«Va tutto bene. Sta' tranquilla» disse il ragazzo, rilasciandomi finalmente il polso, rosso per la stretta. Ripresi lentamente a respirare, emettendo piccole nuvole di vapore acqueo nell'aria fredda ed umida del capanno, ma non ebbi modo di espandere liberamente la cassa toracica che mi ritrovai nuovamente schiacciata contro il suo petto, trattenuta in un inaspettato abbraccio.
Avvampai all'improvviso: non ero abituata al contatto ravvicinato con i ragazzi se non con mio fratello Timothy e, soprattutto, non con gli sconosciuti. Non sapevo chi fosse né dove mi avesse portato né per quale motivo, ma, a giudicare dalla situazione, l'unica cosa che ero riuscita ad elaborare era che probabilmente avevo di fronte un malintenzionato. Cercai di liberarmi, pur sapendo di non poter ricorrere pienamente a tutte le mie forze: sentivo ancora la testa che mi girava leggermente ed il mio corpo vigeva in uno stato di torpore. Lui, infatti, non impiegò il minimo sforzo nel contenere il mio tentativo di allontanarmi e mi strinse con ancora più forza di prima, facendo sprofondare il mio viso tra le pieghe della sua camicia.
«Cosa vuoi da me?» dissi subito dopo, puntando le dita sul suo petto e riuscendo a distanziarmi a sufficienza da poter alzare il volto fino ad incontrare i suoi occhi, che stavano rapidamente tornando all'azzurro intenso.
«Aiutarti» disse con naturalezza «Avevi detto di avere bisogno di scappare, no?»
«E quindi mi hai rapita?! Bella trovata!» riuscii a dire finalmente con meno affanno.
«Se mi dessi il tempo di spiegarmi sapresti perché l'ho fatto. E poi chi inizia un discorso chiedendo "cosa vuoi"? Lo sanno tutti che la prima domanda da fare è "chi sei" e dopo viene il "cosa vuoi da me". È la prima regola di ogni buon libro o film, andiamo!» continuò lui, sciogliendo l'abbraccio. Si spostò quindi verso una delle pareti del capanno, appoggiandovisi con la schiena e tenendo braccia e gambe incrociate.
«Tu sei fuori di testa» dissi con una punta di disprezzo sulle labbra. L'unica cosa di cui non avevo bisogno ora era proprio incontrare un altro pazzoide. Forse avrei potuto approfittare di quell'occasione per chiedergli dei suoi occhi, dove fossimo, se conoscesse l'asiatico e, soprattutto, avrei dovuto domandargli effettivamente chi fosse - o meglio, cosa fosse. Mentre mi prendevo qualche secondo per fare mente locale, percepii il suo sguardo incollato su di me con la coda dell'occhio.
«Che c'è..?» chiesi nuovamente.
«Io e te siamo uguali»
«Cosa?»
«Tu sei un adimensionale e lo sono anch'io. Per questo siamo uguali» continuò.
Era lo stesso termine che aveva usato l'asiatico.
«Cos'è un adimensionale..?» chiesi, sentendomi stranamente tesa «Perché non possiamo parlarne a scuola poi? Dove siamo e come siamo arrivati qui? Tutto questo è assurdo..» dissi, avvicinandomi alla parete opposta a quella dove si trovava il ragazzo e tirando un calcio liberatorio al legno scuro del rifugio, per vincere la tensione che mi aveva fatto tremare leggermente la voce. Quando ero nervosa o tesa, infatti, avevo il brutto vizio di fare domande a raffica e dire tutto quello che mi passava per la testa.
«Calmati» replicò lui, senza mostrare il minimo turbamento «Risponderò a tutte le tue domande, ma più tardi. Per ora sappi che siamo qui per evitare Shin. È della famiglia» rispose lui finalmente.
«Quale famiglia?». Ero più che certa di non aver mai visto quel ragazzo tra gli Schumann, benché l'ultima riunione dell'intera famiglia a cui avessi partecipato risalisse ad una cinquantina di anni prima.
«La mia. Non siete gli unici con i "superpoteri", se vogliamo chiamarli così».
Deglutii, in preda ad un panico temporaneo, e mi voltai verso di lui per poi indietreggiare fino alla parete dove si trovava la porta, evitando di perderlo di vista mentre continuava a seguire tutti i miei movimenti, impassibile. Quantomeno ero vicina ad una via di fuga, se si fosse presentata la necessità di darsela a gambe levate (ovunque fossi).
«Cosa siete voi?» domandai con una rinnovata determinazione nella voce. Non sapevo in che guaio mi sarei cacciata se avessi continuato a parlargli, ma i dubbi che mi assalivano iniziavano ad essere veramente troppi e dovevo disfarmene in qualche modo. Secondo il Germe avrei dovuto mantenere le distanze, ma l'avrei sfidato a dire la sessa cosa se si fosse trovato nei miei panni.
«Distorsori spaziali» rispose.
"Distorsori..spaziali".
Ricordai di aver già sentito quel nome. La testa iniziò a pulsarmi leggermente, sotto lo sforzo del rievocare ricordi lontani: la prima volta che lo avevo sentito era stato per bocca di mia madre - precisamente, la prima madre umana che ebbi mai avuto - in una lontanissima favola che mi raccontava di tanto in tanto. Non ricordavo cosa fossero, ma il nome non mi lasciava presagire nulla di buono ora che ero sufficientemente invischiata nella faccenda da rendermi conto che non si trattava più di un semplice racconto.
«Non te ne hanno mai parlato suppongo» disse, notando il mio disorientamento «Neppure noi sapevamo della vostra esistenza fino ad un decennio fa dopotutto».
«Cosa significa?».
Lui sciolse le braccia, infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si scostò dalla parete con un leggero colpo di reni in avanti.
«Aspetta qui. Non che tu possa andare chissà dove».
"Un altro genio del sarcasmo".
«Che stai..»
Il ragazzo (di cui ancora ignoravo il nome) si dissolse nel nulla, ricomparendo subito dopo davanti ai miei occhi esattamente dove era svanito, ma con un libricino consunto tra le mani.
«Meglio se leggi direttamente con i tuoi occhi. Sarà più facile che spiegare tutto, ma cerca di fare presto: ci restano solo venticinque minuti a fine pausa pranzo e Shin ti starà cercando» disse, porgendomi il libro ed invitandomi a prenderlo con un movimento degli occhi di nuovo eterocromi.
Mi avvicinai, ancora esitante, e lo afferrai, rigirandolo qualche istante tra le mani.
«Contiene la storia dell'origine delle nostre famiglie» aggiunse lui, leggendo la tensione nei miei movimenti «Non è una bomba ad orologeria, abbi un po' di fiducia»
«Fidarmi di qualcuno di cui neppure conosco il nome? Wow. Logico» ribattei a tono.
«Mi chiamo Robin Long e vorrei ricordarti che non mi sono potuto presentare prima per via della tua mancanza di tatto» disse lui con una punta di risentimento «Leggi».
Sfiorai la copertina in pelle nera con le dita: aprii il libro ed iniziai a leggere.
~ ~ ~
Premetto che aggiornare dal cellulare è di una difficoltà disumana, non avendo installato l'app di Wattpad (>.<) Perdonatemi nel caso in cui ci fossero errori o parti mancanti! Cercherò di ricontrollare un'ultima volta non appena accenderò il computer! Questo capitolo l'ho ricontrollato e modificato infinite volte è, essendomene stancata, mi sono finalmente decisa a pubblicarlo! Dopo aver superato questo blocco spero di riuscire a pubblicare presto i capitoli seguenti (tra la scuola e tutto il resto spero di riuscire ad inserire un capitolo a settimana, ma non posso assicurare!).
Kisses,
EyeBlink
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ADIMENSIONAL
FantasyI giorni sereni sono ormai giunti al termine. I plasmatori temporali, uomini e donne in grado di congelare il tempo, non possono più vivere nell'oscurità, ma sono costretti ad uscire allo scoperto dai distorsori spaziali, esseri umani come loro, in...