V Capitolo - Giaele: Il terzo anniversario

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Ore 04:25. Suona la sveglia, puntuale e precisa come ogni mattina. Giaele apre gli occhi, completamente frastornata. La notte, per lei, era un campo di battaglia: un'arena in cui la razionalità si scontra incessantemente con la paura. La sua mente diventa un labirinto di pensieri conflittuali, dove le domande si moltiplicano come soldati pronti a combattere.

La razionalità, con il suo scudo lucido di logica, cerca di prendere il comando. Le sussurra che tutto ciò che teme è infondato, che la vita è fatta di momenti belli e brutti, e che le sue ansie non sono altro che ombre di un passato al quale non c'è rimedio. Ma la paura, con furbizia e abilità, risponde con la sua voce sibilante, rievocando ricordi di errori, critiche e insuccessi. Ogni pensiero si trasforma in un colpo inferto, un affondo preciso nel suo petto, dove mantiene il conto di ogni sconfitta, di ogni battaglia persa.

L'ansia notturna si manifesta fisicamente, come un'armatura pesante che le comprime il petto. Ogni battito del cuore fa eco alle sue insicurezze, come se stesse suonando il tamburo di una marcia funebre, danzando sul confine della disperazione. Tutto nella sua mente si accalca, creando un rumore assordante che contrasta con il silenzio della notte. In quei momenti, la logica appare debole, quasi un'illusione, mentre la paura si erge vittoriosa, rimarcando il suo dominio.

E così, Giaele si trova intrappolata in questo conflitto infinito, dove il buio della notte diventa complice delle sue angosce. Mentre il mondo esterno riposa, lei lotta contro i fantasmi della sua mente, battaglie silenziose che la privano di ogni attimo di pace. La sveglia, che segna l'inizio di un nuovo giorno, è solo una transizione: un modo per passare dalla guerra interiore alla quotidianità, una quotidianità che, per lei, rappresenta solo un altro campo di battaglia da affrontare.

Quella era la mattina più fredda dell'anno, non solo per le temperature, ma per il gelo che si attanagliava al suo corpo in modo incontrollato. Erano passati tre anni dall'incidente che aveva segnato per sempre la sua vita e quella dei suoi cari. Passare la giornata a ricevere le condoglianze di perfetti sconosciuti, per la perdita della madre, le faceva accapponare la pelle. Desiderava solo allontanarsi da quella bolla di ipocrisia che la circondava e rifugiarsi nella foresta.

Si alzò dal letto e, come prima cosa, andò a svegliare il fratellino Samuel, che, a differenza sua, dormiva sereno, abbracciato al suo peluche preferito: un t-rex. Dopo la scomparsa della madre, Giaele, per aiutare il padre, si era assunta la responsabilità di prendersi cura di Samuel e della sua crescita. Nonostante, fosse poco più che una bambina, desiderava che suo fratello crescesse con la stessa quantità d'amore che lei aveva ricevuto. Ogni sera gli raccontava delle favole; a volte le leggeva da vecchi libri che la mamma aveva tenuto nella cantina, altre volte invece le inventava di sana pianta. Spesso si travestiva da qualche personaggio inventato e insieme a Samuel partivano alla conquista della loro fantasia: sconfiggendo mostri o salvando il pianeta da invasioni aliene.

La storia che le piaceva di più raccontare era quella del "Bambino e il dinosauro". In questa storia, un bambino coraggioso incontra un dinosauro incredibile, e insieme vivono avventure straordinarie, affrontando sfide e scoprendo nuovi amici nel loro cammino. Quel racconto era un rifugio dal mondo esterno, un mondo in cui la tristezza e la perdita si dissolvevano, lasciando spazio solo alla magia e all'amore.

"Non molto lontano dal lago di Schluchsee si nasconde un mondo incantato, dove tutto ciò che sogni è reale e tutto ciò che vedi non lo è..."

Appena Giaele iniziava a pronunciare quella semplice frase, suo fratello saltava di gioia. Voleva ascoltare quella storia ogni sera, abbracciato al suo dinosauro di peluche, Dolly; mentre ad occhi aperti sognava e ripeteva in coro ogni parola.

Spesso lo portava a visitare la foresta, raccontandogli le storie delle avventure della mamma. Ricordava quella volta in cui aiutò un cerbiatto a partorire, o quando raggiunsero la cima del monte e si accamparono per la notte; le stelle brillavano così intensamente che il loro bagliore rimase impresso nei loro occhi per giorni.

LE OMBRE DELLA FORESTADove le storie prendono vita. Scoprilo ora