capitolo 18 Violet

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Violet
"Che cosa ho interrotto?"
Entro nel mio ufficio con Patty al seguito che continua a farmi la stessa domanda per la seconda volta.
"Niente."
Sono sicura che non demorderà la mia amica e di certo sono consapevole di non essere abbastanza convincente, ma non posso mentire con facilità, non in questo momento, sono ancora troppo sconvolta dalle emozioni che lui mi ha fatto provare.
"Violet, non mentirmi, era palese ciò che stava succedendo lì dentro."
Non rispondo e mi avvicino alla poltroncina dove sono abbandonati i miei vestiti, jnizio a spogliarmi e ripongo il vestito color oro di Cleopatra lì sopra.
Afferro il mio jeans, lo indosso, poi passo alla camicia, ora è il turno delle ballerine blu.
"Io non posso credere di aver salvato la tua verginità."
Mi volto verso Patty che ha entrambe le mani fra i capelli ed una espressione stupita.
"Non esagerare adesso."
Cerco di minimizzare, ma credo abbia proprio ragione, e sinceramente, mi fa strano pensare che probabilmente ci sarei andata a letto.
Magari mi sarei fermata, nonostante temo sarebbe stato abbastanza complicato riuscire a ritrovare il buon senso in quel momento.
Con le sue labbra sulla pelle e le sue dita a stuzzicare la mia intimità, con i mille brividi nello stomaco e la testa in totale blackout, sfido chiunque a dare ascolto alla ragione.
Eppure non è così che ho immaginato di perdere la verginità, in una sala della galleria che tanto amo, con un semisconosciuto.
Non che immaginassi rose e cuori, ma almeno di poter rivedere il giorno dopo l'uomo in questione.
Aiden non è il tipo da invitarti a cena la sera successiva, o il tipo che ti preparerebbe la colazione al risveglio, anzi, immagino non resti nemmeno a dormire.
In cosa mi stavo cacciando?
Io cosa voglio, cosa sono disposta a sopportare?
Ma soprattutto, quanto mi sto legando al pensiero di noi due?
"Non cercare di prendermi per il culo, conosco i tipi come lui e so che ti ha puntata, non mi piace per niente che tu cada nella sua rete."
Sistemo i vari vestiti con le proprie borse che sono serviti per il servizio fotografico, cerco la mia e vi butto dentro il cellulare.
Ignoro volutamente Patty, o almeno ci provo, ma non posso più farlo quando si avvicina e le sue mani afferrano le mie spalle.
"Non voglio che ti faccia male."
Le sue iridi nere sembrano velate di paura, è sempre stata protettiva nei miei riguardi, ed anche per questo per me è come una sorella.
"Vuoi finalmente vivere come una ragazza qualunque della tua età e recuperare le esperienze perse, lo capisco, ma non fare sesso con il primo che ti piace, visto che sarebbe la tua prima volta."
Distolgo lo sguardo e mi sottraggo con dolcezza alla sua presa.
"Violet, lo so che ne soffriresti se lui sparisse subito dopo, ti conosco."
Sì, lo farei, anche se so bene che lui si comporterebbe così, ma essere preparati non ti protegge sempre.
"Non innamorarti di lui."
Queste parole mi arrivano come uno schiaffo violento.
" Non credo nell'amore, lo sai, non sono alla ricerca di questo, voglio solo provare grandi emozioni."
Oltrepasso la porta del mio ufficio e so che lei mi sta seguendo per via dei suoi tacchi, scendo le scale e quando mi ritrovo all'ingresso della galleria, lui non c'è.
Il badge che diamo ai visitatori straordinari è abbandonato sul box della reception, segno che Aiden sia andato via.
Un senso di delusione mi stringe lo stomaco, ma indosso la maschera che sono solita portare per dimostrare che va tutto bene, è diventata negli anni una seconda pelle per me.
Nessuno deve conoscere le mie paure, le mie fragilità, i miei sentimenti, è così che mi sono protetta negli anni dalle delusioni.
L'assenza dei miei genitori, capire che non mi amavano abbastanza da starmi vicino mentre crescevo senza di loro ma con una malattia cardiaca.
La paura di morire ogni volta che finivo in ospedale e ogni volta che non c'era la speranza di operarmi.
La delusione nello scoprire i tradimenti di mio padre verso mia madre tramite riviste scandalistiche, e la delusione nel constatare per l'ennesima volta che l'amore non esiste grazie al padre di Patty che sparì un giorno qualunque derubando la povera Consuelo dei propri risparmi.
La delusione nel capire che nessun ragazzo poteva davvero voler stare con me perché ero malata.
Le uniche costanti nella mia vita sono sempre state solo Patty e Consuelo.
Usciamo dal museo e ci dirigiamo ognuno alla propria auto, saluto frettolosamente la mia amica e salgo su questa, metto in moto e parto, volendo fuggire da questo luogo, dalle delusioni, dalle potenti emozioni che ho provato, ma soprattutto, dalla delusione di non averlo ritrovato ad aspettarmi.
Cerco di reprimere le initili aspettative che la mia mente ha partorito da sola, senza il mio consenso, oppure lo ha fatto il mio cuore?
Scrollo la testa e mi ritrovo in fretta a casa.
Questa enorme e lussuosa casa che a volte sento quasi fin troppo piccola, come se le pareti mi si stringessero addosso.
Parcheggio ed entro in casa cercando di fare piano per non svegliare Consuelo, anche se non credo ci sia questo pericolo, lei non ha il sonno leggero.
Mi guardo intorno e tutte le luci sono spente, avanzo nel buio  che inghiotte l'ingresso e quasi sembra farlo con me.
Sfrutto l'illuminazione esterna, seppur fioca, che penetra dalle finestre per raggiungere e salire le scale che conducono al piano di sopra, presto sono nella mia stanza, oppure dovrei dire nella mia prigione personale.
Questa casa è stato questo per me, questa stanza lo è stata, condanna e salvezza, un rifugio e una gabbia, tutto allo stesso tempo.

Richiudo la porta alle mie spalle, cercando di non far rumore e tolgo le scarpe scalciandole in malo modo, getto la borsa sul puffo e mi getto a peso morto sul letto enorme.
Le lenzuola fresche profumano di gelsomino, la testa sprofonda nel cuscino morbido e tutti i capelli castani si sparpagliano nella federa azzurra come il cielo, o come degli occhi di ghiaccio.

Ripenso inevitabilmente a qualche ora fa, ai nostri baci, alla sua vicinanza, a tutti i mille brividi che ho provato grazie a lui, ma ripenso anche a ciò che avrei voluto e alla sua fuga.
Speravo di arrivare all'ingresso della galleria e trovarlo lì, anche solo per un saluto, invece, il museo era vuoto.
Ora quell'assenza sembra pesare come un baule pieno di sassi, ma tutto questo non ha senso.
Io e lui ci conosciamo appena, nessuno ha mai fatto promesse, è sciocco avere aspettative.

Per caso mi volto verso il comodino e noto il piccolo tovagliolo di carta bianco con rifiniture oro, giace lì da giorni ormai, o dovrei dire dalla sera in cui, al Club, incontrai Aiden.
Ma non solo lui.
Lo afferro e leggo il nome scritto proprio sotto un numero di telefono.
William, il collega di università incontrato per caso.

Arriva prepotente il ricordo di quel bacio improvviso, dato solo per ripicca, o gelosia, nei confronti di Aiden che flirtava con la bionda con le curve perfette, a pochi metri da me.
Mi sento una stronza per aver usato quel ragazzo, anche se non credo sia stato un sacrificio per lui.
Eppure, adesso che ho assaporato le labbra sottili di Aiden, mi rendo conto di non aver provato nessun trasporto o emozione con William.
Afferro l'altro cuscino e lo spiaccico sulla mia faccia strozzando un urlo di frustrazione.

Devo togliermi dalla testa quel ragazzo, Aiden mi ha avvisata, mi farei solo male con lui, devo ascoltare il suo consiglio.

Scosto il cuscino dal viso e punto gli occhi al piccolo orologio esagonale sul comodino.
Solo le undici di sera.
Mi alzo e cerco il cellulare nella borsa, in una mano stringo questo, nell'altra il fazzoletto con il numero di William.
Gli occhi saltano da uno all'altro, nella testa risuonano le parole di Patty e quelle di Aiden.

Non fidarti.

Devo correre lontana da queste emozioni, da questi desideri, da lui.
William potrebbe essere la soluzione.

William potrebbe essere la soluzione

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