente continuava a perdersi in infiniti loop, ed alla fine gira e rigira poi finiva a pensare pure a quella maledetta terrestre.

Chissà se il suo bel collo era ancora marchiato dalle sue schifose mani...
Chissà se il suo corpo aveva ancora i suoi segni perché, se pure invisibili, di certo il suo continuava a portarli.
Più lavava via quei segni con l'acqua gelida di fonte e più quelli si calcificavano dentro di lui.
Ed ora come uno stupido non riusciva più a guardare il cielo perché aveva una paura fottuta di leggervi i suoi occhi.
Forse gli stava succedendo tutto questo perché come uno stupido cercava invano di opporsi alla passione, forse se di tanto in tanto vi si fosse concesso allora probabilmente avrebbe trovato sollievo sia fisicamente che spiritualmente.
E poi Bulma in tutto questo tempo non l'aveva cercato mezza volta, eppure l'aveva quasi ammazzata e praticamente mollata dopo aver fatto sesso; quindi non gli sembrava proprio una di quelle donne insopportabili che dopo una notte di sesso chissà cosa si erano messe in testa.
Sì, sarebbe tornato decisamente a casa.

I due coniugi non c'erano, poteva sentire solo il suo Ki provenire dal piano di sopra.
Meglio, sarebbe stato più facile.
Entrò dalla finestra della sua stanza e per prima cosa si cambiò in una di quelle tute morbide che aveva imparato ad apprezzare e una maglietta nera.
Adesso che aveva un aspetto più civile probabilmente poteva anche presentarsi nuovamente di fronte alla scienziata.
La porta di camera sua era aperta, probabilmente perché credeva di essere sola in casa.
Sarebbe stato sbagliato invadere la sua privacy senza farsi notare giusto?
Per evitare incomprensioni stette sulle sue ad osservare i comportamenti della sua preda, almeno fino quando non avesse trovato l'occasione giusta per palesarsi.

I rituali di bellezza delle femmine terrestri erano di quanto più stupido potesse esserci in qualsiasi universo esistente.
A nessun cazzo di uomo poteva mai fregare delle ciglia più lunghe né dell'acconciatura dei capelli.
Gli uomini si accoppiavano grazie a delle stupide reazioni chimiche che partivano in quel cazzo di cervello non appena sentivano l'odore del probabile compagno.
Eppure Vegeta rimaneva sempre piacevolmente sorpreso quando Bulma perdeva ore ed ore in tutti quei preparativi, nonostante per lui risultasse bella anche con la faccia sporca di grasso e di olio motore.

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