Capitolo 5 - Segreti

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Ci rannicchiammo dietro un vecchio paravento, mezzo strappato e sbiadito, che si trovava accanto a uno scaffale colmo di vecchi strumenti chirurgici arrugginiti e lenzuola impolverate.

Trattenemmo il fiato, cercando di fondere i nostri respiri con il silenzio della stanza. Le voci si avvicinarono, sempre più distinte, finché i passi dei due infermieri risuonarono sul pavimento freddo, spezzando l'immobilità del luogo. Il cuore mi martellava nel petto, e mi sembrò quasi che potessero sentirlo.

Riconobbi subito la voce di Cooper. Un'ondata di amarezza mi travolse, facendomi sentire tradita e vulnerabile. Era possibile che fosse a conoscenza di tutto questo? Faceva parte anche lui di quel progetto malato?

Improvvisamente mi sentii terribilmente triste, la consapevolezza che non potevo fidarmi più di nessuno lì dentro mi opprimeva il petto, come un peso insopportabile.

«Serve urgentemente il fascicolo n. 045-07A.» disse Cooper, con un tono secco che non ammetteva repliche.

Subito dopo, sentimmo il rumore di un cassetto che si apriva, seguito dal fruscio frenetico di mani che frugavano tra i documenti. Mi affacciai leggermente, cercando di vedere meglio la scena, senza però farmi notare.

«Trovato!» annunciò l'altro infermiere, porgendo a Cooper il fascicolo di un colore giallo pallido, consumato dal tempo e dall'uso. Cooper lo afferrò con impazienza e iniziò a sfogliarlo, le pagine fruscianti nella sua presa decisa.                                                                                                            
«Asher Walker.» lesse a voce alta, ed io mi resi conto che si trattava del paziente che mi aveva aggredita quella stessa notte.

Se il suo fascicolo si trovava in questa stanza, significava che anche lui, come Nicholas e tanti altri pazienti, era sottoposto a quei maltrattamenti disumani. Forse la sua rabbia e la sua violenza erano dovute a ciò che stava subendo?

Cooper porse nuovamente il fascicolo all'infermiere Chris, accompagnandolo con una penna.

«Assicurati di annotare tutto correttamente.» disse con tono autoritario.

«Paziente n. 10239, trovato in stato di incoscienza nella sua cella, con lesioni evidenti e segni di trauma cranico. Al risveglio, il paziente presentava un comportamento irascibile e segni di agitazione psicomotoria. È stato necessario somministrare un sedativo per controllare la sua aggressività. Si è deciso di programmare un trattamento con elettroshock per domani mattina all'alba.» riferì Cooper, mentre il collega trascriveva meticolosamente tutte le informazioni necessarie sul fascicolo.

Allo stesso momento, io e Nicholas ci voltammo per scambiarci uno sguardo rapido. I miei occhi tradivano un profondo senso di delusione; sebbene mi avesse aiutata, la sua reazione era stata eccessiva e incontrollata, riducendo l'uomo in uno stato penoso. Quel contrasto tra la sua protezione e la forza irruente che aveva mostrato mi lasciava confusa.

Ma ciò che mi ferì di più fu vedere Cooper sotto una luce completamente diversa, una luce oscura e tetra. La sua figura, una volta rassicurante, si era trasformata in quella di qualcuno che non riconoscevo, avvolto da un'ombra sinistra che gettava dubbi sulle sue vere intenzioni.

Mentre trattenni le lacrime e la frustrazione, realizzai quanto fossi stata sciocca. Sei mesi passati in quell'ospedale senza sospettare minimamente cosa si celasse dietro certe stranezze, fidandomi ciecamente di chi mi stava accanto.

Avrei dovuto indagare fin dall'inizio, dalla prima volta in cui qualcosa non mi era sembrato normale. Invece, avevo preferito ignorare i segnali, convinta che i miei colleghi più fidati non avrebbero mai nascosto nulla di simile.

Echoes ; Nicholas Chavez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora