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Harry osservò Sel seduta sulla panchina, il sole autunnale che illuminava la sua figura, proiettando ombre leggere sul marciapiede.
Il suo sorriso si allargò appena vedeva l'espressione di sorpresa dipingersi sul volto di lei. Gli occhi di Sel si erano leggermente spalancati, le sopracciglia alzate in un misto di stupore e confusione, e le sue labbra si erano incurvate in un sorriso nervoso, come se cercasse di comprendere cosa stesse accadendo.
Harry sapeva bene che nel mondo degli umani era più comune inviare un messaggio o fare una telefonata. Ma per lui, per la sua razza, le cose erano diverse. Non c'era spazio per le mezze misure o per i filtri digitali. Quando desiderava vedere qualcuno, quando aveva qualcosa da dire o sentiva il bisogno di condividere un momento, agiva senza esitazione. Era un istinto, una necessità che non ammetteva ritardi.
Sel era vestita in modo semplice, ma Harry pensava che fosse proprio quella semplicità a renderla così incredibilmente affascinante. Il jeans e la maglietta bianca le davano un'aria casual, naturale, come se non avesse bisogno di sforzarsi per apparire bella. I suoi capelli raccolti in uno chignon scomposto lasciavano intravedere qualche ciocca ribelle, e Harry non poté fare a meno di notare come i raggi del sole si riflettessero sul suo viso, esaltandone i contorni morbidi e la pelle luminosa.

"Ciao, Sel," disse, il suo tono calmo ma intriso di una gentilezza che sembrava avvolgerla.
"Ti serve un passaggio?"

Sel lo fissò per un istante, quasi indecisa su come rispondere. Poi alzò un sopracciglio in un gesto che Harry trovò incredibilmente adorabile. Poteva quasi percepire il pensiero che le attraversava la mente: "Dove diavolo è Clara?"

Come se avesse letto i suoi pensieri,  aggiunse con un sorriso: "Clara è con Alex. Ha preso un giorno libero."

Sel sospirò, accettando senza fare troppe storie. Era in ritardo, e il tempo non era dalla sua parte.
"Va bene," disse infine, alzandosi dalla panchina.

Non sapeva bene cosa pensare di tutta quella situazione, ma non poteva negare che l'idea di un passaggio fosse più che gradito, anche se la lasciava un po' confusa.
Mentre guidavano attraverso le strade di Los Angeles, Harry si ritrovò a studiare Sel di sfuggita ogni volta che ne aveva l'occasione. Ogni suo movimento, ogni parola che pronunciava sembrava avere un effetto magnetico su di lui. Non importava troppo di cosa parlasse; poteva essere una semplice osservazione sul traffico o una riflessione sul tempo, la sua voce era come una melodia, calda e rilassante, capace di distendergli ogni nervo.

"Se fossi stanco," pensò Harry, "potrei addormentarmi solo ascoltandola parlare. E probabilmente dormirei meglio di quanto abbia mai fatto."

Sel, nel frattempo, cercava di mantenere la calma. Si sentiva un po' a disagio, ma allo stesso tempo stranamente al sicuro. Ogni tanto lanciava un'occhiata fuori dal finestrino, osservando la città scorrere veloce sotto i raggi del sole. Non sapeva bene cosa dire, e preferiva evitare di fare domande per non sembrare invadente.

Il silenzio tra di loro non era mai imbarazzante, ma piuttosto denso di un'intesa silenziosa, qualcosa che non aveva bisogno di parole per essere compreso.
Harry, però, trovava quel viaggio fin troppo breve. Ogni minuto passato accanto a lei sembrava scivolare via troppo in fretta, e prima che se ne rendesse conto, erano già arrivati al luogo di lavoro. Si fermò davanti all'edificio, spegnendo il motore.

"Grazie per il passaggio," disse, cercando di mantenere un tono casual, anche se dentro di sé si sentiva stranamente agitata. Non sapeva come comportarsi.

Harry la guardò, il suo sguardo profondo e penetrante. "Ti vengo a prendere quando finisci," disse con semplicità, senza lasciare spazio a obiezioni.

Lo fissò per un attimo, sorpresa. "Non devi farlo," pensò, ma non disse nulla. Prima che potesse rispondere, Harry le regalò un ultimo sorriso e ripartì, lasciandola lì, confusa e con il cuore che batteva un po' più veloce del normale.
Si avviò verso l'ingresso dell'edificio, cercando di raccogliere i suoi pensieri. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo tra lei e Harry. Perché si sentiva così felice e, allo stesso tempo, così sopraffatta? C'era qualcosa in lui che la metteva a disagio, ma in un modo che non era del tutto spiacevole. Era come se ogni suo gesto, ogni parola, ogni sguardo avesse il potere di scuotere qualcosa dentro di lei, qualcosa che non era ancora pronta ad affrontare.
Durante la giornata, cercò di concentrarsi sul lavoro, ma i suoi pensieri continuavano a tornare alla macchina nera, al sorriso di Harry, al modo in cui i suoi occhi sembravano brillare ogni volta che parlava. C'era qualcosa di incredibilmente speciale in lui, qualcosa che la attirava come una calamita, anche se lei cercava di resistere.

"Non devo farmi illusioni," pensò più volte, cercando di convincersi che probabilmente Harry era solo gentile, che non c'era niente di più. Ma ogni volta che ricordava il tono dolce della sua voce o il modo in cui la guardava, sentiva il cuore battere un po' più forte.

La giornata passò lentamente, non poteva fare a meno di guardare l'orologio di tanto in tanto, contando i minuti che la separavano dal momento in cui avrebbe rivisto Harry. Anche se cercava di dirsi che non era importante, che poteva tranquillamente prendere la metro per tornare a casa, non poteva negare che l'idea di un altro viaggio con lui la rendeva incredibilmente felice.

Quando finalmente arrivò l'ora di uscire, si diresse verso l'ingresso, il cuore che batteva forte al pensiero di rivederlo.
E lì, come promesso, c'era Harry, appoggiato alla sua macchina, il sole che calava dietro di lui e disegnava un'aura dorata intorno alla sua figura. Il sorriso che le rivolse, fu sufficiente a farle dimenticare ogni dubbio e ogni insicurezza.

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