Capitolo 11.

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Parcheggiata l'auto sotto casa, salii per mettere dentro il borsone della palestra tutto ciò di cui avrei avuto bisogno. Mentre sistemavo le cose alla rinfusa sentii la pelle incresparsi sotto i brividi di freddo. Ero ancora completamente bagnata ed il riscaldamento della macchina non era servito a molto. Nonostante la pelle d'oca, non avevo tempo di cambiarmi: prima saremmo stati al sicuro e meglio era. Il silenzio che mi circondava, oltretutto, era più angoscioso della confusione degli autisti che ci avevano inseguito nel piazzale. Prima uscivo di lì e meglio era.

Raggiunsi a breve il diciannovenne, che mi stava aspettando fuori dall'auto, massaggiandosi le braccia: evidentemente anche lui iniziava a sentire freddo. Vedendomi arrivare si voltò verso di me, con aria sorpresa.

«Non stiamo partendo per un giro attorno al mondo, lo sai?» domandò con sarcasmo. Avevo riempito ogni centimetro del borsone, che era diventato di forma ovale anziché cilindrica, ed avevo preso lo zaino di scuola con tutti i libri.

«Ah-ah. Molto divertente» ribattei senza dargli corda. Mentre mi avvicinai il Germe mi porse inaspettatamente la mano, invitandomi a passargli una delle due borse. Infilatosi lo zaino in spalla, iniziammo a camminare in direzione della stazione, nei pressi della quale aveva detto di aver affittato un garage dove teneva un mezzo d'emergenza per le sue fughe.

Prendemmo strade traverse e, dopo un'oretta, raggiungemmo finalmente la nostra meta. Il Germe aprì il box con una piccola chiave ed accese la lampadina che pendeva dal soffitto tirando una cordicella. Al centro del garage c'era una motocicletta piuttosto vecchia, ma mantenuta in buono stato.

«Il borsone lo dovrai tenere a tracolla. Non c'è altro modo» disse togliendo il cavalletto. Accese il motore e salì sulla moto, spostandola fuori dal garage temporaneamente per poterlo chiudere. Impiegai qualche minuto per sedermi dietro di lui sulla sella, cercando di sistemare il vestito alla bell'e meglio (facendo passare lo strascico tra le gambe) e sistemando il borsone ed il casco.

«Andiamo» disse.

                                                                                         ⱷ

La casa del Germe era più ordinata di quanto mi sarei immaginata da un ragazzo, a giudicare dalla confusione permanente della camera di Timothy che conoscevo.

Si trovava appena fuori la città, in prossimità di alcuni campi di grano e girasoli. Era una piccola costruzione in pietra a due piani con tetto a spioventi di legno: dalla porta d'ingresso si accedeva ad un salottino con un divano in velluto verde a due piazze posto davanti ad un caminetto di pietra, dal quale era separato tramite un tavolino da caffè piuttosto antico, a giudicare dall'aspetto; sulla destra del salone, una porta conduceva alla cucina, dallo sviluppo verticale, poco abitabile, ma funzionale; di fronte alla porta della cucina, invece, stavano le scale che portavano al primo piano, dove c'era una camera con letto matrimoniale ed il bagno.

Nel complesso dovevo dire che la casa era davvero gradevole, ma non lo avrei mai rivelato a quello scemo.

Avevo posato le mie borse accanto al divano ed ero andata un attimo al bagno per sciacquarmi il viso: avevo i capelli arruffati e gli occhi rossi e gonfi per la stanchezza. Dopotutto non stavo eccessivamente da schifo, visto che altre volte mi era capitato di svegliarmi anche con occhiaie e borse inguardabili.

Scesi di nuovo nel salone, dove trovai il Germe a fumare una sigaretta affacciato dalla finestra. Lo guardai sorpresa, sbattendo le palpebre un paio di volte per assicurarmi di non essere già partita per Sognilandia. Non avrei mai e poi mai potuto pensare che un perfettino come lui - o almeno questa era l'impressione che mi ero fatta circa quattro ore prima (il pendolo accanto alla finestra, infatti, segnava ormai l'una meno dieci di notte) - fumasse.

Lui si voltò verso di me, con naturalezza.

«Che c'è?»

«Niente.. Solo non credevo fumassi» risposi scrollando le spalle e dirigendomi verso il mio borsone.

«Lo faccio solo di tanto in tanto, per scaricare la tensione..» disse, tornando a fissare un punto indefinito nel cielo, soffiando una nuvoletta di fumo.

"Tensione?".

Era teso per tutto quello che era successo? Eppure prima era sembrato così calmo.. O forse..

«Sei forse teso perché dovrai dormire sotto lo stesso tetto di una donna..?» chiesi con tono provocatorio, per stuzzicarlo.

«Cosa?! Certo che no..!» rispose immediatamente, quasi arrabbiato, togliendosi la sigaretta di bocca e spegnendo la cicca nel posacenere sul davanzale, premendola con forza.

«Dormirai sul divano. Sistemati come ti pare, io vado di sopra. Ci si vede domani» continuò frettolosamente, salendo le scale.

Seguii il suo profilo con lo sguardo, fino a che non scomparve al piano superiore. Possibile che avessi colto nel segno? Forse anche per lui valeva il detto di famiglia..

"Le apparenze ingannano..".

Sogghignai leggermente, tirando fuori una t-shirt abbondante bianca ed un paio di shorts che avrei usato per la notte. Poco dopo, tuttavia, il mio sogghigno fu sconvolto da un forte starnuto, che mi fece rimbombare la cassa toracica.

Ero distrutta.

~
L'autrice parte per una breve vacanza a Paris!

Nuovo capitolo al mio ritorno, nel caso in cui non riesca a connettermi dall'hotel. 
Kisses~
EyeBlink.

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