«Non nasconderti con me Ella, non hai bisogno di fingere di stare bene se non è così. Puoi mostrarmi il meglio e anche il peggio. Andrà bene comunque, perché si tratta di te».
«Pensi di mangiarlo o speri che svanisca?». Sussulto. La voce decisa e seducente di Josh mi coglie di sorpresa.
Non lo vedo dall'altro ieri, quando mi ha lasciata nel piazzale del Campus estorcendomi la promessa di rispondere ai suoi messaggi, cosa che ho fatto, e di prendermi cura di me stessa, cosa in cui sono riuscita un po' meno bene. Ad un certo punto, in un momento di estrema malinconia gli ho scritto che mi mancava, non mi ha mai risposto, il che, dal mio punto di vista, è una replica più che esaudiente.
Alzo gli occhi dal muffin che ho sapientemente spezzettato e sparso per tutto il piatto, è seduto davanti a me con le mani incrociate sotto il mento ed esibisce la sua più incantevole espressione strafottente.
Dovrei mandarlo a quel paese, dato che mi ha ignorata, dopo avermi espressamente chiesto di farmi sentire e invece mi bastano pochi secondi e la mia collera si è già sgonfiata. Ci sono persone al mondo che siamo geneticamente programmati a perdonare, Joshua, a quanto pare, rientra in questa categoria, almeno per me.
«Sei tornato prima del previsto» sono così felice di vederlo che temo mi si legga in fronte come una scritta al neon, alla faccia dei miei propositi di vendetta.
«E' una fortuna visto che rischi di scomparire da un momento all'altro».
Il palese riferimento al mio scarso appetito mi imbarazza e istintivamente nascondo i polsi sotto al tavolo, sto perdendo peso e temo che lo noterà, per qualche motivo è suscettibile all'argomento. Se ne accorge e mi bracca. «Non ti basterà nascondere le mani Ella, è evidente che non stai mangiando e a giudicare dalle occhiaie anche il sonno non è un granché».
Ha ragione, tre o quattro ore al massimo per notte e l'incubo, sempre quell'incubo, che continua a tornare.
«Avanti, manda giù qualcosa, non ci alzeremo da qui fino a quando non sarò certo che non rischierai di svenire da un momento all'altro. Abbiamo del lavoro da fare oggi, ricordi?». Ma di che cosa sta parlando? Non che me ne freghi molto, in effetti, lo seguirei anche se dovessimo spalare letame.
Interpreta la mia espressione confusa e puntualizza. «Dobbiamo preparare gli allestimenti per lo spettacolo». Ah, già.
Sbocconcello qualche pezzo di muffin, di malavoglia, con la sensazione di masticare intonaco, ingollo una sorsata di succo di arancia per cacciare giù il tutto, sempre sotto il suo sguardo vigile. «Contento?».
«Neanche un po', dobbiamo rivedere la tua idea di pasto». Mi squadra serissimo, incrocia le braccia e rimane in attesa.
Non posso proprio continuare, da un paio di giorni a questa parte sembra che il mio stomaco abbia indetto uno sciopero ad oltranza, avverto già le prime ondate di nausea, dovrà accontentarsi. «Dolente di doverti contraddire, ma non ho più fame. Io me ne vado, se preferisci resta pure qui». Mi alzo stizzita rassettando il tavolo e lui sbuffa sonoramente puntando un dito nella mia direzione. «Rimedieremo a pranzo che ti piaccia o no». Nascondo un sorriso, se questo significa che passeremo l'ora di pranzo insieme, sono disposta a continuare a battibeccare.
Ci avviamo fianco a fianco lungo il viale centrale, immersi perlopiù in un silenzio imbarazzante. Non oso domandargli dove sia stato nelle scorse quarantotto ore, ho imparato a mie spese che invadere il suo spazio porta guai. Lui però non ricambia la cortesia.
«Cosa hai fatto in questi giorni?». Mi interroga.
Per lo più ho pianto e ho finto di avere l'influenza. Ho ignorato i messaggi di Adam e saltato almeno due pasti su tre. «Niente di particolare, le solite cose, attività programmate, lezioni». Sospira e mi rifila un'occhiataccia.
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Firefly
ChickLitSe per riavere la tua libertà, fossi costretto a sacrificare l'unica persona che conta. Cosa sceglieresti? La tua vita? O la sua? Aggiorno il lunedì e il giovedì ( il romanzo è già concluso!) Ella Wells come ogni anno è costretta a partecipare al C...