Capitolo 2

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Il sole penetra attraverso le tendine chiuse della finestra svegliandomi. Mi strofino gli occhi assonnata e mi lascio andare con uno sbadiglio rumoroso, penso veramente di non andarci oggi in quel tipo di "carcere" ma devo. L'ho promesso a Jo. Svogliatamente mi alzo dal letto e mi dirigo in bagno per sciacquarmi almeno la faccia e la bocca. Uscita dal bagno stacco il telefono dal caricatore per controllare l'ora e ci sono messaggi: 3 vocali da Jo alle 2 e 45, assurdo quella non dorme mai, penso, e poi si lamenta che è sempre stanca. Scendo le scale e arrivo in cucina e proprio in quel momento mi ricordo il vero motivo per cui avevo preso il telefono. Dovevo guardare l'ora. Risalgo le scale di corse e guardo l'orario: 7.35 am. Non è tardi, ma nemmeno prestissimo quindi devo muovermi se almeno oggi non voglio arrivare in ritardo. Purtroppo io e la scuola non siamo proprio mai state ottime amiche, e il fatto che fossi ancora in terza con 18 anni era la più ovvia dimostrazione, non è che odiassi studiare anzi se mi mettevo sotto andavo pure bene, ma il mio comportamento non è sempre stato ben visto: la mia tendenza a sparire durante gli orari di lezione, la poca tolleranza dei miei compagni e la strafottenza che regalavo spesso ai professori mi ha portato in un solo posto. Ultima porta sulla sinistra con una scritta grande e in stampatello: PRESIDENZA. E le visite in presidenza erano un po' troppo frequenti come le mie sospensioni che a volte raggiungevano settimane di assenza e quando hai troppe note o richiami il finale è solo uno, bocciata. Io ho sempre attribuito il mio brutto carattere in quegli anni alla separazione dei miei ma non saprei dirvi se era la verità o se era un modo per auto convincermi che non era solo colpa mia. Mi devo muovere, apro l'armadio e butto sul letto i vestiti, jeans larghissimi, chiari e a vita bassa sopra ci abbino una t-shirt con scollo a barchetta con righe orizzontali nere e bianche, tiro fuori un reggiseno violetto evado in bagno a vestirmi. Dopo aver lavato i denti e aver truccato leggermente gli occhi con una matita e un po' di mascara nero tiro fuori dall' armadietto sopra il lavandino la bomboletta di lacca, mi chino e spruzzo la lacca dietro e alla base dei capelli, quelli che ancora sono "lunghi" anche se arrivano appena sotto le spalle, per dare un poco di volume. Cambio pure i dilatatori, tolgo il paio che ho addosso blu elettrico e ne metto un paio di tunnel in silicone bianchi, avevo promesso a mia madre che mi sarei fermata a 1cm circa però poi presa dalla smania di allargare sono arrivata fino ai 20 ma adesso mi sono fermata. Controllo il telefono, mancano dieci minuti alle 8 e l' entrata è alle 8 e 10 non posso permettermi di arrivare in ritardo e nemmeno perdermi la presentazione dei "nuovi" amici di Jo. Mi infilo le dvs nere, prendo il cappotto, lo zaino con le chiavi fiondandomi giù dalle scale e nel giro di tre secondi sono sull' uscio di casa, salgo nella mia piccola autoritaria grigia tutta scassata e metto in moto, faccio in retro l' uscita dal vialetto e mi metto sulla strada in direzione del liceo artistico. Non salto nessuno dei semafori, l' ultima volta ho preso un richiamo per averne saltati tre di fila,la strada così mi dura 15 minuti in più ma è poco importate, arrivo diretta nel piccolo parcheggio della scuola riservato agli studenti. Scendo dall'auto e chiamo Jo "Hey Jo, sono io.. sei già all'ingresso?" "Si, muoviti però che tra 10 minuti si entra" "Sono qui" e stacco la chiamata, mi guardo attraverso il finestrino, mi sistemo i capelli tutti scompigliati e infilo il septum dentro il naso, non so perché lo faccio.. Forse per dare un' impressione migliore? Ma perché dovrei, insomma questa sono io e non devo nascondermi dietro nessuna apparenza e con questo pensiero lo ritiro fuori. Non è bello ciò che è bello, quindi è meglio se non piaci. E con questa convinzione mi dirigo verso l'entrata dove sta Jo. Ed eccolo di nuovo quello strano formicolio dietro il collo che non so se identificare fastidioso o piacevole. E mi vede, Jo mi vede e mi corre incontro per poi saltarmi addosso e abbracciarmi. "Cof! Cof! Jo lasciami non respiro" "Oh.. Scusami e che sono eccitata di presentarti mia cugina" "Ma perché? Non erano solo dei comuni amici?" "Oh no. Si è trasferita qui da due settimane e oggi inizia la scuola qui" "Ah.." "Ti prego Alice.. Si carina, è importante per me" e intanto mi guardava con occhi imploranti e non potei che dirle di si "Va bene.. cercherò di essere carina". Jo mi prese per mano e mi trascinò davanti al gruppetto di ragazzi che aspettava di entrare per arrivare primi in classe e prendere i posti migliori. E senza che me ne rendessi conto stavo stringendo la mano a una brunetta con gli occhi scuri come Jo "Ciao, io sono Megan piacere" "Alice.. Piacere tutto tuo" e mi arriva una gomitata nel fianco, ma Megan sembra indifferente alla mia ostilità ma non al mio aspetto. Mi guarda incuriosita ma continua a rivolgermi domande quindi non ci da troppo peso evidentemente o solo non lo da a vedere "Quanti anni hai?" "18 come Jo" "Oh pure tu, quindi frequenti tutti i nostri i corsi.." ed eccola la domanda che mi fa cascare sotto terra "Ehm no.." "No?" e in quel momento Jo si risveglia dal suo coma momentaneo e si intromette, "Alice è rimasta bocciata due anni per problemi famigliari". Ora mi osserva con uno sguardo che decifro come scherno misto a pena "Oh mi dispiace" "Tranquilla non ho bisogno di essere compatita" alla mia rispostaccia sposta gli occhi su Jo e la guarda quasi inorridita, conosco bene quel tipo di sguardi, come fa una come Jo a frequentare una come me, la realtà e che ci completiamo a vicenda ed è stata l'unica a restarmi vicina nei momenti del bisogno. Megan apre la bocca di nuovo " Mi ero quasi dimenticata di presentarti il mio ragazzo.. Alice lui è Jace" "Jace lei è Alice" e solo allora mi accorgo della presenza dietro alla ragazza e appena lo vedo sento il mio stomaco fare una capriola. Non mi stringe la mano si limita a fissarmi e annuire stando zitto e proprio in quel istante suona la campanella di entrata salvandomi dal rivogergli la parola. Silenziosamente ringrazio la campanella per avermi salvato dal mio imbarazzo che non sapevo a cosa fosse dovuto. Mi dirigo velocemente lasciandomi dietro la mia amica, sua cugina e il ragazzo troppo taciturno verso la classe terza, preparandomi mentalmente a superare le prime due ore di agonia in mezzo ad un gruppo di persone immensamente superficiali. Entro in classe senza salutare nessuno e mi siedo all'ultimo banco, quello vicino alla finestra e mentre il professor Evans inizia a fare l'appello io mi perdo nuovamente nelle mie riflessioni chiedendomi che diavolo mi fosse successo. Io non mi sento mai in soggezione o perlomeno mai così tanto da scappare via.. "Wood!" "Wood!" alzo gli occhi e vedo il professore urlare verso di me "Quando ti chiamo devi rispondere" "Mi scusi". Mi lascia perdere con un'occhiataccia e inizia a spiegare, io mi perdo di nuovo. Mi risveglio dalla mia assenza virtuale solo al suono della campanella di intervallo. Non ci posso credere sono già passate due ore e nemmeno me ne sono resa conto, mi alzo dalla sedia recupero il mio cappotto e lo zaino e mi incammino per il corridoio principale verso il cortile. Vado sotto l'unico alberello del cortile spoglio munito di pochi tavoli e panchine da picnic, mi guardo intorno annoiata finchè il mio sguardo non individua tre figure dirigersi verso di me. Vengo invasa da un senso di agitazione immotivata. Ma che cazzo mi prende?

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