Cap 6 Ella-Chi è stato?

178 32 49
                                    


Cap 6 Ella

La voce dell'uomo è disperata, implora di risparmiarmi, la donna piange.

Ci sono troppi rumori.

Non riesco a vedere niente, braccia forti mi stringono.

Poi qualcuno mi strattona, mi sento tirare indietro, non voglio.

Un urlo rimbomba tra le pareti. Forse il mio.

Poi cado nel buio. Però non sono sola.

Qualcuno mi parla, ripete sempre la stessa frase, all'infinito.

Sembra una promessa.

"Io ti cercherò sempre".

Spalanco gli occhi, madida di sudore, e sollevo la schiena per riprendere fiato.

Le pareti bianche e anonime della camera non mi aiutano a ritrovare la calma, forse perché mi ricordano troppo una stanza di ospedale.

L'incubo rimbalza ancora in testa come una pallina da ping pong.

É la prima volta che mi capita di sognare in modo così vivido, finora il sonno è sempre stato la mia ancora di salvezza, non mi aveva mai tradita.

La sensazione peggiore è stata quella di non poter scorgere i volti dei presenti, so per certo che lo desideravo con tutta me stessa ed è come se lo desiderassi ancora, ma era solo un sogno.

Devo ammettere che ieri sera mi sono rigirata nel letto a lungo, ancora nervosa per quello che è successo in caffetteria. Il modo in cui Joshua ha zittito le regine del campus è stato fantastico, ma non si è reso conto di avermi resa un bersaglio mobile.

Quando raggiungo il padiglione centrale, la mensa è ancora semi deserta; perciò, prendo una porzione di cereali e mi accomodo in un tavolino accanto alla vetrata.

Non mi dispiace fare colazione da sola, è un buon momento per mettere in ordine i pensieri prima che la giornata inizi. Negli ultimi giorni la mia vita monotona ha cambiato direzione più volte, mutando da percorso lineare a sentiero tortuoso. Ogni curva e scossone porta il nome di Joshua. Lui sradica le mie certezze piantando germogli di caos. In sua presenza tutto il mio corpo reagisce in modo imprevedibile, i pensieri lasciano posto all'istinto, le emozioni si confondono e mi ritrovo a sorridere quando dovrei essere arrabbiata.

Il suo comportamento al ruscello è stato imperdonabile, eppure è bastato un mezzo sorriso contrito perché la mia capacità di giudizio si azzerasse.

Vago con lo sguardo sugli altri tavoli e ingoio a forza ancora un paio di cucchiai di poltiglia informe, i cereali si sono ammosciati nel latte e adesso hanno un aspetto orribile.

Allontano la tazza e recupero il prospetto delle mie lezioni pomeridiane, dando un'occhiata agli argomenti che dovrò affrontare: butto giù un paio di schemi che potrebbero aiutarmi a spiegare i concetti più ostici e mi perdo nella ricerca di strategie che possano facilitare l'apprendimento dei miei studenti. Daphne è creativa, ma poco interessata allo studio. Non ho potuto fare a meno di notare gli abiti sgargianti e la ricerca minuziosa di particolari insita nel suo stile, forse se utilizzassimo mappe colorate e immagini potrei catturare la sua attenzione. Charlie si è rivolto a me per recuperare una parte del programma di storia, è interessato e volenteroso ma assolutamente negato nel ricordare date e nomi complessi, potrei insegnargli un paio di trucchetti divertenti per ricordare i suoni difficili.

E poi c'è Josh. Non riesco a fare a meno di ripensare alla sua espressione frustrata e ferita, i pugni serrati, la mascella contratta e lo sguardo rassegnato di chi pensa di non valere niente. È stato lì che ho capito che non sarei riuscita a rimanere in collera, perché ogni fibra del mio corpo si è protesa verso di lui desiderando annullare il suo disagio. Il mezzo tentativo di scuse in caffetteria mi ha dato il colpo di grazia.

FireflyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora