Capitolo diciotto.

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Harry's pov

26 dicembre 2008

"Mickey?"
Steso sul letto della mia stanza, nudo, guardavo il soffitto mentre l'oscurità mi avvolgeva.
Pensavo.
Il ragazzo accanto a me sembrava non accorgersi di quello che mi stava capitando e con la bocca completamente spalancata russava vicino alla mia spalla. I suoi capelli morbidi e neri gli coprivano gli occhi chiusi e la fronte leggermente sudata.
"Mickey perché è tutto così difficile?"
Gli spostai i capelli e gli accarezzai il viso delicatamente. In quel momento chiuse le labbra ma non si svegliò e sicuramente non rispose alla mia domanda.
Quelle labbra rosse, rosse di un rosso mai visto prima erano così diverse da quelle rosee e sottili di Jace.
Jace diavolo per quale cazzo di motivo guardando il mio fidanzato penso a te?
La sera precedente eravamo tutti riuniti in una sala dell'ospedale dove finalmente potevo rimanere un po' con la mia migliore amica e avere occhi solo per lei quando poi si era presentato Jace e tutti i miei tentivi di rimanere concentrato su Sofia erano rimasti vani.
Non lo vedevo da quando eravamo scappati fuori città per qualche giorno. L'ultima cosa che gli avevo detto era che anche senza di lui sarei ritornato a Londra, e lui non aveva posto alcun tipo di esitazione nell'impormi a gran voce di lasciare la nostra camera d'albergo anche subito. Il suo volto aveva cambiato espressione e dalla persona dolce e delicata si era trasformato subito in una che non avevo mai conosciuto. In quei giorni non avevamo fatto altro che fare sesso, fumare, drogarci e uscire con alcuni suoi amici di Brighton. E mi sentivo soffocare al pensiero di lasciare quel posto per poi affrontare la realtà, Mickey compreso. Quando tornai a casa trovai ad aspettarmi in cucina Julia e Mickey che discutevano di una serie tv, appena entrai nella stanza ricevetti due reazioni completamente differenti: Mickey mi fissò per un minuto e poi uscì dalla cucina passandomi accanto senza fiatare, Julia si lanciò contro di me dandomi uno schiaffo sulla guancia, per poi stringermi forte a lei. "Stronzo potevi almeno avvisare. Ho troppe cose a cui pensare in questo periodo, ti prego non farlo più."

Mi sollevai dal letto e una luce debole proveniente dalla finestra mi illuminò il viso: mi fermai un po' a fissare il cielo stellato di quella notte, fantastico come le stelle sembravano rincorrersi una con l'altra cercando di acchiapparsi senza però mai riuscire a sfiorarsi. Mi ricordai di quella sera con Jace a Brighton, mentre ci fumavamo una canna guardando il mare sbattere sulla sabbia e le stelle immortali alte in cielo che fissavano tutto ciò che immortale non era. "Harry vorrei vivere su una stella."
"Sei proprio fatto, J."
"No, ehi, dico sul serio, anzi vorrei essere una stella."
"Sei matto." Dissi tirando un altro tiro dalla canna che ci passavamo.
"Immagina di rincorrere per sempre un'altra stella ma non riuscire mai a raggiungerla; vagare e vagare nell'infinito, rincorrendola e quando finalmente riesci a sfiorarla questa ti distrugge. L'impatto ti frantuma e non esiste più niente di te o dell'altra stella. Che brutta fine, eh? Però sembra una bella metafora della vita, che ne pensi, Harold?"
"Sembri quasi intelligente quando parli così. Comunque sì l'amore ci distrugge."
"L'amore da speranza per poi privartela, l'amore crea illusioni che poi si rivelano tali, l'amore ti fa soffrire e ti frantuma, ma è l'unico sentimento che ci dimostra che siamo vivi e che crediamo in qualcosa o in qualcuno."
Allontanai la canna da noi due e mi avvicinai al ragazzo dai capelli quasi biondi che con le sue minchiate filosofiche mi stava rubando il cuore.
"Non avresti dovuto studiare filosofia, J." Sussurai a due centimetri dalle sue labbra.
"Se non l'avessi mai studiata non avrei mai fatto colpo su di te."
"Stronzate."
E lo baciai a lungo, avvolgendo quelle labbra rosee e quella lingua che si dimenava nella mia bocca. Le mie mani sotto la sua maglietta e le sue che tastavano ogni parte della mia schiena. Gli succhiai il collo, mentre lui con gli occhi chiusi ansimava e gemeva sotto le mie labbra, e niente e nessuno ci vedeva: solo la luce della Luna poteva conoscere il piacere che stavamo provando.
Tutto terminò quando un passante dall'altra parte della strada ci urlò: "Froci di merda."
Jace cambiò velocemente espressione e in risposta gli alzò il terzo dito, seguito da un: "Vaffanculo." E continuando, nonostante le mie parole che tentavano di calmarlo, con: "Se non te ne vai questo te lo ficco su per il culo. Lo so che lo vuoi."
L'uomo si allontanò dopo aver recuperato la sua bicicletta senza voltarsi e non fiatò.
"Questa è la definizione di gente di merda senza uno scopo nella loro fottuta vita."

Uscii dalla camera dopo essermi infilato un pantalone grigio e con ancora quel ricordo vivo dentro la testa, velocemente, cercando di non far rumore, arrivai in cucina dove mi preparai una tazza di te bollente.
Presi la tazza e riscaldandomi le mani decisi di andare a buttarmi un po' sul divano per guardare qualche replica di How i met your mother, quando poi mi accorsi di una figura seduta sotto la grande finestra del soggiorno che si accarezzava la pancia mentre guardava le stelle con le cuffiette nelle orecchie. Solo quando gliene tolsi una si rese conto della mia presenza nella stanza.
"Juls, che succede?" Recuperai una sedia e mi sistemai di fronte a lei prendendo le sue gambe e appoggiandole sulle mie. Lei spense la musica e si levò gli auricolari dalle orecchie.
"Penso... e tu?"
"Penso anch'io."
"Ho paura Harry." Mi sussurrò con un filo di voce dopo qualche secondo. Le sue mani erano adagiate sul pancione.
Si asciugò una lacrima e continuò: "Ti sembrerò una bambina, ma ho proprio bisogno di una persona al mio fianco."
"Hai me, hai Liam, hai Sofi. Di cos'altro hai bisogno?"
Un'altra lacrima scese e le manine di Julia la raggiunsero prima che riuscisse a toccare le labbra. "Scusa sono gli ormoni. Ma Harry, Dio vorrei tanto che Sofia fosse qui... e prima che tu possa dire qualsiasi cosa, lo so, lo so, che ha mille altre cose per la testa: Francesco, questo nuovo Louis, m-ma ho davvero bisogno della sua presenza qui nella nostra casa."
Julia scoppiò a piangere e alzandomi la abbracciai e sulla sua spalla gli dissi che anche a me mancava avere Sofia che gironzolava per casa con i piedi nudi e orgoglio e pregiudizio tra le mani.
"Mi aveva detto che ci sarebbe stata quando avrei affrontato Liam, ma non c'era, e Harry, non c'eri neanche tu e io ero completamente sola e lo sai che non so fare niente da sola. E semplicemente, non gliel'ho detto. Liam non sa che sono incinta. Non sa niente. Sono una cretina, dimmelo, lo so."
Gli accarezzai le guance e i capelli mentre le rispondevo: "Siamo umani, Juls. Facciamo errori, ci rialziamo, rifacciamo gli stessi errori, ci rialziamo ma alla fine impariamo e affrontiamo la vita a testa alta... devi essere forte Julia... per lei."
E gli toccai la pancia e rimasi lì a guardare quei suoi grandi occhi azzurri che non smettevano di lacrimare.
"Per lei? Dici che è una bambina?"
"Non lo so questo, ma se me la immagino vedo una piccola identica a te che gattona per casa e che ride a tutti con i suoi due dentini."
Julia sorrise e abbassò lo sguardo sul suo ventre: "Che dici tu, è arrivato il momento di dire della tua presenza al tuo papà, che ancora non sa nulla?"
"Si." Risposi cercando di imitare una voce stridula da bambina.
Julia scoppiò a ridere e mi diede uno schiaffo sulla spalla: "Quanto sei ridicolo, Harry?"
"Fin troppo."
La ragazza di fronte a me si alzò velocemente dalla sedia come colpita da un fulmine e si precipitò alla porta d'ingresso.
Allarmato sulle sue intenzioni esclamai: "Julia cosa cazzo pensi di fare?"
"Beh dovrò pur informarlo questo papà." E dicendo questo, sparì dietro la porta; la raggiunsi rimanendo dentro casa mentre la pazza ragazza stava ripetutamente suonando il campanello del povero Liam.
"Ma chi cazzo sei alle tre di notte?" Sentii urlare dall'altro appartamento.
"Sono io, tesoro."
Liam sbloccò la serratura e con gli occhi mezzi chiusi apparve sulla soglia di casa.
"Julia stai bene, è successo qualcosa, sei ferita, ti devo portare in ospedale?"
Alzai gli occhi al cielo. Liam: conosciuto per essere il solito esagerato.
"No, no amore calmati. È solo che ti devo dire una cosa importante che non sarei riuscita a dirti alla luce del giorno."
"Okay..."
"Ehm... ecco sì.... aspetto un bambino." Disse titubante.
Liam non sembrava dare segni di vita, era lì immobile con la bocca semiaperta, una mano nei capelli e l'altra dietro la schiena.
"Cosa?"
"Sono incinta di quasi quattro mesi, m-ma l'ho scoperto solo qualche settimana fa... poi tu sei tornato dalla Spagna e non volevo... non volevo, non lo so, tipo stressarti? Senti, mi dispiace per non avertelo detto prima e... e ti amo sappilo."
Julia rientrò dentro casa scappando mentre Liam non parlava e non fiatava.
"Buonanotte Liam." Dissi sorridendo.
Lui non rispose ma si limitò a chiudere a chiave la porta e nel frattempo iniziai a sentire i singhiozzi provenienti dalla stanza di Julia. Chiusi la porta e con la tazza del tè vuota mi diressi a passo lento verso l'altra mia pazza migliore amica.
Managgia a me che ho deciso di alzarmi dal letto.

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