Carrie Bradshaw

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È passato un bel po' dall'ultima volta che ho pranzato nel quartiere di Brooklyn, addirittura ancora non conoscevo Miranda.

Certe volte mi chiedo quale caso sfortunato mi abbia portato a conoscerla, ma sono pienamente a conoscenza di quanto io sia fortunata ad averla nella mia vita. Lei è l'opposto di me: vivace, travolgente, pazza, estroversa ed avventuriera. Da' il via a catastrofi, ma poi, in un modo o nell'altro, riesce a rimettere tutto al proprio posto.

Spesso mi arrabbio con lei, ma ha sempre capito e non mi ha mai voltato le spalle. Ogni sua azione ha, quasi sempre, portato ad una conseguenza benefica. Mi chiedo se anche l'idea di far entrare Gabriel nella mia vita avrà una conseguenza benefica, anche se non riesco ad immaginare niente di positivo. In fin dei conti mancano pochi giorni allo scadere del mio tempo con lui e la mia testa gremita di domande.

Lo vedrò mai più?

Devo ammettere che ho i miei dubbi, ma una piccola parte di me spera nel meglio. Quel ragazzo è un totale caos per me, ma sento come se non potessi farne troppo a meno. Miranda dice che provo qualcosa, che sono attratta, ma mi rifiuto; dice anche che lui contraccambia, ma ci credo poco. Dopo la visita a casa di sua zia in Pennsylvania ho capito di saper ben poco su di lui e di aver passato il mio tempo solo a creare problemi e ad impazzire, invece di capire chi davvero è il ragazzo dagli occhi azzurri che in questo momento sta tagliando la sua bistecca di fronte a me. Entrambi seduti all'angolo di un piccolo ristorante, parlando poco e niente e riempendo la bocca solo di cibo e vino rosso.

-La carne è stata cotta alla perfezione, non trovi?- da' finalmente suono al silenzio che riempie il locale.

-Sì, davvero buona.- rispondo annuendo.

-Sono venuto già altre volte qui e hanno sempre soddisfatto il mio palato.- si pulisce le labbra con un tovagliolo bianco e si poggia comodo sullo schienale della sedia. Seguo i suoi movimenti attentamente e quasi mi incanto.

-Forse verrò anch'io un'altra volta. Il cibo è buonissimo e già sono piena.- dico toccandomi la pancia gonfia.

-Sta nevicando tanto in queste ore.- guarda da lontano la finestra che sporge sulla strada.

-In fondo questa è New York.- rido debole

-Credo sia arrivata l'ora.- mi guarda deciso e serra la mascella. Aggrotto le sopracciglia, non capendo. -Dobbiamo parlare.- continua poi, facendo rilassare i miei muscoli facciali.

-Hum..ovvio, sì. Di cosa?- dico un po' impacciata.

-Portarti da mia zia è stata una cazzata, non era mio dovere mostrarti dei lati privati della mia vita.- dice secco, facendomi deglutire a fatica.

Lati privati? Ho capito poco e niente della sua vita, quindi non dovrebbe affatto preoccuparsi.

-Non ho visto niente di particolare, Gabriel. Non so niente della tua vita, puoi stare tranquillo.- faccio spallucce e sfrego le mani tra di loro.

-Meglio così. Il nostro è...-

-...Un rapporto professionale, lavorativo e bla bla bla.- lo scimmiotto io, senza senso dell'umorismo, ma presa da una rabbia interna.

-Mi prendi in giro?- ghigna lui. Forse lo trova divertente; io no.

-Sono serissima.- accenno un sorriso falsissimo e bevo un sorso d'acqua.

Sarà la terza volta che sento ripetergli quanto le cose che facciamo siano sbagliate. Come se stessimo facendo sesso in pubblico.

-Perfetto, almeno hai colto la realtà. Volevo inoltre aggiungere che...-

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