CAPITOLO 8

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Clarke ringraziò la cameriera con un sorriso e tornò a guardare Lexa, la quale bevve un sorso di birra, per poi cominciare a mangiare.

«Sembri di casa, vieni spesso qui?» le domandò smettendo per un momento di masticare.

«Abbastanza. Maggie va matta per i taco, mentre Raven si abbufferebbe solo di nachos» rispose, per poi dare un morso alla chimichanga farcita di pollo che aveva ordinato.

«Vi conoscete da molto? Tu e Raven, intendo» continuò Lexa.

«Dai tempi del liceo. Lei si trasferì qui a Los Angeles perché il padre era un militare che venne spostato per lavoro. Era diversa dalle altre ragazze che frequentavano la mia scuola, così decisi di conoscerla meglio e scoprimmo di essere anime affini. La nostra amicizia divenne subito molto profonda e non ci lasciammo più» sorrise, ripensando a quel giorno che aveva deciso di diventare amica di quella ragazza dai capelli castani, una maglietta con la stampa di un unicorno sul davanti e una sola parola tatuata all'interno del polso sinistro: "believe".

«Davvero una bella storia.»

«Sì, ormai siamo l'una la famiglia dell'altra da molti anni.»

«Per questo se necessario ti occupi tu di Maggie? Non mi sembra di averla mai vista con un padre... o un'altra madre.»

Sul volto di Clarke comparve un'ombra e Lexa la notò immediatamente.

«Scusami, forse sono stata indiscreta.»

L'altra pulì la bocca con il tovagliolo di carta, poi sospirò.

«Purtroppo, alle spalle di questa mancanza, non c'è una bella storia.»

«Ti prego, non devi parlarmene se...»

«Tranquilla, non è certo un segreto... o meglio, lo è, ma solo per tutelare Maggie finché è piccola, ma Raven ne parla con chiunque sia disposto ad ascoltare ciò che le è successo. Per lei è un po' come esorcizzare, ribadire che ce l'ha fatta, è sopravvissuta, e ciò che è successo non è stata colpa sua.»

Lexa rimase in silenzio, mentre Clarke si prendeva una piccola pausa.

«Otto anni fa ha subito una violenza terribile. Era andata ad un concerto con degli amici e quando raggiunse l'auto per tornare a casa, uno sconosciuto l'aggredì. La trascinò in un vicolo buio e abusò brutalmente di lei, lasciandola poi a terra, svenuta. Fu ritrovata da un ragazzo che lavorava in un locale poco distante» fece un'altra pausa, poi continuò.

«Fu terribile, angosciante. Per settimane parlò a stento anche con me, lei che non sta zitta un solo secondo. Mi sentivo impotente ed in colpa, perché quella sera sarei dovuta andare anch'io e invece cambiai i miei programmi per uscire con una tipa che neanche mi piaceva così tanto.»

«Non credo che Raven ti dia la colpa di ciò che è successo.»

«No, lo so ovviamente che non è colpa mia, ma non potevo non pensare al fatto che se fossi andata con lei, quell'uomo non l'avrebbe trovata sola» sospirò.

«Comunque, dopo alcune settimane, scoprì di essere incinta. Ne parlammo per giorni e giorni, e alla fine decise che la creatura che portava in grembo non c'entrava niente, era una cosa bella nata da qualcosa di orribile, e decise di tenerla. Io la sostenni fin dall'inizio e piano piano Raven tornò prima a sorridere, poi a parlare di più e infine a vivere. Fu la rinascita di una donna straordinaria che imparai ad amare ancora di più, è diventata una sorella per me. Nel frattempo quel mostro venne catturato e condannato a vent'anni, aveva commesso anche altre aggressioni. Raven era incinta quando andò in tribunale a testimoniare contro di lui, fu coraggiosa come mai avevo visto nessuno.»

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