Capitolo ventuno: parte seconda

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Capitolo ventuno: parte seconda

Con in mano un mazzo di fiori ero seduta contro un albero ad osservare da lontano la nonna che parlava con Francesco vicino alla sua lapide.
Accanto a me, vicino ai rami dell'arbusto fiorito, c'era una piccola tomba con la scritta:

"qui giace Tommaso Bianchi

2005- 2009

I suoi genitori e parenti lo porteranno sempre con loro nel cuore."

Come può una persona sparire così in fretta dal mondo?

Come può non esserci più per camminare, per giocare, per innamorarsi, un bambino che non ha mai visto o fatto nulla nella vita?

Ho sempre pensato che, i nostri cari, non vadano da nessuna parte: non esiste un paradiso, o un inferno... sono solo luoghi in cui uno sogna o teme di andare e servono solamente alla Chiesa per assicurarsi che l'uomo si comporti bene in tutti i giorni della sua vita.
I nostri cari, quindi, non rimarranno per sempre nei nostri cuori, loro resteranno per sempre accanto a noi, vicino alle persone che hanno amato e dai quali sono stati amati.
E in quel momento, come mai prima, credevo che, anche se non ero vicina alla lapide, loro sarebbero stati sempre con me al mio fianco. E così senza volerlo mi portai una mano sulla spalla e subito un brivido mi attraversò il corpo.

Francesco, sei tu? Lo so che sei qui che vegli su di me.

"Tesoro, io vado a fare una passeggiata, ci vediamo a casa."

La nonna mi si era avvicinata e con le guance rigate dalle lacrime mi aveva lasciato un tenero bacio.
"Certo nonna, ci vediamo dopo."

La nonna aveva conosciuto Francesco quando il nonno, dopo essere tornato dalla guerra, l'aveva presentato come il suo salvatore. Mi aveva sempre raccontato di quanta felicità e allegria si potevano respirare in sua presenza.
Quando poi si trasferirono a Londra, lei non solo si stava allontanando dal figlio, ma stava anche perdendo Francesco e sua moglie.

Il suo cuore si spezzò in mille pezzi vedendo la città svuotarsi dei suoi cari e non guarì per tanto tempo; poi le cose andarono meglio.
Il tempo, dicono, fa dimenticare ogni cosa. Non mi è mai capitato, ma forse agli altri sì.

"Ciao Francesco."

Posai il mazzo vicino alla lapide piena di altre centinaia di petali colorati, appartenenti a fiori annaffiati e vivi.
Mi sedetti e presi dalla borsa quel libro.

"Ehi, ho una sorpresa per te" sussurrai con i piedi nell'erba fresca.

Il sole era alto in cielo e una leggera brezza di primavera soffiava.

"L'avevo promesso: avremo finito di leggerlo. Molto probabilmente ti aspettavi di sentire le ultime pagine già qualche mese fa... ma sono riuscita a prendere in mano il libro solo questa mattina."

Le mani e il respiro che mi tremavano e nessuno nelle vicinanze ad ascoltare i miei pensieri o le mie parole, se non il mio dolce Francesco.

"Mi ricordo il tuo viso così felice quando l'avevo tirato fuori dalla borsetta quel giorno. Ricordo le tue braccia strette attorno a me, i tuoi occhi chiusi a perderti nel suono della mia voce. Mi manca così tanto il tocco delicato delle tua dita sulla mia guancia, la tua voce profonda come quella di papà."
Mi asciugai le lacrime, promettendomi mentalmente di mantenere la calma e di non piangere.

"Chissà come stai ovunque tu sia. Chissà se ho ragione e tu sei sempre qui con me. Chissà se adesso sei seduto accanto a me ad accarezzarmi i capelli. Hai visto come sono lunghi?"

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