CAPITOLO 6 - V COME VENERAZIONE

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New Orleans, Louisiana – 29 Ottobre 1933


L'alba sul lago aveva qualcosa di magico.

Lo specchio d'acqua era ricoperto da una sottile nebbiolina, che diventava sempre più leggera e impalpabile man mano che il sole si alzava all'orizzonte.

Il silenzio era quasi totale, l'aria immobile, come se la natura stesse trattenendo il fiato in attesa del nuovo giorno.

Vogel stesso sembrava essersi dimenticato come si faceva a respirare, perso in un mondo che si tingeva lentamente di colore e acquistava profondità e consistenza.

La presenza di Alastor accanto a lui era un'altra fonte di stupore e meraviglia.

Ancora una volta si riempì gli occhi e il cuore del suo profilo delicato, la sua bocca carnosa, il colore brunito della sua pelle.

Non avevano ancora scambiato parola dalla sera precedente, ma il silenzio era confortevole, ancora più rilassante del giorno prima.

Vogel si era svegliato rannicchiato sul divano. Aveva una coperta sulle spalle e nelle narici l'odore del caffè appena fatto.

In un istante i ricordi della sera prima erano piombati su di lui. La sensazione appagante di essere riuscito a fare breccia nella corazza di Alastor. Le sue dita delicate tra i capelli. Il calore del suo corpo sotto la guancia.

Gli era stato fatto un dono, era consapevole di essere riuscito a vedere, a vivere Alastor come nessuno mai aveva fatto prima di lui.

Era andato lì con l'intenzione di scoprire il suo punto debole per affondarci la lama del suo opportunismo ma, ora che aveva visto la sua anima in tutta la sua meravigliosa e intrigante complessità, non voleva fare altro che proteggerlo.

Non in senso letterale – Alastor non aveva nessun bisogno di essere protetto – quanto piuttosto emotivo. Vogel voleva proteggere il suo segreto. Voleva proteggere la sua anima oscura che, anche dopo tutte le rivelazioni della sera prima – o forse proprio grazie a loro – sentiva attrarlo come non gli era mai capitato con nessuno.

Sapeva razionalmente quanto Alastor fosse oggettivamente pericoloso ma inspiegabilmente si era sentito al sicuro con lui; in una maniera folle e assolutamente incosciente, ma nemmeno per un istante aveva pensato di essere davvero in pericolo.

Loro due erano anime affini. Vogel lo aveva intuito da subito. E per quanto fosse difficile e incredibilmente doloroso pensare che Alastor non avrebbe mai voluto condividere con lui lo stesso tipo di intimità che Vogel desiderava, era comunque disposto ad accettare qualsiasi compromesso per poter stare insieme a lui.

Quando si era alzato dal divano con un leggero mal di schiena, aveva scorto attraverso la piccola finestra la sagoma di Alastor che si stagliava nella luce fioca e lattiginosa che precede l'alba. Lo aveva raggiunto sotto al portico e Alastor gli aveva sorriso porgendogli una tazza di caffè. Era bollente e dolce, Alastor lo aveva zuccherato per lui, e solo quel gesto gli aveva acceso il cuore di una strana e immotivata speranza.

"Mi stai fissando..." gli fece notare Alastor senza distogliere lo sguardo dal lago davanti a sé.

"Sì, beh... sei davvero bellissimo alla luce dell'alba."

Aveva deciso di essere diretto, non aveva più senso nascondere i suoi pensieri e i suoi sentimenti. Doveva solo stare attento a non superare quei confini che sapeva per certo esistere attorno alla sua anima e soprattutto alla sua persona, ma di cui non aveva ancora identificato esattamente il perimetro.

"Grazie." rispose Alastor "Anche io ti ho fissato per un po' questa mattina mentre ancora dormivi sul divano."

"Detto così è un po' inquietante."

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