«Jeremy..» mormorai. Aldilà della porta che separava il soggiorno dalla cucina potevo sentire unicamente lo sfrigolio dell'olio in padella ed il rombo fastidioso della cappa. Nel frattempo cercavo vanamente di vincere il nodo che mi bloccava la gola sillabando più e più volte il nome del diciannovenne, sperando nel suo aiuto, benché dalle mie labbra non uscissero suoni più alti di un fievole miagolio. Il giovane dai capelli arancioni si portò l'indice davanti alla bocca, indicandomi di fare silenzio.
Era anche sarcastico ora. Alla grande.
Improvvisamente, così come era comparso, si dissolse, implodendo in una nuvola di granelli di sabbia che sparirono poco dopo, trascinati vorticosamente da una brezza invisibile.
«Fa' silenzio principessa» sussurrò al mio orecchio una voce maschile. Sussultai e, voltandomi di scatto, indietreggiai rapidamente sul divano, finendo con la schiena incollata al bracciolo, dalla parte opposta a dove si trovava il ragazzo asiatico.
«Sono Shin» disse, interpretando la domanda che avevo sulla punta della lingua.
Cavolo, non credevo sarei stata così fifona da non riuscire a parlare. E dove era finita la mia prodigiosa dote di congelare il tempo quando ne avevo veramente bisogno?
Al diavolo tutto.
«Ci vediamo domani. Ora di pranzo, sotto le scale d'emergenza dell'ala ovest della scuola. Lì potremo finalmente parlare, mia cara adimensionale» continuò, sorridendo di nuovo con finta innocenza.
"Adimensionale..?"
Jeremy aveva finalmente spento i fornelli e la cappa. Sentivo solamente il rumore delle posate che venivano disposte sul tavolo.
«A proposito..» bisbigliò ancora. Guardò con la coda dell'occhio la porta della cucina, svanì davanti ai miei occhi e ricomparve subito alle mie spalle «Non dirgli nulla. Sono un tipo geloso» terminò.
«Vieni. E' pronto» disse intanto Jeremy dalla cucina, avvicinandosi alla porta che affacciava sul salotto. Prima che il diciannovenne potesse raggiungere lo stipite per ripetermi di andare a tavola, l'asiatico si dissolse un'ultima volta, scomparendo definitivamente.
«Che hai? Sembra tu abbia visto un fantasma» disse il Germe.
Lo fissavo confusa mentre stava appoggiato con la schiena allo stipite, a braccia conserte e con le gambe incrociate, fissandomi a sua volta confuso.
«Sei totalmente sbiancata. Stai bene?» chiese di nuovo, avvicinandosi a me e poggiandomi il palmo freddo sulla fronte in un gesto inaspettatamente premuroso e.. dolce.
"È della famiglia" pensai "Non devo fidarmi".
Eppure.. mi aveva aiutato a fuggire. Negli ultimi due giorni la mia vita era stata più caotica che in tutto l'ultimo centennio. Il biondo tinto, l'asiatico arancione, lui e tutti gli altri..! Ma che diamine volevano da me?
Adimensionale aveva detto. Che significava?
Il Germe premette a lungo il palmo sulla mia fronte, facendolo aderire al meglio per sentire la mia temperatura, mentre io tenevo lo sguardo basso, pensierosa. Dopo qualche secondo il ragazzo rimosse la mano e me la passò tra i capelli, scompigliandoli leggermente, per poi trattenerla sulla mia nuca, sollevandomi il capo con delicatezza e facendo sì che i miei occhi color ghiaccio incrociassero i suoi verdi smeraldo.
«Ti senti bene?» domandò ancora una volta.
La mano che mi sosteneva la testa e che prima mi era sembrata fredda mi parve essere diventata estremamente calda tutt'a un tratto e mi infondeva una calma piacevole, che si stava lentamente facendo largo attraverso le mie vene.
Da quanto tempo non avevo ricevuto un gesto d'affetto simile? Tim non si era più degnato di abbracciarmi da quando aveva scoperto per merito mio che Babbo Natale non esisteva ed i miei genitori non mi avevano mai toccato per mostrarmi affetto, limitandosi a martoriarmi i polsi per trascinarmi in auto o scarrucolarmi da qualche parte solo quando necessario.
Avevo bisogno di quel calore e, per quanto lo detestassi, avevo bisogno di una certezza.
"Solo per un po'.. Fino a quando non avrò avuto chiara la situazione. Ho bisogno della sua calma" decisi.
«No» risposi finalmente «è tutto un gran casino».
Lui sospirò.
«Ceniamo. Poi parleremo, ok?» disse, ritirando la mano dalla mia fronte e porgendomele entrambe per aiutarmi ad alzarmi. Annuii, ma rifiutai il suo aiuto, facendo scivolare le gambe giù dal divano ed alzandomi da sola, sebbene non avessi che un briciolo di forze in corpo. Ero vulnerabile, ma non fino a questo punto.
Abbigail Schumann magari era il tipo che si piegava, ma di certo non si sarebbe spezzata tanto facilmente.
Il tempo mi aveva temprato.
STAI LEGGENDO
ADIMENSIONAL
FantastikI giorni sereni sono ormai giunti al termine. I plasmatori temporali, uomini e donne in grado di congelare il tempo, non possono più vivere nell'oscurità, ma sono costretti ad uscire allo scoperto dai distorsori spaziali, esseri umani come loro, in...