CAPITOLO 5 - A COME ASSASSINO

70 7 17
                                    


New Orleans, Louisiana – 28 Ottobre 1933


Alastor non riusciva a prendere sonno.

Si girava e rigirava nella minuscola brandina in preda ad uno sconvolgimento che mai aveva provato nella sua vita. Era confuso, turbato, totalmente destabilizzato. Si sentiva come fuori dal suo asse e, per quanto fosse chiaro che la causa era Vogel, quello che non riusciva ancora a capire era il motivo del suo profondo turbamento.

Non era attrazione fisica.

Essere attratto fisicamente da qualcuno voleva dire desiderare di fare sesso con quella persona e quindi, in questa accezione, Alastor NON provava attrazione fisica.

Mai.

Per nessuno.

La sua affermazione di non gradire il sesso era solo la punta dell'iceberg di una situazione interiore così complessa e sfaccettata, che ormai dopo anni aveva rinunciato lui stesso a capire. L'aveva accettata, così come aveva accettato il lato oscuro di sé e, a voler ben guardare, non era nemmeno sicuro che le due cose fossero separate.

Perché in qualche modo la 'fame' che provava verso Vogel, il 'desiderio' che lo divorava, erano altrettanto oscuri e profondi dentro di lui.

Eppure, come non desiderava farci sesso, non sentiva nemmeno il bisogno di ucciderlo.

Piuttosto, immaginava di gustarlo in qualche modo strano e sottile, di assaporare il piacere della sua mente arguta e, allo stesso modo, provare sulla sua stessa anima il filo della sua lingua tagliente.

Non che fosse indifferente al suo aspetto fisico. Vogel era la persona più attraente che avesse mai incontrato, e Alastor stava sperimentando un nuovo istinto, il bisogno puro e semplice di guardarlo. Era una questione estetica, Vogel era bello e ad Alastor erano sempre piaciute le cose belle. Quantomeno secondo i canoni della sua mente contorta e malata.

Era rimasto ammaliato dalla luce che scintillava sulle punte indomabili dei suoi capelli corvini. Il disegno bluastro delle vene che aveva intravisto sotto la pelle dei suoi avambracci quando aveva spinto le maniche sui gomiti per lavarsi le mani prima di cena. Quel leggero velo di barba che era riuscito a scorgere sulle sue guance – finalmente! – quando si era seduto a tavola per mangiare.

Alastor era sempre più affascinato da ogni dettaglio che scorgeva di Vogel, e si era reso conto che avrebbe così tanto voluto spogliarlo. Guardare il suo corpo nudo e scoprire se fosse davvero così armonioso come gli appariva da vestito. Osservare il modo in cui quelle adorabili clavicole, che aveva visto solo di sfuggita, si collegavano alle spalle ampie che tendevano il tessuto elegante della giacca così come il daino che aveva indossato quel giorno.

Voleva seguire con i polpastrelli le protuberanze della sua spina dorsale, infilare le dita tra le morbide onde dei suoi capelli e, forse, tirarli anche. Giusto un po', quanto bastava per farlo sibilare di dolore, spalancare i suoi occhi di quel colore così particolare come il cielo di notte, uno blu come quando è sereno, e uno grigio come quando si riempie di nuvole.

Vogel era indubbiamente intrigante, affascinante, il suo aspetto così come la sua personalità sembravano attirarlo come una calamita. Per la prima volta, anziché proteggerlo, la corazza di metallo che aveva sempre tenuto racchiuso il suo cuore e la sua anima, lo stava facendo avvicinare a qualcuno, soggiogato da una forza magnetica così potente da essere ormai irresistibile.

E tutto ciò era destabilizzante.

Abituato ad analizzare e catalogare ogni sua emozione, Alastor non sapeva davvero come gestire quelle nuove sensazioni. Riusciva solo a capire cosa 'non' era, quel bisogno profondo che sentiva al centro del suo stomaco, ma non riusciva davvero a dargli un nome.

BOURBON STREET | RADIOSTATICDove le storie prendono vita. Scoprilo ora