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L'edificio, con le sue pareti scrostate e le finestre che sembrano abbracciare ogni raggio di luce disponibile, è una sorta di rifugio per anime vaganti, un crocevia di storie spesso sussurrate, raramente gridate. Le porte sono sempre aperte, e Sel sa che quel luogo non offre solo un tetto temporaneo, ma anche calore umano, dignità, e una parvenza di stabilità.
Appena entra, riconosce subito le facce familiari. C'è Giorgio, con il suo sorriso disarmante e un cappotto troppo largo, che ogni giorno si siede nello stesso angolo della sala, immerso in un vecchio libro. Poi c'è Fatima, una donna minuta che conserva una dignità regale nonostante le avversità, sempre pronta a offrire un consiglio o una parola di conforto a chiunque. Le stesse persone si ripresentano quasi ogni giorno, ognuna con il proprio modo di affrontare l'incertezza: chi con pacatezza, chi con una risata, chi con un silenzio che pesa più delle parole.
Mentre distribuisce pasti caldi, si ferma spesso a parlare con loro. La voce di Carlo, dal tono basso e quasi melodioso, si fa sentire mentre racconta una storia che probabilmente ha abbellito per strappare un sorriso. In un angolo, Ahmed la ringrazia con un inchino lieve e gentile, come fa ogni volta che riceve qualcosa, non importa quanto piccolo. La gentilezza e l'educazione di queste persone colpiscono Sel ogni giorno; nonostante abbiano perso tanto, molti di loro sembrano conservare un'umanità che il mondo esterno dimentica facilmente.
Poi c'è Clara, con il suo sguardo che si posa su Sel mentre le chiede, per l'ennesima volta, se verrà alla festa. Si sente combattuta: la prospettiva di una festa, dopo giornate così intense, sembra tanto allettante quanto faticosa. Sorride a Clara, accennando a una risposta che rimane in sospeso.
Durante il turno, tra un sorriso e una parola di conforto, Sel riflette. La festa rappresenta una possibilità di leggerezza, ma anche di esposizione: aprirsi, essere parte di un momento diverso dalla routine. Si domanda se ha abbastanza energia per farlo o se preferisce il silenzio della sua casa, un rifugio dove il caos della giornata trova finalmente riposo.
Alla fine del turno, mentre si toglie i guanti e si lava le mani, Sel sente il peso e la bellezza di tutto ciò che ha vissuto quella giornata. Si concede un ultimo sguardo all'interno del centro, alle facce che presto rivedrà, prima di uscire nella sera fresca. Forse la sua amica merita una risposta diversa, pensa, ma sa che la decisione arriverà, molto presto.

Clara raggiunge Sel proprio mentre sta per andarsene, con il solito passo leggero ma deciso, e le posa una mano sul braccio per attirare la sua attenzione. I suoi occhi brillano di entusiasmo, quel tipo di entusiasmo che Sel riconosce e teme un po', perché sa che Clara non accetta facilmente un no come risposta.
"Allora, hai deciso? Sei pronta mentalmente per venire alla festa?" chiede, inclinando la testa di lato e scrutandola con un sorriso che è metà sfida e metà affetto. Prima che Sel possa rispondere, Clara prosegue, come se avesse già previsto ogni possibile obiezione.
"Sentimi bene: potremmo prepararci a casa mia. Così evitiamo sorprese dell'ultimo minuto. Non che tu non sia già bella di tuo, ma... sai com'è, una festa è una festa!" dice la sua amica, enfatizzando le ultime parole con una gestualità teatrale.
Sel la osserva, combattuta tra il divertimento e una certa timidezza. Clara è il suo opposto: sempre impeccabile, sempre vivace, e con un'energia contagiosa che sembra travolgere chiunque le stia accanto. Prima che possa trovare una scusa, Clara aggiunge: "Guarda, ho dei vestiti stupendi che ti starebbero benissimo. Te li presto volentieri! E poi posso aiutarti con il trucco. Ci divertiremo un sacco, promesso."
Sel cerca di immaginarsi nella scena che sta dipingendo: seduta davanti a uno specchio, Clara che armeggia con pennelli e palette colorate, e un vestito elegante che non somiglia minimamente ai suoi abiti quotidiani. Non riesce a decidere se quell'immagine la spaventa o la incuriosisce.
Clara, però, sembra leggere i suoi pensieri. "Non lasciarti scappare questa occasione. Ti conosco: se ti lascio a casa tua, ti presenterai in tuta e senza un filo di trucco. Non che ci sia niente di male, ma... lascia che ti trasformi, almeno per una sera. È una festa, mica una consegna di pasti caldi!"
Sel ride, nonostante sé stessa. Sa che Clara ha ragione, e c'è qualcosa di irresistibile nel modo in cui parla, come se quella festa fosse un piccolo miracolo che non può perdere. "Va bene," mormora infine, cedendo.
Sorride trionfante, stringendola in un abbraccio breve ma entusiasta. "Perfetto! Andiamo allora."
Sel sospira, ma non riesce a nascondere un sorriso. Forse, per una volta, potrebbe davvero essere piacevole vedere sé stessa in modo diverso.

Sel varca la soglia della casa di Clara con un misto di curiosità e reticenza, lasciandosi avvolgere da un ambiente che sembra progettato più per essere ammirato che vissuto. La prima cosa che colpisce è il contrasto netto e studiato tra il bianco e il rosso: pareti candide come neve, lucide e perfette, interrotte da dettagli carminio intenso che si manifestano nei cuscini sul divano, nel tappeto geometrico e persino nei fiori di seta accuratamente disposti su un tavolino di cristallo. Ogni elemento sembra gridare eleganza, quasi a ricordare a chi entra che nulla lì è casuale.
L'odore dell'ambiente è altrettanto distintivo, un profumo delicato di legno di sandalo e rosa che pare ancora sospeso nell'aria, come se l'arredamento non avesse mai davvero perso l'essenza del nuovo. È una casa che, a giudicare dal suo ordine impeccabile e dall'apparente mancanza di usura, sembra più una mostra d'arte che un luogo dove vivere.
Sel alza lo sguardo e nota i quadri appesi alle pareti. Sono opere di una bellezza senza tempo, circondate da cornici dorate che brillano sotto le luci soffuse. Un paesaggio romantico di Caspar David Friedrich, con i suoi cieli malinconici e alberi solitari; una scena pastorale di Jean-Baptiste-Camille Corot; un ritratto intenso, probabilmente di Francesco Hayez. Questi capolavori conferiscono all'ambiente un'aura di raffinatezza intoccabile, ma c'è qualcosa che disturba. Le pareti, così curate e adornate, sono prive di qualsiasi foto personale. Nessuna immagine che racconti una storia, un legame, un ricordo. Sono bellissime, sì, ma silenziose. Fredde.
Guardando il tutto, non riesce a trattenere un pensiero cinico. Clara è solare, piena di entusiasmo, ma questa casa non le somiglia. È troppo grande, troppo perfetta, troppo costosa. "I suoi genitori gliel'hanno sicuramente comprata," pensa Sel, lasciando che l'idea le scivoli in testa senza giudizio, ma con una punta di certezza. "Con il lavoro che fa, come potrebbe mai permettersela? Questa casa è una favola, e le favole così non nascono dal nulla."
L'arredamento è minimalista ma opulento: il divano in pelle bianca, le mensole di vetro che ospitano libri dalla copertina rigida disposti più per il colore che per il contenuto, un tavolo da pranzo laccato di un rosso scuro che sembra quasi brillare sotto il grande lampadario di cristallo. Le sedie, dalle linee moderne ma dal tessuto ricercato, si abbinano perfettamente a ogni altro elemento della stanza.
Sel cammina lentamente, quasi temendo di rompere l'armonia di quel luogo con un gesto troppo improvviso. Clara, nel frattempo, si muove con naturalezza tra quegli spazi, come se il lusso attorno a lei fosse un'estensione di sé stessa. Sel si ferma un attimo, osservando come i riflessi della luce artificiale si posano sulle superfici lucide. Si sente fuori posto, ma c'è anche un senso di curiosità: come sarebbe vivere in un luogo simile? Sarebbe diverso, o ci si abitua persino alla bellezza?
"Allora, che ne pensi? Ti piace?" chiede Clara, sorridendo mentre si avvicina con un vestito rosso tra le mani, pronta a mostrarle il suo prossimo progetto di trasformazione. Sel sorride debolmente. "È... perfetta," risponde. Ma dentro di sé, non può fare a meno di chiedersi quanto di Clara ci sia davvero in quella perfezione.

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