Capitolo 11

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Andy era disteso sul "suo" letto impegnato a guardare il soffitto e a pensare a tutte le sorprese di quel giorno ma fu distratto da un rumore proveniente dalla porta.
Qualcuno stava bussando...
Era strano ricevere visite alle undici di sera.
《Avanti》
Una ragazza dai capelli castani entrò nella stanza.
Andy non ci mise molto a riconoscerla.
《Jennifer...》
Fu quasi un sussurro.
Con uno scatto Andy corse ad abbracciare Jennifer che era rimasta sulla porta.
All'inizio l'abbraccio non fu ricambiato...
Jennifer era convinta che Andy la odiasse per come si era rivolta a lui tre mesi prima e quell' abbraccio era così inaspettato che la lasciò abilita...non tanto quanto le parole che lui sussurrò a lei poco dopo
《Mi dispiace》
Da gli occhi di lei scesero innumerevoli lacrime, spostò le braccia intorno al collo di lui e finalmente l'abbraccio venne ricambiato.

《Scusami tu, non avrei mai dovuto trattati in quel modo...》
Andy non poteva credere a quelle parole, davvero lei non capiva?
《Stai scherzando vero? Tu volevi solo aiutarmi e io sono stato uno stupido a non capire subito le tue intenzioni e ad aggredirti》
Andy asciugó le lacrime di lei con la propria mano e la fissò negli occhi...
Poi continuò a parlare.
《Grazie, sono state le tue parole a farmi capire che ero pazzo.》
Jennifer abbracció di nuovo Andy, ma lui si staccò quasi subito.
《Ho una cosa per te》
Disse Andy allontanandosi da lei per andare verso il letto a prendere da sotto il cuscino un quaderno...il quaderno.
《Ma questo...》
《È il quaderno che mi hai regalato il giorno che ci siamo conosciuti.
Voglio che tu lo legga ma solo quando sarai da sola.》
《Lo farò...però io ora devo andare...》
《Ci vediamo domani.》
Un ultimo abbraccio, un bacio sulla guancia e Andy rimase di nuovo solo nella stanza, questa volta chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo... l'ultima notte in quel letto sarebbe stata la più bella.

*****Jennifer*****
Jennifer non vedeva l'ora di leggere ciò che Andy aveva scritto quindi senza neanche mettersi il pigiama si mise nel letto con il quaderno tra le mani e lesse.
Lesse le prime pagine e rimase scioccata nel sapere che Andy aveva dato il suo nome al quaderno, ma lo rimase ancora di più leggendo delle notti insonne, dei pianti, di tutto ciò che lui voleva dire ma non poteva per paura di essere rimesso in manicomio.
Poi lesse un titolo che la incuriosí
Giorno uno
Ciao Jennifer, oggi è stato il mio primo giorno di "terapia" così la chiama Eduard.
Essendo che adesso ho una camicia di forza non posso muovermi ed è per questo che non sono io a scrivere ma proprio "il terapista" che è stato molto felice di sapere che possedevo già un "diario segreto" ed ha insistito per scrivere qui il mio percorso...ad essere sinceri anche io ne sono felice.
Questa è la mia terapia: riportare tutto quello che succede qua sopra e non solo, devo riportare anche pensieri e sensazioni.
I miei pensieri quali sono? Non lo so neanche io.
Non distinguo cosa penso io e cosa mi fa pensare Josh, ma provo a respingerlo...
Eduard dice che devo farlo in tutti i modi possibili e dice che per farlo scomparire devo smetterla di darmi la colpa per la sua morte, ma come ho detto anche a Eduard...io non mi sento in colpa per la sua morte, non sono stato io ad ucciderlo.
La mia colpa è di non averlo salvato.
Trovo le due cose molto diverse non credi anche tu?
Domani è un nuovo giorno, un altro passo verso la vita vera, anche se non so quanti me ne mancano li farò tutti.

Ora Jennifer sapeva chi era Josh, sapeva del perché avesse il quaderno per scrivere, sapeva cosa pensava Andy.
Ma non bastava.
Jennifer leggeva le pagine di quel quaderno una ad una senza saltare neanche una parola, in modo veloce anche più di una volta

Giorno dieci
Cara Jennifer, oggi è stata la giornata più dura di tutte.
Io ero seduto sul letto e Eduard era di fronte a me seduto su di una sedia, tutto era nella norma.
Io parlavo, lui ascoltava e prendeva appunti, Josh mi insultava ...insomma tutto come i nove giorni precedenti tranne per un "minuscolo dettaglio"
Eduard aveva una pistola.
“Vuoi questa pistola?” Mi ha chiesto Eduard. Io piangevo e cercavo di liberarmi dalla camicia di forza senza risultati.
“Liberati e prendi la pistola idiota, falla finita una volta per tutte” m' istigava Josh.
“No, non voglio morire” gridavo così forte che dopo poco la gola iniziò a bruciare.
Poi in un attimo: Eduard, lo sparo, il nulla.
Ero morto.
Davvero, questa volta niente mi avrebbe salvato.
Ma uno schiaffo mi fece respirare di nuovo.
Eduard era davanti a me che mi guardava e senza perdere tempo mi chiese “cos'è successo?”
Jennifer, non ci potevo credere.
Un allucinazione era stata in grado di farmi vedere, sentire e provare tutte quelle cose.
Dopo aver raccontato a Eduard ciò che avevo visto con mia sorpresa mi levò la camicia di forza e mi disse
“Toccati nel punto dove ti ho sparato”
Io ovviamente l'ho fatto e indovina?
Niente. Neanche una piccola goccia di sangue.
Ero scioccato.
Come potevo capire qual'era la verità è qual'era la menzogna della mia mente?
Non esiste un modo vero?
Immaginavo di no...
Ma...
“Ora sicuramente non saprai cos'è vero e cosa non lo è giusto?”
Io non ho parlato, ero...forse intimorito da me stesso, da ciò che poteva fare la mia mente.
“Andy ...rispondimi”
Eduard non lasciava cadere la questione.
“Non lo só”
Eduard con un sorriso che non capisco tutt'ora mi ha detto come capirlo.
“Hai toccato il tuo collo e hai visto che non c'è sangue, guarda le mie mani... ho una pistola? Ora dimmi il dolore era vero secondo te?”
Ho riflettuto minuti lunghi... I più lunghi della mia vita sulla risposta per poi dire un sussurrato
“No”
Ma a Eduard non bastava.
“Perché no?”
“Perché Josh non è vero, tutto ciò che riguarda lui dopo la sua morte non è vero!”
Sì Jennifer, l'ho capito finalmente.
Josh è morto e per quanto mi faccia male ammetterlo è così. Josh, sono io.

Jennifer stava piangendo, non riusciva a immaginare il dolore fisico e mentale che Andy aveva dovuto affrontare da solo...si, da solo perché solo lui poteva mettere fine alla sua stessa tortura.

Giorno trenta
Cara Jennifer è passato un mese da quando sono qui, non ricevo visite.
Per ora non posso e non voglio.
Devo prima guarire perché nessuno deve soffrire a causa mia.
Ne Angel, ne tu.
Non ti ho mai detto perché scrivo questo quaderno come se scrivessi a te vero?
Eduard mi ha chiesto
“Perché hai chiamato il quaderno Jennifer? “
In quel momento non ho saputo rispondere è vero.
Ma in un attimo tutto il tempo insieme anche se è stato pochissimo mi è tornato alla mente e solo ora capisco perché scrivo a "te"
Perché tu non mi conoscevi neanche ma non ti sei fatta scrupoli anche se inconsciamente ad aiutarmi.
Tutti sapevano la mia situazione ma nessuno ha fatto niente...nessuno tranne te.
Penso che questo è il motivo per la quale ti voglio così tanto bene.
Ok, forse penserai "ma sei pazzo? Abbiamo passato due giorni insieme e già dici di volermi bene?"
E hai ragione, sono pazzo.
Ma il mio "ti voglio bene" è sincero in fin dei conti non importa la quantità del tempo quanto la qualità.

Un sorriso si allargó sul viso di Jennifer.
Anche lei gli voleva bene.

Giorno trentacinque
Jennifer, non ci crederai mai!
Non ho più la camicia di forza (momentaneamente)
Eduard mi ha dato il permesso di toglierla solo quando lui è con me.
A dirla tutta vorrei non averla la notte detto tra noi è molto fastidiosa e mi dà prurito.

Jennifer rise per queste parole, poi continuò a leggere.

La cosa pazzesca è che non avevo mai capito la libertà cos'era fino ad oggi.
Oggi che pur essendo chiuso in questo posto mi sento libero.
Ma tornando alla mia terapia.
Domani proverò un nuovo farmaco, prometto di non fingere che funziona se non funziona.
Ora mi sto arrabbiando però.
Mi spieghi tu perché Eduard legge il MIO diario segreto e ride dei miei pensieri?
Tornando seri, mi sento bene.
È come svegliarsi da un incubo.
Ho solo un problema, Josh non mi lascia stare...mi correggo; io non mi lascio stare.
Ho ancora allucinazioni e sento ancora ciò che dice.
Il farmaco servirà a smettere di avere allucinazioni e a smettere di sentire Josh.
Dovrò prenderle per sempre.
Ma va bene così, se questo mi darà la capacità di poter tornare alla mia vita mi va bene davvero.

Giorno ottanta
Due mesi è mezzo qua?
Sei sicura Jennifer?
A me sembra passato un anno.
La medicina fa l'effetto che deve fare...
Esatto Jennifer, FUNZIONA.
No, non sto scherzando.
Eduard dice che non sono guarito.
Non guariró mai.
Ma con questa nuova medicina potrò vivere una normale vita...
È una mezza vittoria no? Meglio di niente.
Non sò ancora quando potrò avere visite, ma non vedo l'ora di rivedere Angel e se tu non sei arrabbiata con me per come ti ho trattata... vorrei vedere anche te.
Ora devo andare: Eduard ha detto che domani mattina presto...prestissimo! Devo svegliarmi, se no viene a buttarmi giù dal letto.
Perché? Non lo só nemmeno io, ma so che non scherza sul venire a buttarmi giù dal letto.

Giorno novanta
Ciao Jennifer, sono quasi tre mesi che sono qui, due che ho capito che Josh non esiste e più o meno uno che prendo il nuovo medicinale.
In questi giorni ho affrontato delle prove "dure" prima Eduard mi ha portato a fare una passeggiata.
Appena uscito il sole mi ha fatto bruciare gli occhi, ma era un bruciore piacevole.
L'aria era vera e pulita e l'erba freschissima.
All'inizio avevo paura, tutto mi sembrava quasi nuovo, come quando devi assaggiare qualcosa con ingredienti che mangi spesso separati ma che non hai mangiato insieme.
Era strano, ma bello.
Poi Eduard mi ha fatto mettere davanti ad uno specchio e mi ha detto di raccontare al mio riflesso la mia storia.
Stentavo a riconoscermi, ero cambiato sia fisicamente che mentalmente.
Stasera Eduard mi ha portato in un parco.
Tutti si stavano divertendo...poi una bambina è caduta per terra.
Io allora l'ho aiutata ad alzarsi e con mia sorpresa la bambina si è girata verso Eduard che aveva una caramella per lei dopo avergliela data Eduard ha detto una frase che mi ha fatto spalancare gli occhi :”grazie per il tuo aiuto Lina”
“Di niente fratellone”
Poi la bambina si è messa a correre verso la madre che a quanto pareva era anche la madre di Eduard.
Io continuavo a guardarlo e lui?
Mi ha riso in faccia!
Ma poi... una pacca sulla spalla e un commento
“Prova superata”

Jennifer lesse la pagina e dopo con un sorriso gigante chiuse il quaderno che aveva finito di leggere e si mise a dormire.

Quiet, I am not crazyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora