Capitolo 10.

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«Dove stiamo andando?» domandai dopo aver ripreso finalmente fiato e tirato un sospiro di sollievo. Avevo acceso il riscaldamento intanto, sperando di asciugarci parzialmente dal diluvio che ci aveva inzuppato.

«A casa tua» rispose, senza la benché minima esitazione, continuando a guardare la strada.

«Cosa?!» chiesi nuovamente con voce più acuta di quanto non avessi voluto, voltandomi di scatto verso di lui, confusa. Il Germe inspirò profondamente, picchiettando per un istante le mani sul volante e degnandosi poi di guardarmi con la coda dell'occhio.

«Tutte le auto della sicurezza sono dotate di un segnale GPS. A breve ci saranno nuovamente alle costole» spiegò «Tra quanto non posso saperlo. Se la tua bolla è ancora intatta, abbiamo del vantaggio. In caso contrario, sarà meglio sbrigarsi» continuò, premendo sull'acceleratore subito dopo aver terminato la frase e facendomi inchiodare allo schienale del sedile.

«Ma perché casa mia?»

«Tuo fratello dovrà tornarci, no? Sarà il primo posto in cui ti cercheranno» riprese a dire «Tanto vale lasciargli una falsa pista. Lasceremo l'auto sotto casa tua: tu salirai, prenderai in fretta le cose essenziali di cui hai bisogno per un paio di giorni e tornerai giù a valigie fatte. Quindi..»

«Frena, frena.. Come sai dove abito? E dove dovrei andare io nel frattempo?» lo interruppi, ancora più scombussolata di prima.
«Quando mi hanno detto che avevano combinato l'incontro, mi sono informato. L'indirizzo era una tra le tante informazioni del tuo dossier. Per quanto riguarda dove andrai, starai da me per il tempo necessario» disse. Lo fissai con gli occhi sgranati, cercando di capire se avessi attualmente sentito bene o meno.

«..di questo passo ti usciranno i bulbi oculari fuori delle orbite, lo sai?» proseguì poi, rivolgendomi un'occhiata veloce. «In ogni caso, non mi sembra il momento più adatto per sentirsi in imbarazzo e non ne vedo neppure il motivo. Non credo tu abbia alternative comunque, no?» terminò.

Non era il momento adatto? Ero seduta in un'auto rubata dopo essere sfuggita ad un inseguimento e ad un incontro prematrimoniale con un partner che mi era stato imposto senza il mio consenso e che non avevo mai visto prima, lo stesso ragazzo che ora stava guidando la macchina, ma di cui non riuscivo ancora a capire bene le intenzioni.

E avrei dovuto trascorrere la notte in casa di uno che conoscevo da appena due ore quando non ero mai stata con qualcuno in vita mia?

Giusto. Non c'era il benché minimo motivo di cui preoccuparsi. Era tutto normalissimo, per il signorino. Chissà quante altre ragazze avevano dormito da lui in passato, visto la casualità con cui trattava la faccenda. Schioccai la lingua irritata, guardando la strada dal finestrino e riflettendo ulteriormente sulla situazione. Aveva detto che casa mia non sarebbe stata sicura, ma perché la sua avrebbe dovuto esserlo? Katie conosceva gli indirizzi di tutti i membri della famiglia ed avrebbe potuto rintracciarci in qualsiasi istante.

«Ma.. perché non ci dovrebbero trovare da te? Tutti i recapiti della famiglia sono registrati negli archivi, ci metteranno un nanosecondo ugualmente..!» dissi con una punta di esasperazione, esprimendo i miei dubbi.
«Negli archivi conoscono l'indirizzo della casa dei miei genitori, che è anche dove vivo di solito» rispose lui con calma.

«E dove staremmo andando ora?»

«Per parte di mio padre i Miller sono tanto impaccati di soldi quanto il ramo materno degli Schumann, ma più generosi, a differenza vostra» spiegò «Negli ultimi cinque anni ho deciso di usare parte dei soldi che mi erano stati regalati per acquistare o costruirmi dei piccoli rifugi in giro per il paese, delle oasi di tranquillità dove allontanarmi dalla città o dai miei genitori, quando ne ho bisogno» concluse.
«Quindi siamo diretti verso uno di questi posti?»

«Esattamente»

«Mentre i tuoi genitori stanno nella casa principale..» ripetei, mantenendo lo sguardo incollato su di lui, mentre mi ero ritrovata sempre più appoggiata alla portiera che al sedile, quasi completamente libero, visto che ne occupavo solo l'estremità. Il Germe mi guardò con la coda dell'occhio ed inarcò il sopracciglio con aria interrogativa, non capendo probabilmente il motivo per cui sedessi così scomposta.

«Fai proprio schifo..» sussurrai con astio, incrociando le braccia sul petto come per proteggermi dalla sua perversione.

«Ma cosa.. Woah! Hai frainteso tutto! Non scherziamo, chi vorrebbe una mocciosa sottosviluppata come te! Oddio hai addirittura pensato che.. aah, lasciamo stare!» disse tutto d'un fiato, sbuffando per l'assurdità, a suo avviso, delle idee che mi ero fatta. Per quanto la sua reazione non aveva fatto altro che offendermi (e non ero affatto sottosviluppata, ma avevo una più che decente seconda di seno!) mi aveva in qualche modo rassicurato.

In via eccezionale decisi di sorvolare sull'accaduto e cercai di focalizzarmi nuovamente sul piano.

«Cosa faremo allora? Una volta arrivati» chiesi, tornando ad occupare l'intera seduta del posto dell'auto.

«Per quanto riguarda il matrimonio, diremo agli altri che ti ho seguito per farti ragionare sulla questione. Non avranno di certo da ridire» disse. Annuii, nonostante sentissi una morsa allo stomaco all'idea di dover affrontare un'altra volta Katie in futuro, presto o tardi.
«Il problema più importante sarà spiegare come sei riuscita a bloccare me e tuo padre congelando il tempo..» concluse.
Annuii in silenzio, voltandomi di nuovo verso il finestrino.

Incrociando lo specchietto con gli occhi, tuttavia, mi sembrò di vedere un'ombra alle mie spalle.

Trattenni lo sguardo un po' più a lungo, giusto per accertarmi di essermi sbagliata: un ragazzo in una felpa con cappuccio, da cui fuoriusciva qualche ciuffo biondo, con sopracciglia nere e occhi eterocromi, le cui iridi sfumavano dall'azzurro oceano al rosso fuoco in prossimità delle pupille, era seduto dietro di me, nella parte posteriore dell'auto.

Mi girai di scatto, con il cuore in gola.

Nulla.

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