Nella stanza piombò un silenzio tombale: si sentiva solo il suono delle posate sul piatto e dell'acqua e del vino versati nei calici. La cena era iniziata con un disgustoso antipasto a base di ostriche, caviale e foie gras. Io ero stata costretta alla resa, dopo aver esaminato le varie possibilità di fuga: tutte e tre le porte della stanza erano sorvegliate da maggiordomi, non particolarmente nerboruti di per sé, ma sapevo bene che all'interno della nostra famiglia il modo di dire "le apparenze ingannano" era diventato più legge che proverbio.
«Abbigail, non c'è nulla di tuo gradimento?» aveva domandato Katie con finto dispiacere.
«Non ho appetito, vostra eccellenza. A meno che voi non vogliate ordinarmi di mangiare ugualmente» risposi alla quarantenne con ironia pungente, mantenendo le braccia incrociate sull'addome.«Abbigail!» disse a voce alta Valery in tono di rimprovero. Dal momento in cui mi avevano costretto a partecipare a quella cena avevo deciso che non li avrei più considerati come i miei genitori: erano dalla parte della famiglia anche loro e lo sarebbero sempre stati.
«Taci Valery» ribattei piccata.
«Come osi...!» continuò lei, alzandosi impetuosamente dalla sedia e venendomi accanto per assestarmi uno schiaffo sulla guancia sinistra, facendomi ruotare letteralmente la testa.
«Ma sei impazzita?!» dissi alzandomi da tavola, poggiando la mano nel punto in cui mi aveva colpito, che sentivo avvampare per il colpo e la collera.
Jeremy, che sedeva di fronte a me, aveva sollevato lo sguardo dal piatto e fissava la scena senza scomporsi minimamente a differenza degli altri, che erano scoppiati in un coro di voci imploranti affinché entrambe ci calmassimo. I suoi occhi fiammeggiavano di rabbia e, al tempo stesso, sembravano lucidi, sull'orlo delle lacrime.
«Non lo capisci che tutto questo è per il tuo bene? Nessuno all'infuori della famiglia potrà mai accettare una come te! Tu non sei normale!»
«Che ne sai tu? Ci avete forse mai provato ad intessere rapporti con il "mondo esterno"? Con i comuni esseri umani? Certo che no! Perché noi siamo "gli Schumann, una famiglia destinata a scopi più alti"! Ma per favore! Non mi farò pilotare da voi! Potrete avere il mio corpo, ma non dominerete mai la mia mente!» conclusi in un impeto di rabbia repressa da anni, rivolgendo un'occhiata fiammeggiante verso Jeremy nel pronunciare l'ultima frase. Tutti improvvisamente si azzittirono e nella stanza calò nuovamente il silenzio. Valery era rimasta in piedi, alla ricerca di parole che non riusciva a trovare. Forse perché non esistevano.Sentivo solo il mio respiro irregolare a causa della rabbia che mi scorreva nel sangue. Girai i tacchi (si fa per dire, visto che mi avevano fatto indossare degli stivali bianchi con i lacci, alti fino al polpaccio) e mi avviai verso la porta. Peccato che i maggiordomi fossero ancora lì.
«Abbigail, tesoro, credo sia ora che ti calmi un po' ed accetti la realtà. Non hai più l'età per pensare alla favole» disse Katie, scostandosi i capelli rossi all'indietro ed interrompendo la mia fuga impossibile. Sentivo gli sguardi di tutti incollati su di me, che mi ero inchiodata davanti all'uomo posto a guardia di una delle porte. Uscire dalle finestre sarebbe stato impossibile, trovandomi al secondo piano del castello.
Mi sentivo umiliata, intrappolata, tradita e disumanizzata, paragonata ormai ad una mera macchina necessaria al compimento del mio destino. Gli occhi mi bruciavano per la frustrazione e la testa mi scoppiava per la rabbia, per non parlare dell'insopportabile rintocco del pendolo che segnava le nove.
Non ne potevo più.
Chiusi gli occhi, stringendo i pugni per cercare di reprimere le mie emozioni.«Basta!» mi sentii esclamare.
Il pendolo non suonava più. Mi voltai indietro e, con mia sorpresa, notai che tutto si era fermato. Ero emotivamente distrutta e per di più, inconsapevolmente, avevo congelato il tempo.
In qualche modo ero grata alla mia dote per essersi manifestata nel momento del bisogno, ma, dopotutto, ciò che vidi non fece che crearmi più confusione di prima: mio padre e Jeremy erano immobili.
Com'era possibile? Sapevo per certo che Christopher era un plasmatore, dato che più volte aveva fermato il tempo per mostrarmi come si faceva. Contrariamente per Jeremy, non avevo assistito alla dimostrazione pratica del suo potere, ma in quanto plasmatrice impura della famiglia il mio partner sarebbe dovuto essere necessariamente un plasmatore completo. Allora perché erano rimasti coinvolti nella bolla temporale? Durante le deformazioni temporali, per quanto ricordavo, i plasmatori risultavano immuni al congelamento.Arretrai di un passo, quasi inciampando goffamente nello strascico. La semi-caduta mi fece rinsavire: era la mia occasione.
"Ora o mai più".
Superai l'uomo immobile di guardia alla porta, la aprii senza urtarlo per qualche millimetro e sgattaiolai fuori, correndo più velocemente di quanto ricordassi aver mai fatto.
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ADIMENSIONAL
FantasyI giorni sereni sono ormai giunti al termine. I plasmatori temporali, uomini e donne in grado di congelare il tempo, non possono più vivere nell'oscurità, ma sono costretti ad uscire allo scoperto dai distorsori spaziali, esseri umani come loro, in...