capitolo otto.

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"Mangiamo qualcosa insieme?" mi chiese Louis mentre camminavamo vicinissimi, quasi sfiorandoci la mano. I bambini correvano, accanto a noi, da una parte all'altra del parco.
Avrei voluto tanto stringere le mie dita tra le sue di nuovo, ma non volevo sembrare inopportuna; insomma, fino a qualche ora prima sembrava impensabile.
"Sì! Mi piacerebbe tantissimo, ho una fame terribile. Dove andiamo?"
Era quasi l'una di pomeriggio e avevamo passato le ore precedenti seduti sul prato, ancora bagnato dalla neve, a prendere in giro i turisti. Louis era così divertente, riusciva a farmi ridere, anche proponendomi una stupida battuta magari già sentita e risentita. Era proprio il suo modo di raccontare che incantava: proprio come faceva mio papà. E poi dovevo ammetterlo, avevo sempre avuto un debole per le persone che riuscivano a farmi ridere, ridere di cuore.
"Ti porto in un posticino che frequento abitualmente, ti sorprenderò."
"Odio le sorprese, Louis." Gli risposi.
"Fidati di me, dai. Non te ne pentirai."
"Lo so" sorrisi timida.
Afferrai la sua mano, sorprendendolo, e incominciammo a correre sempre più velocemente.
"Lou! Vai piano!" Ridevo e nell'aria c'era tanta felicità e spensieratezza; abbandonavo la testa al vento freddo, che mi scompigliava i capelli, facendomeli arrivare davanti agli occhi. Mi sentivo bene e libera dai pensieri, come non capitava da tanto tempo, ormai.
Una volta usciti dal parco, Louis, rallentò il passo, senza lasciarmi la mano. Le sue dita erano incastrate nelle mie e non avevano intenzione di liberarsi.
Erano come un puzzle: le sue andavano a coprire gli spazi vuoti che lasciavano le mie, riempiendoli.
Il cielo stava diventando sempre più scuro e l'azzurro, che prima vi era, stava scomparendo dietro alle nuvole nere.
"Grazie."
Mi venne spontaneo fargli sapere quanto gli ero grata per quella giornata inaspettata tra gioia e risa.
"E di cosa?" Mi guardò, sorridendomi.
"Di essere così magnifico e senza filtri. Sì, insomma fai quello che ti pare, senza curarti del pensiero degli altri."
Si fermò e si girò verso di me. I suoi occhi mi guardavano con intensità. Posò le nostre dita, ancora intrecciate, sulle sue labbra e ci lasciò tanti piccoli baci. Non staccò lo sguardo neanche un attimo dal mio viso.
"Vorrei tanto baciarti, Sofia. Posso?"
Anche io lo volevo. Le nostre labbra si stavano sempre più avvicinando, stavano quasi per toccarsi, e anche se stavo correndo forse un po' troppo, volevo rischiare, rischiare di essere andata troppo di fretta per lui. Per lui che era talmente magico che forse, forse la sua magia non mi avrebbe deluso come avevano fatto gli altri.
Una pioggia quasi a cascata, cadde di colpo sui nostri visi e ci allontanammo, interrompendo di colpo l'atmosfera speciale, che vi era stata un minuto prima.
Louis mi prese nuovamente per mano e mi urlò di seguirlo.
"È il diluvio universale!" Esclamai ridendo.
"Hai l'ombrello?"
"No!"
"Siamo fottuti" anche lui rise.

Dopo cinque minuti sotto la forte pioggia, finalmente eravamo arrivati in una piccola tavola calda chiamata: 'Florence.'
Entrando, trovai una luce talmente accecante, che per abituarmici dovetti sbattere più volte gli occhi. Quando finalmente riuscii a mettere a fuoco qualcosa, la prima cosa che vidi era l'immenso bancone a cui erano appoggiati e ci davano le spalle tante persone che pranzavano, parlando tra di loro o con i camerieri, aventi tutti una targhetta sulla camicia.
"Vieni."
Le nostre dita si separarono.
Arrivammo al bancone e una ragazza con una coda alta e bionda, ci accolse, o meglio, accolse Louis.
"Ciao Louis! Da quanto tempo! Mi sei mancato."
Si stese lungo il bancone, mostrandoci tutto il suo abbondante seno, per dare un bacio sulla guancia a Louis.
"Ciao, Tessa, è vero, è un po' che non ci si vede. Oh, lei è Sofia. C'è un tavolo per due?"
Mi fece solo un cenno di saluto con il viso. Ricambiai sorridendo.
"Niente quaderno e penna, oggi?" Chiese un altro cameriere, con la targhetta che segnava il nome di 'Cameron'.
In risposta Louis alzò le spalle.
Tessa ci accompagnò a un tavolino, in una sala accanto alla principale, dove non c'era nessuno, se non tavoli e sedie di legno.
Ci accomodammo vicino a una finestra, con le tendine verdi.
Mi sciolsi i capelli bagnati.
"Ti piace qui?"
Era tutto molto rustico, di sicuro a Julia sarebbe piaciuto. Ogni tavolino aveva una tovaglia bianca, con un porta-tovaglioli di legno a forma di cavallo: era l'unica cosa che trovavo carina ma decisi di mentire.
"Sì, è perfetto! Anche se quella cameriera ci provava con te" dissi gelosa. Era bellissima, con quegli occhi azzurro cielo.
Louis rise: "È mia cugina, Sof. E poi a entrambi piacciono le ragazze. Sbaglio o c'era una nota di gelosia?"
"Sì, certo e poi?" Arrossii, distogliendo lo sguardo.
"Volete ordinare ragazzi?" Tessa era ritornata con un block notes.
Cercai di notare meglio la somiglianza tra i due: ma erano proprio diversi, le uniche caratteristiche simili, erano la forma del viso e i magnifici occhi azzurri, che amavo nel ragazzo seduto di fronte a me.
"Io prendo un sandwich con insalata e pollo, tu, Sof?"
"Lo stesso." Dissi senza pensarci due volte.
"Perfetto, arrivo subito."
Tessa ci lasciò, di nuovo, da soli.
I capelli di Louis erano bagnati dalla pioggia, che ora aveva smesso di cadere dal cielo, la peluria attorno alle labbra, si notava di più, perché umida, e i suoi occhi... i suoi occhi erano straordinari: sembravano quasi verde acqua, per quanto erano luminosi e chiari. Era così bello mentre fissava fuori dalla finestra, con le mani incrociate sotto il mento a sostenere la testa.
"Cosa intendeva Cameron chiedendoti del tuo quaderno e della tua penna? Scrivi?"
Sembrò risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti captando le mie parole. Arrossì e rispose: "Sì, scrivo."
Ecco spiegato il perché delle sue dita callose: era uno scrittore. Questa sua passione non faceva altro che farmi interessare ancora di più a lui. Mi sentivo più vicina perché avevamo una cosa in comune: cioè, a me piaceva leggere e a lui scrivere, insomma, due cose simili.
Okay, stavo diventando patetica.
"Davvero? Wow è fantastico! E vieni qui a farlo?"
"Sì. Trovo sempre l'ispirazione, qui."
"E su cosa scrivi?" Chiesi curiosa.
"Sulla mia famiglia principalmente, direi." Sembrava seccato dalla mia invadenza. Ma che cosa avevo detto di male? Volevo solo scoprire qualcosa in più su di lui.
"Ma... parliamo di te, cantante preferito?"
Presi un po' di tempo per pensarci, anche se, la risposta era ovvia e poi esclamai: "Ed Sheeran e il tuo?"
"Dici sul serio? Anche a me piace molto."
"Questo giovedì fa un concerto a Brighton, lo sapevi?"
Louis si toccò il collo e senza neanche riflettere, a fondo, a ciò che mi stava proponendo, mi chiese: "Ho due biglietti per quella serata... vieni?"
Ero sconvolta. Li avevo cercati ovunque, ma erano terminati dopo qualche giorno e, in quel momento, avevo la possibilità di sentire la voce più melodica e fantastica dal vivo. Era un sogno.
Louis, non poteva pensare di farmi regalo migliore.
"Non ci posso credere!" Portai entrambe le mani al viso, incredula e poi balzai in piedi come una molla, per abbracciarlo mentre lui, ancora seduto sulla sedia, mi fissava felice di avermi reso, per la millesima volta quella giornata, felice.

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