Le parole di Takita

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La Balera Bianca occupava quella che un tempo era una caserma dell'esercito reale

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La Balera Bianca occupava quella che un tempo era una caserma dell'esercito reale. Si componeva di tre edifici che circondavano un ampio cortile, erano stati uniti fra loro da corridoi. Nel primo locale vi era una tipica locanda, dove poter mangiare e bere, nel secondo vi erano un lungo bancone, dove ordinare da bere e la pista da ballo frequentata dai giovani del posto, vuota durante il resto della settimana, si animava chiassosamente il sabato sera perché la domenica mattina era interamente dedicata al riposo e ai vari culti. Nel terzo locale si poteva accedere solo dopo aver pagato un uomo, che se ne stava seduto in disparte in un angolo poco illuminato, separato dai tavolini che circondavano la pista tramite alcuni paraventi.

I giovani che non erano interessati alle attività che si svolgevano sul retro,  ignoravano quella parte dell'edificio come se fosse stato invisibile. L'uomo sorseggiava un unico bicchiere di liquore durante tutta la notte, si limitava a guardare gli avventori e a scambiare due parole con chi voleva entrare, aveva la nomea di essere un tizio alquanto suscettibile e ben disposto all'uso delle armi.

Nel terzo locale, oltre alla tipica bisca e le ragazze disponibili, si poteva andare anche per parlare con Takita, una veggente proveniente dal continente settentrionale. Nessuno l'aveva mai vista poiché se ne stava nascosta dietro delle tende al buio, tutti quelli che erano stati da lei confermavano che le sue premonizioni si fossero sempre avverate, anche se sembravano impossibili

Astore, una volta dentro, andò dritto al bancone e con aria non curante si guardava attorno, notando subito gli uomini armati che si celavano al buio o su di una balconata costruita sopra la porta d'entrata e su quella che portava all'ultima costruzione. Guardò l'uomo in disparte e studiò i movimenti della gente. Andavano da lui, contrattavano per un po', forse per scegliere ciò che li interessava, pagavano e la porta era aperta dall'interno.

«Ei ragazzo» fece cenno a uno dei tre che stavano dietro il bancone, che si avvicinò e si sporse per sentirlo meglio. «Io sono nuovo in città, cose c'è nell'altra stanza?».

«Le solite cose, ragazze simpatiche, gioco d'azzardo e Takita» lo informò intanto che riempiva tre boccali di birra.

«Cos'è questo Takita un nuovo gioco?».

«Certo che devi venire da lontano» gli disse ridacchiando «È la veggente».

Che se ne faceva un locale di una veggente? Non poteva di certo procurargli chissà quali guadagni, specialmente se era una di quelle maghe da fiera buone soltanto a blaterare. Si fece versare ancora da bere, notando che anche Viana sembrava interessata all'uomo nell'ombra, Gloria puntava la porta come un cane da caccia e intuendo cosa avrebbe cercato di fare, andò a sedersi al loro tavolo portando delle birre.

«Nemmeno tu sei di qui vero?» chiese a Viana fingendosi interessato.

«No, vengo da Schiru» gli rispose senza guardarlo.

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