Mona era stata trattata con ogni riguardo, ancora, però non aveva incontrato il re, le avevano lasciato una ragazzina come cameriera personale. Adassa, dai capelli castani e l'aria insignificante. Anche l'uomo che l'aveva condotta lì si era visto poco, un paio di visite di alcuni minuti per accertarsi che andasse tutto bene. Sapeva che doveva pazientare, ma non capiva il motivo di quell'attesa, dopo tutto il re era a palazzo.
Si mise di fronte l'enorme specchio ovale dalla cornice di legno laccato, pesantemente decorata con ghirigori e rose, studiò quella sua nuova forma. Il suo signore l'aveva trasformata così tante volte che non ricordava più quale fosse stato il suo vero volto.
Adesso la graziosa ragazzina, dai grandi occhi pieni d'innocenza, non poteva avere più di diciotto anni, avrebbe continuato a chiamarsi Mona, perché quello era il nome che le aveva dato il suo signore e la legava a lui.
Le aveva impresso nella sua mente i ricordi di questa ragazzina, originaria delle piane di Kerin, nel regno di Eskir. Il suo era un popolo nomade, che scelse di svernare a sud poiché nella loro carovana quell'ano vi erano parecchi neonati e anziani che non avrebbero superato le gelate della steppa.
Malauguratamente la carovana fu assalita da un gruppo di briganti, che uccisero tutti tranne le ragazzine e i bambini che avrebbero potuto vendere. Povera piccola era stata abusata talmente tanto a lungo e così brutalmente da morirne, adesso il suo corpo giaceva in fondo alla grotta in cui lei si era ritrovata, a garantire del cibo agli animali selvatici.
Una volta che avrebbe raccontato quella storia, strappa lacrime, omettendo la morte, ogni cavaliere degne di quel nome si sarebbe sentito in dovere di proteggere una povera creatura sofferente come lei. Sì, tutti sarebbero voluti entrare nelle sue grazie, persino il re.
Mona non era altro che una strega di quarto livello, il più basso, più simile elle fattucchiere che s'incontrano alle fiere che a quelle che riescono a fare gli incantesimi più semplici. Il suo signore le voleva così, facili da governare e da distruggere una volta che non gli sarebbero più state utili.
Quella sua mancanza però come in questo caso, poteva giocare a suo sfavore, poiché Mona non percepiva la magia emanata dagli oggetti, come lo specchio in cui si stava rimirando, o dalle persone che incontrava.
Dall'altra parte a osservarla vi erano il re Oros, Ducar e lo stregone Vailos.
Tutti gli ospiti su cui si nutriva un minimo dubbio erano ospitati in camere apposite, dove potevano essere controllati. Lo specchio permetteva anche di cancellare l'incantesimo d'inganno presente sulla donna e rivelarne la sua vera identità. Così i tre uomini osservavano una vecchia decrepita, dai radi capelli bianchi che scendevano sparpagliati lungo il corpo, talmente ossuta che si sarebbe potuta spezzare al minimo tocco.
«Mio caro Ducar senza volerlo mi hai fatto un prezioso dono» Oros si sistemò a un palmo dalla lastra di vetro, scrutando con occhi carichi di odio la figura dall'altra parte «Purtroppo ancora non riusciamo a capire chi l'ha inviata, e io che credevo che il mio problema più grande fosse Ostos con la sua fissa di potermi spodestare».
«Sono pochi quelli in grado di fare magie simili, oltre l'inganno vi è la serratura alla sua mente, ci vorrà ancora qualche giorno per forzarlo, ma ci riuscirò e allora sapremo contro chi dovremo combattere» disse Vailos tronfio delle sue capacità.
Lo stregone dimostrava poco più di trent'anni, alto, snello, dai lunghi capelli, albino. Era al servizio del re da quando si era insediato al potere, sempre pronto a suggerirgli cosa fare, con chi allacciare rapporti di chi diffidare, a proteggerlo da eventuali minacce. Era l'unico di cui Oros si fidasse cecamente.
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Esseri divini
FantasyIn una tranquilla città arriva un nuovo signore a governare su di essa assieme la sua servitù. Sfuggente e introverso si vede poco in giro, tormentato dal patto fatto con una divinità. La gente del luogo abituata alla monotona tranquillità verrà ben...