Capitolo VII

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"Stamattina vi valuto sui 1200 metri – annuncia il colonnello Bissolati, alzandosi dalla cattedra di fronte a noi. – La sufficienza, come sapete, è di cinque minuti e dieci per le ragazze e quattro minuti e mezzo per i ragazzi."

Io e i miei compagni siamo tutti in fila, in piedi uno accanto all'altro, sulla riga rossa tracciata sul pavimento della palestra. Sapevamo già che oggi ci avrebbe cronometrati, ma qualche persona più in là sento dei mormorii sommessi di disapprovazione. Seguiamo il professore fuori dalla palestra; per fortuna c'è bel tempo.

Mentre prosegue dandoci le istruzioni, saltelliamo sul posto e ci sfreghiamo le mani sulle braccia per scaldarci. Il colonnello dice che il freddo stimola la circolazione e rende i muscoli più reattivi. In piscina, mi accorgo di andare meglio quando l'acqua è fredda, ma penso che farci correre fuori in questo periodo dell'anno sia da malati mentali, o da sadici, e non so a quale delle due categorie appartenga il mio professore.

"Dovrete fare cinque giri attorno alla palestra. Ho sistemato dei coni per segnalarvi esattamente il percorso da seguire. Non c'è possibilità di tagliare il percorso, ma in caso trovaste il modo per farlo, me ne accorgerei, quindi non provateci. Chi si ferma ha l'insufficienza a prescindere."

Elettra mi abbraccia da dietro, in cerca di calore. "Allora non ci provo nemmeno" mi sussurra all'orecchio.

"Non partire già convinta di non farcela – rispondo. – Provaci, cerca di tenere un ritmo costante senza esagerare, e ce la farai."

"Oppure stramazzo a terra prima di finire il primo giro."

"Vi darò i parziali ad ogni giro – continua il colonnello. – Qualche domanda?"

Nessuno osa fiatare.

Il profe ci divide in quattro gruppi da otto in ordine alfabetico, con dieci secondi di distanza tra un gruppo e l'altro. Io sono nel terzo e alzo il pollice verso Elettra che sta per partire.

Al via del mio gruppo, distacco subito le mie compagne, raggiungendo in fretta quelle prima di me. Miro a raggiungere i ragazzi del primo gruppo e tenere il ritmo dei tre maschi che conducono la corsa. Due di loro fanno calcio e non sembrano fare particolare fatica; l'altro invece è agile, ma non resistente: sarà il primo che supererò. Mi impongo di non aumentare l'andatura fino al terzo giro, sfruttando la freschezza iniziale per prendere il ritmo. Il mio tempo al primo giro è di 56 secondi.

Passo accanto a Elettra. La sua corsa è poco più di una camminata, ma perlomeno sembra intenzionata a proseguire. Rallento appena per batterle una mano sulla spalla, poi vedo il più lento dei tre ragazzi perdere terreno e me ne frego del mio schema: accelero fino a raggiungerlo e superarlo sul rettilineo. I polmoni iniziano a bruciare a causa dell'aria fredda che mi irrita la trachea, ma proseguo imperterrita con questo ritmo. Mi sento bene, non ha senso trattenersi. Segno 1.51 al secondo giro.

"Permesso!" grido al piccolo gruppo di ragazze poco avanti a me.

Sfreccio in mezzo a loro, diretta verso i miei compagni davanti, che oltrepassano il professore per iniziare il quarto giro. Diminuisco un po' la frequenza per aumentare l'ampiezza delle falcate, in modo da risparmiare energia, sforzandomi di inspirare con il naso ed espirare con la bocca, seguendo il ritmo dei miei passi. Credo di sentire il colonnello annunciarmi un 2.44.

Quei due sono ancora troppo lontani per raggiungerli con uno scatto, e comunque mi manca ancora un giro. Hanno iniziato la progressione, devo farlo anch'io. È un falso mito che i nuotatori fuori dall'acqua non valgano niente, io voglio esserne la dimostrazione adesso. Stringo i denti e aumento l'andatura, regolarmente, ogni sei passi. Uno dei due ragazzi sta lentamente lasciandosi alle spalle l'altro. Ma sarò io ad arrivare prima. Non sento il parziale al quarto giro.

Il cloro: la nostra drogaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora