War is Love

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Un dolce odore di cappuccino caldo entra forte nelle mie narici, costringendomi ad aprire un occhio.

Gabriel posa una busta di carta scura sul bancone della cucina, le mani coperte da un paio di guanti pesanti neri e la sua figura avvolta in un giubbotto nero. Mi alzo a sedere e lo guardo con occhi socchiusi ed assonnati. Nota la mia presenza sveglia e mi lancia uno sguardo veloce.

-Ho preso la colazione da Starbucks, immaginavo avessi avuto fame appena sveglia- dice lui, rispondendo ai miei pensieri. L'odore della merce di Starbucks è sempre una gioia per i cinque sensi.

Mi gratto la testa imbarazzata; stiracchio la schiena ed emetto un grosso sbadiglio. Guardandomi brevemente attorno, scorgo l'orologio segnare le 11.00 del mattino. Mi sono addormentata sul divano della casa, dopo la discussione avuta poche ore prima.

A passo lento prendo spazio verso la cucina, affiancandomi a Gabriel.

-Grazie...- sussurro, senza avere un contatto visivo.

Accanto la busta c'è un grosso ed alto bicchiere in cartone con sù stampato il logo della caffetteria.  Guardando dentro la busta, spinta da una fame da lupi, ci sono due muffins al cioccolato. Ne afferro uno, portando assieme anche il fazzoletto ruvido di carta.

Mi siedo sul grande tavolo al centro della cucina spaziosa ed inizio a dare qualche sorso alla bevanda calda.

-Avviserai Miranda?- chiede lui freddo, prendendo posto accanto a me. Anche lui con il liquido fumante nel bicchiere ed un muffin nella mano, che poggia delicato sul tavolo in legno chiaro.

-No- rispondo secca per poi addentare un pezzetto del dolce.

-Cos'hai intenzione di fare, allora?-

-Miranda è impegnata nella promozione, sta lavorando tanto e si sta concentrando come non mai. È l'occasione della sua vita, non posso precipitarmi da lei e riversarle addosso tutti i miei problemi- spiego con calma, passandomi una mano sulla spalla ancora coperta dalla sua felpa larga.

-Non hai un lavoro ed una casa, dovresti trovare una soluzione- il suo tono esce fuori acido, portandomi ad alzare gli occhi al cielo e sbuffare. La situazione sta prendendo una brutta piega.

-So benissimo di non avere una casa ed un lavoro- sputo irritata, piantando gli occhi nei suoi. Sorregge il mio sguardo e prende un sorso della bevanda.

Continuiamo a fare colazione in silenzio, facendo calare l'imbarazzo tra di noi. È così vicino a me, eppure lo sento terribilmente distante. Vorrei accarezzargli una guancia e tuffare di nuovo le mani tra i suoi capelli morbidi.

Avvampo a quel pensiero e premo le labbra in due linee, contraria ai miei pensieri.

-Riguardo la discussione di prima...- Gabriel prova a riaprire il discorso, ma taglio prima che possa continuare.

-Non riparliamone più. Ho afferrato il concetto. Solo un rapporto strettamente "professionale"- dico seria, mimando le virgolette.

-Io non...- riprende parola, ma ancora una volta lo interrompo.

-Gabriel, è ok. Non riprendiamo questo discorso. Sei stato fin troppo chiaro.-
Lo sento sbuffare ed alzarsi dalla sedia.

Guardo disinteressata la televisione, mentre Gabriel pare sia sotto la doccia da un quarto d'ora.

Non riesco a pensare a ciò che è accaduto poche ore prima. Toccarlo sembrava così intimo ed estasiante. Per un momento la mia mente si è svuotata, concentrata solo nell'accarezzarlo. Sentivo il suo respiro più pesante ed una leggera pelle d'oca sul collo. Forse mi sono spinta troppo in là, ma ne sentivo il bisogno. Vicino a lui sento il bisogno di così tante cose, ma sopratutto mi sento terribilmente strana. Sento qualcosa camminarmi per lo stomaco, la gola chiudersi e le guance accaldarsi.

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