Capitolo 4 - La scelta

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La scelta

Mi sveglio e mi sento come se avessi appena fatto una corsa campestre, vado al bagno e nel cambiarmi sento una fitta alla mano destra.

«Ma cosa diamine è?» mi metto gli occhiali per "mettere a fuoco", ereditando i bellissimi occhi azzurri di mamma Eloise, ho preso anche il suo astigmatismo, purtroppo.

Una bruciatura? Ho la mano bruciata e la scottatura ha la forma di un cinque.

«Allora era reale?» mi chiedo guardandomi allo specchio.

Non è possibile, mi sarò fatta male ieri portando fuori i cani, sicuramente sarà andata così.

Alan non è in camera, sono già tutti giù e c'è anche mio padre che discute con mia madre.

Arrivo quando gli sento dire: «Hai ragione, non c'è altra scelta. Capirà.»

«Chi deve capire cosa?» chiedo.

«Nulla Cora, mangia i pancake» mia madre mi fa sentire come un animale domestico in questo momento, tipo un canarino a cui viene dato il panico fatto di tanti piccoli cereali.

Prendo la tazza dalla credenza. Mia madre per versarmi il latte vede la bruciatura, cerco di nasconderla, ma in un secondo il mio palmo è più vicino alla sua faccia che al mio corpo.

«Vedi Luxor? Dobbiamo andare.»

Papà resta in silenzio, mangio fino a che non mi esortano a sbrigarmi.

«Ma vi state calmi? Mi mettete paura così.»

«Cos'è successo questa notte Cora?»

«Nulla mamma, ho fatto solo strani sogni» e mi concentro su ciò che avevo visto.

Lei aspetta che io parli.

«Tiranna chi è? Una vecchia parente? Mi pareva di conoscerla» le dico strizzando gli occhi.

Non fiata, vedo solo che prende un gran respiro come se stesse tenendo nel suo petto l'esplosione di una granata. Poi mi guarda e mi fa: «Andiamo, se ti sbrighi è meglio.»

Alan non capisce, papà pare di sì e prova comunque a sorridermi.

Guardandolo, penso solo che se avessi preso da lui sarei stata almeno un metro e settanta, invece sono abbastanza piccoletta.

Prepariamo tutto e partiamo, salutiamo papà nel modo più veloce possibile anche se il cuore è a pezzi, uno dei quali resta a casa con lui.

Mamma è silenziosa, non deve essere facile neanche per lei, sono certa che amasse papà altrimenti se ne sarebbe accorta dei tradimenti. Comunque mi viene da chiederle: «Ma tu, che fai almeno una volta a settimana le carte del fato, non avevi visto ciò che stava combinando?»

«Bambina un giorno capirai quanto l'amore che provi sia più forte di qualsiasi predizione.»

Alan è seduto nei sedili posteriori dell'auto e gioca con il telefono, noi restiamo in silenzio per almeno un paio d'ore. Non riusciamo neanche a parlare.

Devo andare in bagno, cerco disperatamente un cartello che possa indicare la vicinanza a un autogrill.

«Mamma a duecento metri c'è una sosta, possiamo fermarci?»

Mi risponde come se fosse uscita da un sogno, guarda la mia mano e poi me, è decisamente preoccupata ma sorride e decide di fermarsi.

Ha l'espressione di chi conosce bene il luogo in cui sta andando.

Arriviamo, parcheggia e mentre mi tolgo la cintura di sicurezza mi dice: «Guarda su cucciola.»

«Mamma sono grande, la smettiamo di dire cucciola?» poi alzo gli occhi e mi trovo di fronte ad un Autogrill dotato di un'immensa libreria indipendente, si chiama: "A spasso con Dorothy e Toto."»

«Non ci credo!» urlo come una qualunque ragazzina di sedici anni.

Alan sbuffa, odia quando andiamo in libreria, ma c'è anche un negozio di giocattoli.

«Ci vediamo tra poco, ti chiamo quando ho fatto» dico a mamma che rispetta i miei sacri momenti in libreria.

All'entrata vengo sovrastata dal profumo della carta stampata, le mille copertine attirano la mia attenzione. Mi sento importante nella mia capacità di scelta. Sono talmente a mio agio che un gruppo di ragazzi e ragazze mi chiedono consiglio su quali libri prendere. Sono ferrata sull'argomento e gli faccio uscire ognuno con un libro diverso; ma vado in cassa con un unico libro di una libreria minore.

Prendo quello che parla di: Lunar Lake; tra storie e leggende.

Quando vado alla cassa, la libraia guardandomi, mi fa i complimenti per la mia conoscenza dei romanzi che vanno al momento.

Il libro che ho preso è stato scritto da una certa Riccia Capriccia, deve essere sicuramente uno pseudonimo. Sorrido leggendo quel nome, pago ed esco fiera del mio acquisto.

«Alan ma cos'hai comprato? Tutto il negozio?» e guardo mamma che non può decisamente permettersi spese pazze.

Alan è felice, corre in macchina inciampando sui suoi stessi giocattoli nuovi, ma non lo ferma nessuno è troppo euforico.

«E tu invece hai preso un libro solo? Cos'è di così importante da sovrastare tutta l'altra scelta?» mi chiede Eloise.

«Eccolo» le mostro il libro e lei sbianca.

«Bene» dice e torna a guidare.

Forse sono sulla strada giusta, penso, deve dirmi per forza cosa sta succedendo.

Sono cresciuta vedendo troppe cose al di fuori del comune: Predizioni con le carte o con piatti mistici, pendolini e rune incantate, strane tisane che risolvevano sempre i problemi; è così che mia mamma è riuscita a crearsi un lavoro, come esperta erborista. E tutto ciò che mi sta accadendo è strano, troppo strano. Il sogno di questa notte e la bruciatura mi fanno pensare.

Mentre rifletto su tutte queste cose, siamo vicine alle montagne della nonna, erano anni che non le vedevo, mi causano una profonda fibrillazione, come se dovessi essere proprio qua nella mia terra.

Il lago è magnifico ed è proprio di fronte alla casetta della nonna.

«Wow» dico, non riesco a contenermi.

Alan è praticamente all'altezza dei posti di fronte incuriosito.

«Eh già, adesso ti senti una Whitemoon di la verità» mi dice mamma e scendiamo.

Passiamo la staccionata che delimita la casa di robusto legno ed entriamo, la porta cigola e una discreta folata di polvere ci dà il benvenuto.

«Mamma è già Halloween?» le chiedo osservando le belle ragnatele che ornano il soffitto.

Alan ride.

«Simpatica» dice mia madre continuando, «benvenuta a casa di nonna Clear Whitemoon.»

Mamma e Alan si prendono le stanze al piano terra e io prendo quella in soffitta.

Puliamo tutto e proviamo ad andare a dormire.

Domani è il mio compleanno, la fibrillazione che mi accompagna da giorni si fa sempre più forte e ho una gran paura di fare un sogno pesante come quello della sera prima, più che altro di uscirne con qualche altra ferita, ma sono troppo stanca, cedo.

Sono per aria, le coperte fluttuano con me, vedo l'aria intorno muoversi come mossa dal vento, pare di essere nella Notte stellata di Van Gogh.

Inizio a girare come un pollo allo spiedo, le mie mani mi seguono, lo sento.

Sto vedendo tutto con un'altra vista, forse vedo per la prima volta, i miei occhi sono socchiusi.

Ciocche dei miei capelli cadono e si posano sul cuscino.

Ma cosa diamine succede?

Grido di dolore, ma non mi sente nessuno, sento il fuoco bruciare ogni parte di me, mi sento soffocare, forse è arrivata la mia ora.

Mia nonna assieme a Brenonna, al fondatore di Gold Sheld Town, a Tiranna e ad altre tre figure strambe mi bloccano e ripetono strane parole che non comprendo.

Ho il viso rivolto al soffitto, emetto il mio ultimo respiro, muoio, questa volta muoio davvero.

Hemlock KissDove le storie prendono vita. Scoprilo ora