La serata procedeva come previsto, una sinfonia di musica e risate che si mescolavano all'aria fresca della notte, creando un'atmosfera vibrante e contagiosa. Sotto il cielo stellato, le luci colorate danzavano tra i tavoli di legno, dove piatti fumanti e bicchieri tintinnanti raccontavano storie di convivialità e allegria. La luna, alta e argentata, rifletteva la sua luce sulla superficie del lago, trasformando l'acqua in un tappeto scintillante che sembrava inondare il mondo di magia. Giaele si guardava intorno, un po' spaesata dalla presenza di tutte quelle persone che si muovevano come un mare in tempesta, danzando e ridendo con un'energia contagiosa. Cerchi di amici si erano formati ovunque, il suono delle canzoni che un gruppo di musicisti suonava in un angolo, animava la festa con melodie tradizionali che tutti conoscevano a memoria. I piedi battevano a tempo, le mani applaudivano, il tutto attraversato da una frenesia gioiosa, un'eccezione al ritmo monotono della vita quotidiana.
Le luci tremolanti di lumini appesi tra gli alberi creavano ombre danzanti, mentre i profumi dei cibi tradizionali si diffondevano: la salsiccia alla griglia, il pesce fresco, e dolci fatti in casa che si scioglievano in bocca. I volti dei presenti erano un mosaico di emozioni: occhi che brillavano di felicità, sorrisi che raccontavano storie di amicizie passate e abbracci che parlavano di affetto. Giaele si faceva strada tra la folla, muovendosi con grazia tra i tavoli colmi di cibo e bevande, scambiando saluti e sorrisi con chi conosceva. Ogni passo era un tuffo nella storia del paese, un rituale di legami e memorie. Ma nonostante l'atmosfera festosa, sentiva su di sé gli occhi di tutti, i loro sguardi lenti e malinconici, un misto di apprensione e curiosità, che la innervosivano. Sapeva che per le persone lì presenti, lei appariva come un cucciolo di cerbiatto che, scampato a una brutta sorte, si ritrovava a dormicchiare sul corpo ancora caldo della madre deceduta, rimasto indifeso e vulnerabile. "Un cucciolo ferito, questo sono?" si domandava Giaele, mentre il battito del suo cuore si faceva più forte. In quel momento di fragilità, desiderava più di ogni altra cosa sentirsi parte di quella celebrazione, unendo la sua storia a quella di tutti gli altri, mentre il lago, la luna e la musica continuavano a raccontare la bellezza della vita e della comunità. Raggiunta la riva, si fermò ad osservare la maestosità della foresta, che davanti ai suoi occhi si presentava così grande ed imponente da toglierle quasi il fiato. Spesso si chiedeva come potesse la natura dare vita a un simile spettacolo, così bello e unico. Nel mondo esistevano centinaia di foreste, alcune piccole e altre immense, ma ognuna di esse, pur composta da alberi, fiori e foglie, riusciva a manifestare un carattere peculiare e inconfondibile. Le piaceva pensare di essere un po' come quella foresta. Apparentemente simile a tutti gli altri, con due gambe, due braccia e una testa, ma celando sotto quella prima impressione un universo molto più complesso. Nelle sue profondità, si nascondevano sogni, paure e desideri; bramava la vita, ma allo stesso tempo era affascinata dalla morte. I suoi pensieri, talvolta cupi, la disorientavano. Si interrogava spesso se ci fosse qualcosa di sbagliato in lei, soprattutto quando osservava le sue coetanee, tutte così a loro agio nella vita quotidiana. Lei si sentiva come una rosa nel deserto: spesso sola, incompresa e, a volte, persino inadeguata. Ma in quell'istante, contemplando la foresta, avvertì un legame con la natura che la circondava. La straordinarietà di ogni albero, ogni foglia. Forse anche lei, come quella foresta, era imperfetta ma straordinaria a modo suo. E mentre il vento le accarezzava il viso e il profumo della terra umida invadeva i suoi sensi, capì che, in fondo, il suo viaggio era solo all'inizio.
Trascorse diversi minuti ad assaporare quella solitudine, un rifugio costruito unicamente nella sua mente. Era diventata così abile a disconnettersi dalla realtà che le bastavano pochi respiri profondi: il primo respiro era lontano, quasi impercettibile, come un sussurro nel vento; il secondo si faceva via via più intenso, avvolgendola in un abbraccio rassicurante. Era nel terzo respiro che avvertiva finalmente il suo corpo, come se una coltre di ovatta la circondasse, isolandola dai rumori e dalle pressioni del mondo esterno. Ogni suono si attenuava, e l'unico rumore che si faceva strada attraverso il silenzio era quello del suo respiro, ritmico e profondo. Il quarto respiro la portava lontano, in una bolla trasparente, permettendole di osservare il mondo dall'alto. Le persone intorno a lei diventavano piccole e insignificanti, ridotte a briciole su un pavimento di parquet. Con lo sguardo fisso nel vuoto, Giaele volava nella sua fantasia, ascendendo sempre più in alto, dove i confini della realtà si facevano vaghi e indistinti. In quel volo interiore, sperava ardentemente di incontrarla, di parlare di nuovo con sua madre. Sognava di rivedere quel sorriso confortevole che aveva il potere di riscaldare ogni angolo del suo cuore e di risentire il calore della sua mano. Era un fugace ritorno a quella che un tempo era casa, un Oasis di serenità in un deserto di solitudine, e Giaele si aggrappava a quel sogno, mentre il suo corpo rimaneva ancorato a una realtà che sembrava sempre più lontana.
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LE OMBRE DELLA FORESTA
RomanceIn un'incantevole località della Foresta Nera, Giaele trova rifugio lungo le sponde del lago di Schluchsee, un luogo intriso di ricordi e della bellezza della natura. Cresciuta affascinata dalla passione per l'ambiente della madre, fotografa natural...