Capitolo 6

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Il cinguettio degli uccelli culla il mio sonno, anche se il pavimento in marmo è piuttosto scomodo.
Dei passi pesanti si avvicinano.

Non ho la forza per muovermi, ma con grande fatica alzo le palpebre, mettendo a fuoco la stanza.
La prima cosa che vedo è una figura sfocata, il buio non aiuta di certo.

Braccia e gambe sono pesanti, ricadono accanto al mio corpo inerme, sulla pavimentazione fredda, dove ho trascorso la notte.

«Sei indifesa, ragazzina. Questa volta, nessuno potrà fermarmi.»

A quelle parole il mio cuore sussulta.
Il dio Kyren mi ha immobilizzata, grazie alla sua manipolazione mentale, con la quale mi ha già cercato di uccidere. Non escludo che questa volta ci riuscirà.

Lui scrolla le spalle, per niente intimorito dalle occhiate minacciose che gli lancio. In una frazione di secondo ritrovo il suo viso davanti al mio. In un secondo la punta ferrata del suo stivale affonda sotto le mie costole, togliendomi il fiato.

Poi, senza darmi il tempo di metabolizzare il colpo, mi punta un coltello affilato alla gola, mentre con la mano libera stringe il mio braccio. Abbasso gli occhi, e scorgo il mio riflesso terrorizzato sulla lama sotto il mento, da cui sgorga un filo di sangue.

Il dio mi trascina con violenza, io non posso reagire, ho l'intero corpo paralizzato dalla sua mente. Riesco a malapena a far passare un po' d'aria attraverso il naso, dato che le labbra sono sigillate. Come se dovessi nascondere un segreto oscuro dentro di me.

Mi guardo intorno. Tutte le divinità sono scomparse, non c'è traccia di anima viva. È strano, non ho mai visto questo posto senza qualcuno che annaffia le piantine nei vasi di porcellana, senza le risate gioiose degli dei che riecheggiano tra le pareti.

Un fremito che mi percuote la schiena preannuncia una catastrofe. Sento che c'è qualcosa che non va. Ma non so cosa, e non penso di poterlo scoprire se sono tra le grinfie del dio Kyren.

D'un tratto si ferma, e mi lancia contro un muro. Sobbalzo, ma non riesco a respirare.

Sfodera una spada, macchiata con il sangue incrostato delle sue vittime.

La cosa peggiore è non poter reagire. Avere il mio amato pugnale vicino a me, e non poterlo usare, è una tortura.

Una fitta di dolore acuto mi distoglie dai miei pensieri. La lama trapassa il mio addome, mentre lo sguardo malefico del dio è puntato sul sangue che fuoriesce a dirotto dalla pancia.

Spasmi mi contorcono le membra, il sapore metallico del sangue si mescola alla bile che è risalita.
Fiumi di liquido rosso vivido sporcano la tunica candida, lacrime salate scivolano lungo il mio viso, creando ragnatele di dolore.

Non respiro, chiudo gli occhi.
Posso solo udire dei passi affrettati avvicinarsi, delle voci concitate circondarmi. Tutti i miei sensi sono ovattati, e ben presto l'unica cosa che riesco a sentire sono le parole rassicuranti del dio Asael.

«Non preoccuparti, tesoro. Ora sei al sicuro.»


*。・☆・。*


«Assaggialo tu se hai il coraggio.»

Ho la schiena appoggiata al muro, seduta a gambe incrociate su un materasso che Zareen mi ha gentilmente procurato.
Dopo aver disinfettato la ferita, lei mi ha aiutato a fasciare stretto l'addome. Ha detto che è profonda e infettata, perciò tra un paio d'ore medicheremo di nuovo la porzione di pelle lacerata.

Osservo il dio Asael con aria di sfida.
Con un cenno di testa, indico la ciotola di legno scuro e il cucchiaio traboccante di brodo.

Afterlife DuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora