Lost

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Non posso smettere di sognare la notte passata.

Grandi pugni prendono tono, sbattendo forti sulla porta di casa.
Sì, posso smettere di sognare, ora.
Apro gli occhi spaventata dai tonfi che provengono dal soggiorno. Stordita ed assonnata mi tiro a sedere sul letto e strofino gli occhi. I tonfi non si decidono a cessare, così controvoglia mi alzo dal letto e mi dirigo verso il rumore. Il mio umore sta già predendo una brutta piega.

Apro la porta di scatto, irritata dal caos che echeggia per le mura della casa.

La figura stretta di mia madre prende forma davanti i miei occhi. Si stringe nel suo cappottino d'alta moda e, senza badare a me, prende spazio in casa, sbattendo i fastidiosissimi tacchi sul pavimento.

Strabuzzo gli occhi e la guardo interrogativa, senza dirle nulla.

-Sono venuta a farti una visitina, bimba mia- dice con tono velenoso. Ancheggia fino al divano e vi poggia sopra la sua borsa. I capelli sono stretti in uno chignon ordinato.

-Cosa vuoi?- taglio corto io, chiudendo la porta di botto e facendo sobbalzare il fisico magro di mia madre.

Vuole rovinarmi, me lo sento.

-Cosa voglio? Vendicarmi- inarca un sopracciglio ed un sorriso bastardo colora le sue labbra.

Rimango incredula a quella risposta.

Sono le 7.00 del mattino, di cosa vuole vendicarsi?

Lei nota il mio sguardo preoccupato e disorientato, così decide di riprendere parola.

-Ho chiamato il tuo capo Roland- a quel nome mi irrigidisco, intimorita da cosa sta per dire - E, diciamo, che ti ho fatta licenziare- sputa fuori senza troppi giri di parole. Sbarro gli occhi e quasi sento l'aria mancarmi.

Licenziare?

-Dovresti vedere la tua faccia!- ridacchia, slegando di poco la cintura del cappotto.

-Cosa sta succedendo?- la mia domanda esce in un sussurro e gli occhi sono piantati fissi sui suoi. Si guarda brevemente le lunghe dita delle mani, rigorosamente dalle unghie smaltate di rosso.

-Sai, cara, pensavo la vita da ricca ragazza ti piacesse, ma hai ben dimostrato il contrario. Hai solamente sporcato il dipinto della nostra perfetta famiglia. Eri sempre quella più chiacchierata, nel senso negativo. Ora che sei in questo appartamento ed hai la tua vita da poveraccia, la gente parla doppiamente male di me e tuo padre, addirittura da ostacolarci gli affari! Gli affari, Jessica!- urla e gesticola, avvicinandosi sempre di più a me.

-Ed è proprio per questo che, figlia mia, hai bisogno di una lezioncina. La casa ti è stata posta davanti molto facilmente, essendo stata comprata di tasca nostra- indietreggio all'avanzare di lei. Il suo corpo si muove delicatamente, mettendo in evidenza le curve ancora ben messe.

-Che lezione mi vuoi dare, eh?-
Fa un breve risata e si passa una mano sul braccio.

-Al tuo lavoro puoi dire addio, oramai. Puoi dire addio anche al tuo elegante appartamento, essendo di proprietà mia e di tuo padre. Le carte le abbiamo firmate noi, tesoro mio- parla soddisfatta di sé, non fermandosi neanche un attimo a guardare la mia figura trafitta da un pugnale, tremante e sconvolta.

Non posso crederci. In un secondo mi ha praticamente rovinato tutto, solo per delle stupide chiacchiere che girano a Manhattan.

Sento le gambe cedermi, ma con la poca forza che mi è rimasta cerco di non crollare per terra e mettermi a piangere. Le darei solo una soddisfazione. Devo giocare al suo stesso gioco.

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