CAPITOLO 3

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RISA DI SCHERNO

L'ironia irrita. Non
perché si faccia beffe o
attacchi, ma perché ci
priva delle certezze
svelando il mondo come
ambiguità.

Ricominciava la scuola. Se avessi detto che non mi piaceva andare a scuola, sarebbe stato troppo scontato perfino per uno come me. In realtà, avrei pure studiato se non avessi avuto la costante beffa sulle mie spalle.
Fingevo malamente di non fregarmene di tutti quei scherzi che mi gravavano sulle spalle. In realtà non sopportavo più la situazione e tornando a casa l'ansia calava su di me impedendomi di studiare. Non avevo buoni voti, anche se lo studio mi era sempre piaciuto. Non avevo amici, anche se da piccolo ero sempre stato un ragazzo socievole.
Chicago mi aveva tolto tutte le mie certezze eppure continuavo ad amare quella città, le sue luci sempre accese ed il viavai in cui riuscivo a nascondermi.
Avrei preferito mille volte andare in giro per Chicago che andare a scuola, ma non era da me saltare le lezioni perciò rinunciai all'idea e mi limitai ad entrare in classe per diritto. Avevo ricevuto ottimi credenziali durante lo stage, molto più alti rispetto a quelli dei miei compagni, perché la mia costante lavorativa non era stata messa in dubbio dal mio modo di essere. Essendo però un caso a parte, così come mi chiamavano i professori, tutto il mio sforzo non era valso niente.
"Che mezza sega!" aveva esclamato malignamente un ragazzo appartenente al gruppo di Harry quando il professore non mi aveva classificato per niente nella lunga lista di studenti che avevano lavorato quell'estate.
"Poveretto, non è colpa sua" rispose Harry. Le parole erano buone, ma la risata cattiva mi faceva rimpiangere sempre più di essere venuto a scuola invece di andarmene in giro per la città. Avrei voluto rimpicciolire, sparire alla vista dei compagni e di Harry Styles, ma non potevo.
"Prof, ma se Tomlinson non è nella lista significa che non può partecipare alle lezioni?" chiese poi.
"Mi dispiace, signor Tomlinson, ma non puoi accedere alle lezioni senza documento" rispose con un sorriso sconfitto il professore. Tutta falsità, perché ero sicuro di avere quel documento, avendolo portato io stesso alla segreteria.
"Ho fatto il corso, professore, lei lo sa!" esclamai. Sapevo che non mi avrebbe dato retta tanto facilmente, ma non volevo neanche arrendermi subito. Sbagliato, completamente sbagliato. Sapendo che non sarei mai riuscito ad averla vinta, ero ancor più zimbello di tutti. I ragazzi e le ragazze ridevano della mia mancanza di intuizione.
"Mi dispiace, senza doumenti sei fuori dal mio corso" ripeté il professore, senza togliersi dalla faccia quel sorrisetto.
Umiliato, presi le mie cose e me ne andai goffamente mentre tutti mi ridevano dietro.
Fuori dalla scuola mi sedetti su una panchina per riprendere un pó il respiro. Avrei voluto piangere dalla disperazione, ma non mi sarei ridotto a quei livelli.
Non tornai a casa perché mia madre lavorava perciò sarei stato solo d'impiccio. Non avendo altre lezioni dopo, feci un giro in città ed architettai la mia vendetta. Non mi sarei arreso così.
Avevo già programmato tutto, così che il giorno dopo riuscii nella mia impresa meglio di quanto mi sarei aspettato.
Avevo chiamato il capo dove avevo lavorato in nell'ultimo periodo e gli avevo chiesto come grande piacere di fare un'altra fotocopia del mio attestato di praticantato. Ottenuta quella, il giorno dopo mi ero ripresentato a lezione, la fotocopia in tasca ed avevo aspettate che i miei compagni ed il professore si accorgessero di me.
La lezione di diritto neanche era cominciata che Harry mi notò.
"Ancora qui, sfigato?" chiese. I suoi compagni per primi e poi tutta la classe si girarono e scoppiarono a ridere alla mia vista.
"Non so se comprendi la nostra lingua visto che ieri non ci hai capito, ma tu qua non puoi stare" mi disse Harry e gli altri scoppiarono a ridere.
Non contento, si avvicinò ancor di più, tanto che riuscivo a sentire il suo buon profumo.
"Non. Puoi. Stare. Qui. Comprendi?" ridisse con una lentezza nauseante che mi permise di fargli un breve controllo alle tonsille.
Non risposi perché il professore entrò e tuti fummo costretti a ritornare in ordine.
Quando il solito appello arrivò ad Harry, il ragazzo si ripermise di parlare.
"Tomlinson è ancora qui" disse. Il tono di voce era come quello di un bambino che faceva la spia alla mamma ed era proprio quello il rapporto che aveva con i più grandi di lui: un zelante ragazzo a cui si doveva però dar retta.
"Tomlinson?" chiese il professore, girandosi a cercarmi.
Quando mi trovò la sua faccia era di rimprovero.
"Signor Tomlinson, ancora! Ma gliel'ho già detto che qui non può più stare! Non è giusto per gli altri studenti che non hanno partecipato anche loro!" esclamò. Non era arrabbiato, piuttosto sicuro di aver ragione. I ragazzi, poi, non facevano che aiutarlo a complicarmi la vita prendendosi beffe di me alle mie spalle e deconcentrandomi.
"Ho qui l'attestato, professore, ci sono stato al corso" esclamai. Il mio tono di voce era calmo quanto quello del mio interlocutore perché volevo esser preso ben sul serio.
"E se fosse falso?" quell'insinuazione così, davanti all'evidenza, dopo che era stato lui stesso a sapere che avevo partecipato al corso, mi fece arrabbiare. Uscii fuori dai gangheri, per la contentezza dei miei compagni che ridevano di me.
"Nella seconda pagina c'é un'intera sezione scritta solamente dal mio capo per agevolare questa discussione, ma se vuole andiamo dal preside e le spiego tutto davanti a lui!" urlavo, anche se era solo rabbia e non mi prendevo davvero in considerazione. Non sarei mai riuscito ad andare dal preside a parlargli di come venissi costantemente emarginato.
"I toni, signor Tomlinson, i toni! Nessuno non le creda, non pensiate così" cercò di calmarmi il professore. Si era impaurito dalle mie ultime minacce, d'altronde il preside non era così accomodante.
"È ovvio che accetto il suo attestato, mi stavo solo facendo beffe di lei" voleva essere una battuta, ma c'erano stati troppi precedenti per prenderla come tale.
"Credo che qui si facciano troppe beffe su di me" esclamai pentendomene subito. Ero sembrato un bambino offeso invece che un duro che cercava rispetto.
Harry rise. Fu l'unico, ma bastò. Le mie gesta erano servite a farmi ottenere un posto al corso di diritto, ma le conseguenze erano le beffe di Styles.

Lo so, la storia si fa sempre più triste e ci sarà un punto in cui mi vorrete ammazzare (la mia beta l'ha quasi fatto ahahah)
L'unica scusa alle mie prossime azioni è far capire che i gay non possono essere trattati così!
Baci Baci
werenotcool

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