XXXVII. LE ROSE

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In quei giorni mi dedicavo al giardinaggio. Ero nervosa, inquieta, il battito del cuore che palpitava nel petto come un piccolo animale terrorizzato. Ci doveva essere qualcosa di sbagliato in me. Qualcosa di profondamente sbagliato. Ero così distratta che un giorno sentii i passi di mia figlia solo quando fu vicina. Mi voltai e lasciai cadere le cesoie.

Rose aveva la mano tenuta contro il petto. La fissai confusa e fu solo quando fu abbastanza vicina che vidi che stava sanguinando.

-Rose!- l'avvolsi in un abbraccio -cos'è successo?-

-Gwen mi ha punta-

Il mio cuore prese a battere più veloce. La strinsi forte. -Raccontami tutto-

-Stavamo giocando e lei ha preso uno spillo- singhiozzò.

L'odio mi serrò la gola. -L'ha fatto di proposito?-

-Sì, credo di sì- la voce era rotta dalle lacrime.

Dovevo liberarmi di Gwen. Presi la decisione con sicurezza. Quella bambina stava creando troppi problemi e io dovevo difendere Rose. -Ci penserò io, tu devi solo starle lontana per il momento-

Mia figlia annuì. Gli occhi arrossati per lacrime scintillavano. Le sfiorai una ciocca di capelli, così simili ai miei, e glieli tirai indietro. Anche io avevo pianto in quel modo per gli scherzi crudeli di Lotte? Stavo forse esagerando? Mia madre non si era mai preoccupata troppo di queste cose. Ci aveva lasciate crescere insieme intervenendo poco. Con Gwen però era diverso. Sospettavo che Gwen odiasse Rose senza quel filo di affetto che, nel bene e nel male, aveva legato me e Lotte perfino nei momenti peggiori.

Ne parlai con Albert, il quale, naturalmente sminuì.

-Ha perso la madre, povera bambina-

-Questo non giustifica il suo comportamento-

Mi rivolsi a Herman. Lui s'interessò della cosa. -Credo che sia necessario intervenire- ma forse lo disse solo per farmi piacere. Con lui era difficile capire le motivazioni. 

Compresi che dovevo trovare il modo per allontanarla. Purtroppo le cose sarebbero peggiorate ancora.

❤️

Qualche giorno dopo Herman mi raggiunse in giardino, dove stavo potando le rose.

-Cerchi ancora di farle sopravvivere?- mi domandò, un leggero sorriso sulle labbra.

Lasciai cadere le cesoie a terra. -Non dovrei lottare per loro?- alzai lo sguardo.

Herman si strinse nelle spalle. Gli occhi grigi brillavano, illuminati dal sole. L'aria mi mancò. -Certe volte è meglio rinunciare-

Aggrottai la fronte. -E se avessi rinunciato ad altro?-

Herman impallidì, il volto teso. Un attimo e si sciolse in un sorriso. -Colpito e affondato, chapeau- si piegò in avanti e mi prese per il braccio. Le sue dita affondarono nella mia carne. Io mi sentii mancare. Mi sollevò come se non pesassi nulla. -Hai sporcato l'abito di terra- le sue mani si spostarono rapide e mi accarezzarono il vestito. Nel farlo indugiarono un attimo di troppo sul mio ventre. Avvampai. Era strano come si comportasse con me. Come se fosse mio marito. E soprattutto come questa cosa non m'infastidisse.

-Da dove arrivi?- domandai.

-Dai tuoi sogni?-

-Oh, Herman!- mi guardai in giro -Se qualcuno ci sentisse!-

-Non c'è nessuno- sollevò un angolo delle labbra -dovevo parlarti da solo e non potevo attendere-

Un brivido mi graffiò la schiena. -Cosa succede?-

-Devo partire- mi sussurrò Herman, una mano che, quasi involontariamente, si posava sul mio fianco.

-Subito?- mi sentii sola... e infreddolita, nonostante il caldo.

-Domani, non posso rimandare, sono sopraggiunte delle cose... - strinse le labbra -ma ci rivedremo presto- mi tirò a sé, il braccio che circondava la mia vita.

-Quanto presto?- posai le mani sul suo petto.

Lui abbassò il viso e le nostre labbra si avvicinarono pericolosamente. Provai una vertigine. -Il prima possibile, si tratta di lavoro- la mano libera scivolò tra i miei capelli -penserò a te ogni giorno- il suo pollice sfiorò il mio mento -ogni istante- attirò il mio volto, il mio cuore sobbalzò, le mie labbra bruciarono, arse, come se avessi la febbre -ogni singolo istante-

-Continua ad accudire quelle rose, ne vale la pena- si girò e si allontanò.

-Lo farò- gemetti -non mi arrenderò, per certe cose vale la pena insistere- parole pericolose. Perché noi non potevamo insistere.

Herman si fermò. Continuò a darmi la schiena, ma io fui certa che stesse sorridendo. -Un giorno, Violett, un giorno... - e ricominciò a camminare.

La principessa e la cocotte III: per amore e per vendettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora