CAPITOLO 9

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Clarke bussò alla porta e poco dopo il battente si aprì. Si aspettava di trovarsi di fronte Raven e invece fu costretta ad abbassare lo sguardo per incrociare gli occhioni azzurri come i suoi di Maggie.

«Tu cosa ci fai ancora in piedi?» le domandò entrando e chiudendosi la porta alle spalle.

«Dovevo fare pipì» rispose.

«E allora perché sei qui invece che in bagno?»

«Perché la mamma sta facendo pipì e mi ha detto di venire ad aprirti» disse ancora, per poi sparire verso la zona notte mentre sopraggiungeva sua madre.

«Ehi!» le sorrise, per poi smorzare subito il proprio entusiasmo.

«Che brutta faccia, che è successo?»

«Non ti sembra strano che io mi trovi qui, invece che a casa a fare porcherie con Lexa?»

«No, in fondo tieni molto a me e Maggie» ribatté, per poi aggiungere, sospirando.

«Ok, non è credibile questa cosa» andò verso la cucina openspace e accese la macchinetta del caffè.

«Allora, racconta.»

Clarke sospirò avvilita sedendosi sul bracciolo della poltrona.

«Abbiamo litigato... più o meno.»

«È su cosa? Sulla posizione del cigno?» chiese ironica.

«Esiste una posizione del cigno?» ribatté perplessa.

«Ed io che ne so! Dai, parla!»

Clarke sospirò di nuovo.

«Mi ha fatto una scenata di gelosia» disse semplicemente.

«Davvero?» esclamò Raven, stupita.

«Beh... più o meno. Mi ha accusata di flirtare con le altre donne. Assurdo, non trovi?» passarono alcuni secondi di silenzio e Clarke la guardò negli occhi, accigliandosi.

«Non trovi?» ripeté.

«Diciamo che sei piuttosto espansiva» rispose l'amica.

«Ma non flirto con qualunque donna mi trovo davanti!»

«Certo che no, solo con chi mostra un certo interesse. Tipo la cameriera del ristorante messicano dove andiamo spesso, sarà un caso, ma ci serve sempre lei.»

Clarke la fissò incredula.

«Stai scherzando?» mormorò.

«No, e non dirmi che non l'hai notata!»

L'altra scattò in piedi.

«Ok, forse me ne sono accorta di questa cosa, ma per il resto sono solo gentile e socievole! Lexa non aveva alcun diritto di accusarmi di fare la cretina con chiunque! E poi con quale diritto? È forse la mia ragazza?»

«Sì.»

«No!»

«E invece sì. D'accordo, ammesso e non concesso che abbia esagerato con la gelosia, perché litigare invece di parlare civilmente?»

«Perché mi ha indispettita!»

Raven alzò gli occhi al cielo, per poi puntarli in quelli dell'amica.

«Bisogna proprio che ti dai una calmata, Clarke! Non puoi pungere il culo al prossimo ogni volta che ti viene fatta un'osservazione che non ti piace! Porca troia, il più delle volte sembri una lesbica acida che non scopa da un secolo!»

L'altra strinse gli occhi in due fessure ostili, poi incrociò le braccia al petto.

«Non è vero» borbottò stizzita.

«E invece sì! Perché adesso non la raggiungi, vi chiarite e fate tanto sesso rappacificatore?»

«Non so dove sia» confessò.

«Che vuol dire che non lo sai?»

«Che eravamo andate al mare con la mia macchina e io l'ho lasciata lì... spero abbia trovato un taxi per rientrare.»

«Santo cielo, sei proprio una cretina! Vai a casa sua e se non c'è chiamala, muoviti!»

******

Clarke scese dall'auto, la chiuse e percorse il breve vialetto che portava alla porta di casa di Lexa, sita in un complesso privato. Ebbe un secondo di esitazione, poi bussò, non ricevendo alcuna risposta tentò di nuovo e ci fu sempre esito negativo. Possibile non fosse ancora rientrata?

Mentre raggiungeva la propria macchina tirò fuori il cellulare e cercò di chiamarla, ma rispondeva la segreteria telefonica. Sempre più preoccupata, avviò il motore e tornò dove l'aveva lasciata. La cercò per un po' senza riuscire a trovarla, mentre al telefono continuava a rispondere la voce impersonale della segreteria.

Ormai nel panico decise di andare a casa, calmarsi e cercare di capire in che modo agire, continuando a domandarsi che fine avesse fatto l'altra.

Giunta al condominio dove abitava, attraversò il cortile interno decorato con palme, panchine e una piccola fontana, e salì le scale in ferro che portavano al ballatoio del primo piano, dove erano ubicati tre appartamenti, tra i quali il suo. Camminando scrisse un messaggio a Lexa, pregandola di farsi viva non appena avesse letto, ma quando alzò gli occhi si bloccò, incredula nel vedere l'altra seduta di fronte alla sua porta, con le braccia poggiate sulle ginocchia e la schiena al battente.

«Finalmente. Scommetto che sei stata da Raven» le disse, per poi alzarsi in piedi.

Clarke la raggiunse e le diede uno spintone.

«Stronza! Perché non rispondi al telefono?! È un'ora che ti cerco, sono anche tornata al mare!»

«Ho il telefono scarico.»

«Mi hai fatto prendere un colpo!» continuò, ignorando la sua spiegazione.

«Credevo ti fosse successo qualcosa!»

«Ho il telefono scarico!» ripeté.

«Ammettilo che volevi vendicarti perché ti ho lasciata a piedi e...»

«Cazzo!» sbottò Lexa afferrandola e zittendola con un bacio mozzafiato.

«Ho il telefono scarico» mormorò contro le sue labbra.

«Ho avuto paura» ribatté Clarke, guardandola negli occhi.

«Scusami... anche per come mi sono comportata con te, ho esagerato.»

«Mi dispiace averti piantato in asso... solo che... ecco, forse mi ha irritata il fatto che in parte avessi ragione. Ma non è vero che flirto con tutte! E comunque cercherò di non farlo più, ora che ci sei tu.»
Lexa sorrise.

«Ora che ci sono io?»

«Certo... Raven dice che sei la mia ragazza.»

«Oh beh, se lo dice lei, allora è così!» continuò a sorridere.

«E, visto che sono la tua ragazza, mi fai entrare?»

«In che senso?» ribatté Clarke, sorridendo maliziosa.

«In ogni senso» mormorò Lexa, baciandola di nuovo.

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