Chapter 8

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"[...] un attimo: e più non resta
del tuo transito breve in me
che quella fiamma di lino
 - quell'istantaneo
battito delle ciglia,
e il panico del tuo sorpreso
- nero, lucido -
sguardo."
-Giorgio Caproni, "Incontro"




"Dove cazzo sei stato?" fu la prima cosa che Harry si sentì dire una volta tornato nella sua cabina, a notte fonda.

Zayn, sveglio, lo aspettava seduto sul suo letto, con la testa che quasi toccava il soffitto, la schiena contro il muro e una sigaretta tra le dita.

Harry fu sorpreso di non trovarlo addormentato. Conosceva bene il suo amico, e sapeva quanto amasse dormire; non permetteva a quasi niente e nessuno di togliergli ore, o anche solo minuti di sonno.

"Dio Zayn abbassa quella cazzo di voce, gli altri dormono" gli rispose, indicando Patrick e Gerard che riposavano tranquillamente, e facendo solo sbuffare l'altro.

Mentre si sfilava le scarpe, vide Zayn stendersi innervosito sul materasso, cacciando con un sospiro altro fumo dalle labbra.

"Il tizio su cui ho rovesciato quella roba addosso era Louis, Zayn" continuò a dire dopo qualche istante, e a quella frase l'amico sgranò gli occhi, quasi paralizzato.

"Louis? Il Louis della caduta e della sigaretta?" chiese poi.

"Proprio quello."

Harry gliene aveva parlato un paio di volte di quel Louis prima di allora. Sapeva della storia di quella mattina in cittadella, e Harry gli aveva anche raccontato delle poche volte in cui quel Louis lo aveva rivisto in giro, senza che però l'altro lo notasse a sua volta.
Poi con il tempo quel ragazzo era sparito, ed il riccio non ne aveva più parlato. Fino a quel giorno in corridoio ovviamente.

E da allora, aveva notato qualcosa di diverso nel suo migliore amico. Piccoli comportamenti inusuali che chiunque altro non avrebbe notato, ma Zayn sì. Zayn che osservava e analizzava e cercava di comprendere, che studiava sfumature e colori di viso, animo e corpo. E non diceva nulla, restava sempre in silenzio, ma vedeva.
Vedeva Harry perdere un battito ogni qual volta, camminando, incrociavano un ufficiale in divisa; lo vedeva guardarsi intorno alla ricerca di chissà cosa, chissà chi. Ma soprattutto, lo vedeva scrivere e scrivere e rifugiarsi nel suo mondo di parole sempre più spesso, sempre più a fondo.

Zayn osservava, ma a volte, umano qual'era, si lasciava trasportare dalla curiosità più di quanto avrebbe dovuto. Come quella stessa sera, una volta tornato in camera, senza alcuna notizia di Harry, che aveva notato i libri e soprattutto il diario dell'amico, sparsi sul letto. E davvero ci aveva provato, ma non era riuscito a trattenersi dallo sbirciarvi. Harry non gli permetteva mai di leggere ciò che scriveva, e Zayn lo accettava, nonostante la curiosità lo divorasse ogni volta.

Quindi aveva colto l'occasione, preso quel diario tra le mani e osservato.

"Louis" era scritto proprio al centro di una delle ultime pagine utilizzate da Harry, e tutto intorno, lo stesso nome ripetuto ancora e ancora, in calligrafie diverse.

E sì, Zayn osservava, ma quando ciò che vedeva lo lasciava più interdetto che mai, allora si paralizzava. Iniziava a pensare, pensare sempre più senza sapere che altro fare; si accaniva contro se stesso, per non essere in grado di capire.

Il problema però in quel caso, non era che Zayn non riuscisse a capire, ma che non volesse farlo.

"Zay, tutto bene?" gli chiese il riccio ad un certo punto, notando la sua espressione indecifrabile.

Risvegliandosi dai suoi pensieri e alzando lo sguardo su di Harry, il più grande notò che l'amico si era ormai quasi spogliato, e stava sfilando i pantaloni in quel momento.

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