Chapter three. Waiting for you.

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"E io non posso stare più di un'ora ad aspettare te, io non posso stare due minuti senza te."

Patrizia:

Il bar è piccolo, un tavolo di legno scuro separa i nostri visi. Nessun abbraccio, nessun bacio, niente entusiasmo, abbiamo strozzato le emozioni in gola quando ci siamo rivisti. Guardarlo da qui, con la luce soffusa, Mattia mi sembrava ormai qualcosa di irraggiungibile.
Ci siamo messi a parlare della nostra vita per ore intere, non ha perso quel suo fare, quel suo ghigno, mi racconta delle sue avventure, io della mia precaria stabilità, in un certo momento si mette a parlare di quella ragazza, quella che mi aveva presentato.

«E' finita poco dopo che te ne sei andata.»

«Perché?» feci un sorso dalla tazzina contenente il caffè, ormai freddo, il bar stava per chiudere e ai tavoli sedevano solo una coppia di uomini, intenti a brindare.

«Voleva prendere il tuo posto, non potevo permetterglielo.»

Oh, Mattia, tu glielo avevi permesso eccome, secondo te perché me ne andai?
Avrei voluto tanto dirglielo, con il sangue che ribolliva nelle vene, ma cercai di trattenermi.
Risi amaramente.

«Perché mi hai lasciato solo?» Gli occhi si colmarono di tristezza, a stento Mattia riusciva a guardarmi, fissava piuttosto un punto non definito della sala dove ci trovavamo, torturandosi le dita.
«Non facevo più parte della tua vita Mattia, nonostante tutto continuasse come sempre, nonostante parlassimo tutti i giorni, piano piano io non c'ero più, presa dalle mie paure di perderti e tu, non facevi niente per rassicurarmi. Non potevo vederti tutti i giorni sapendo che non eravamo più la stessa coppia di migliori amici, capisci? Mi sentivo in gabbia.» Mi ripresi dal discorso finendo il caffè, Mattia non rispose, di ricambio posò la sua mano fredda sulla mia.

«Scusami.» sibilò, a denti stretti. «E' tutta colpa mia.»

«E' colpa di entrambi, lo sappiamo.»
Raccolsi la borsa dalla sedia accanto alla mia, Mattia si alzò, fece il gesto di pagare alla cassa e poi uscimmo.
Camminammo per un po', in silenzio, osservando la strada, i palazzi, tutto taceva, era giugno, ma a Roma il caldo si annidava in ogni spiraglio e il vento afoso non riusciva a dare una sensazione di fresco. Mattia accanto a me, con le mani nelle tasche dei jeans, si girò verso di me, che mi ero appena accesa una lucky strike.

«Da quant'è che fumi?»

«Da tre anni più o meno.»

«Non ti ci facevo una cattiva ragazza.» ridacchiò, dandomi una leggera spinta sulle spalle.

«Le persone cambiano.» Risposi ridendo a mia volta.

«Oh, io no.» si fermò facendo il gesto plateale di mostrare il corpo. «Tiè, a me la fama non m'ha cambiato.»

Riprendemmo a ridere, di gusto, Mattia mi accompagnò fino a casa, quando feci per aprire il portone mi fermò.

«Non sparire, non di nuovo.»
Gli accarezzai la guancia, muovendo il pollice sulla sua barba ruvida.

«Non lo farò, non di nuovo.»
Sentì il cuore esplodere solo per il minimo gesto di accarezzarlo dopo anni. Entrai nel palazzo.
Mattia mi era mancato da morire. Mi meravigliai di come, in questi ultimi anni ero riuscita a condurre la mia vita senza per un attimo fermarmi e cercarlo. Non era cambiato, era vero, era lo stesso di sei anni fa', ma allora perché sentivo un enorme senso di inadeguatezza nello stargli accanto?

Mattia:

Ripresi la strada di casa, io e Patrizia non abitavamo poi così lontani, e questo mi infastidì ancora di più. Come era possibile che in tutti quegli anni io non l'avessi mai rivista? Per caso, per strada, nulla. Era ancora buffa, anche se con la sigaretta in bocca sembrava una donna già fatta e cresciuta. Me la ricordavo ancora, nei jeans sempre troppo larghi e i capelli spettinati che passava sotto casa mia. Mattia, scendi? Ti muovi, su, dai. E la facevo sempre aspettare perché non sapevo mai cosa mettermi, se questa o quella camicia, se i jeans o i pantaloni. Passavamo le giornate intere a parlare di cose stupide, a mangiare, conosceva tutti i miei amici, e ormai era diventata parte integrale del mio gruppo. Eppure avevo avuto sempre un po' di imbarazzo con lei, il fatto che a sedici anni fosse già così bella, che fosse più fine e intelligente di me, mi bloccava dal poterle raccontare le cose magari di cui mi vergognavo.
Entrai in casa, dove c'era un silenzio tombale.
Rebecca era in camera, leggendo una rivista.
«Oh Mattì, che t'è successo? Hai una faccia...»

«Ho rivisto Patrizia.»

Spazio Autrice:

Eccomi, mi dispiace che questa ff proceda così a rilento ma non ho tempo e connessione per aggiornarla frequentemente dato che sono fuori Roma. Spero che comunque da questi pochi capitoli vi incuriosisca. Per qualsiasi domanda scrivetemi o commentate. Ringrazio tutti i lettori, un bacio grande,
Elisa.

Can't hold you. [M.B]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora