5. La maschera

30 2 17
                                    


Charlie bussò alla soglia della stanza numero tredici per la quarta volta.

«So che sei lì dentro!» sbottò a voce alta, prima di saggiare delicatamente la maniglia, che cedette al tocco. La porta ruotò sui cardini senza difficoltà. Almeno non si era barricato dentro, rendendole impossibile qualunque accesso.

«Adam?» azzardò «Ti avviso, sto per entrare.» disse, oltrepassando l'uscio e gettando una rapida occhiata all'ambiente circostante. Sembrava tutto in ordine: un borsone arancio era abbandonato ai piedi del letto, ancora intonso. Il resto non era stato toccato. La finestra, tuttavia, era spalancata e la brezza del mattino agitava le corte tende bianche.

«Oh, no!» Charlie corse al davanzale, sporgendosi «No, no, no!» esclamò, il terrore che le stringeva il petto in una morsa.

Come aveva potuto credere che assegnargli una camera fenestrata fosse una buona idea? Quell'idiota aveva semplicemente aperto i vetri ed era volato chissà dove. Si rendeva almeno conto delle conseguenze di un gesto simile? Probabilmente no, ma... vedere un angelo scorrazzare libero per l'Inferno non era certo la normalità. Specie perché non era neppure un angelo qualunque: chiunque avrebbe potuto riconoscerlo, per la maschera e le vesti appariscenti. Non ci avrebbero messo molto a individuare il Capo Esorcista e la notizia si sarebbe diffusa con una rapidità incredibile, suscitando il panico generale. Come se non avessero già abbastanza grattacapi con la fuga dei Conigli Mannari!

«Perché devi rendermi la vita così complicata?!» ringhiò, mostrando i pugni al cielo «Che ho fatto di male per meritarmi questo?»

«A parte essere figlia di quei due bastardi che mi hanno rovinato l'esistenza?» una figura umana si sporse dalla grondaia, rifilandole una smorfia «Niente.»

Charlie portò la mancina a schermare gli occhi, proteggendoli dalla luce del giorno.

Guardò verso l'alto, incerta:

«Che ci fai sul tetto?»

«Cerco di rimanere per i fatti miei.»

«Aspettami! Ti raggiungo.»

«Cosa del "rimanere per i fatti miei" non ti è chiaro, Morningstronz?»

Charlie non stava più ascoltando. Uscì in fretta e corse su per le scale, in direzione del sottotetto.

***

«Uffa, è bloccato!»

Adam ridacchiò, divertito dalla principessa alle prese con il lucernario difettoso.

«Avresti dovuto tenerlo oliato. Chi si occupa della manutenzione in questo cesso di struttura?» domandò, accovacciandosi sulle tegole «Spero non la cameriera ciclope.»

La osservò battere le nocche sul vetro e portò la destra all'orecchio:

«Come? Non ti capisco.»

In realtà la sentiva benissimo: Charlie stava imprecando sulla contro la finestrella e gli stava chiedendo ripetutamente un aiuto.

«Non vedo cosa potrei fare. Sono chiuso fuori. Non c'è la maniglia da questa parte.» si picchiettò il mento, pensieroso, prima di evocare la propria arma «Mh, a mali estremi... Stai indietro, mocciosetta.» esclamò, contando mentalmente fino a tre prima colpire ripetutamente il vetro, che andò in mille pezzi «Ecco fatto, problema risolto.»

«Possibile che devi rompere qualunque cosa ti capiti a tiro?» il viso di Charlie si affacciò attraverso l'apertura.

«Non farmi pentire di averti dato una chance.» si sporse oltre la cornice della finestra, afferrando la mano che lei stava tendendo, e sollevandola senza sforzo. La depositò sulle tegole «Allora... che vuoi? Credevo d'averti detto che volevo restare da solo.»

L'Ambasciatore CelesteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora