5. La donna incappucciata

90 12 2
                                    

Quando ero bambino e non riuscivo a prendere sonno per incubi o per delle paure, correvo nella camera dei miei genitori e lentamente mi infilavo sotto le coperte, dalla parte di mia madre. Lei mi stringeva e mi sussurrava all'orecchio che andava tutto bene, che non dovevo avere paura di nulla, che lei era lì. Lo faceva senza aprire gli occhi, sapeva sempre quello che doveva dirmi per calmarmi e per farmi assopire.
Quella notte avevo un'estremo bisogno di tutto questo, volevo che qualcuno mi scaldasse e mi dicesse che non dovevo aver paura di quel pugnale, di Elizabeth, di chiunque avesse ucciso quell'uomo. Perché era così, la mia fobia non erano mai stati i mostri, neanche da piccolo, io avevo paura di ciò che non sapevo, dei volti sconosciuti, degli assassini.
Così quando un sasso colpì la finestra mi ritrovai ad urlare.
Sentii un colpo nella camera di mia madre e poi la sua voce ancora impastata dal sonno. - Matt? Stai bene? Hai fatto un incubo? - chiese tranquilla.
Mia mamma era sempre così calma, mi aveva sentito urlare e non aveva pensato minimamente che mi poteva essere successo qualcosa, io, al contrario, ero paranoico.
- Era solo un incubo - dissi passandomi una mano tra i capelli. - Non preoccuparti.
Mi sistemai nel letto sperando che si fosse trattato del vento ma non appena chiusi gli occhi, lo sentii di nuovo. Tac.
Mi voltai verso la finestra, la fiebile luce del lampione rischiarava la parte di stanza vicino alla porta. Decisi di restare in attesa. Tac.
Con un balzo saltai fuori dalle coperte e aprii la finestra per capire cosa producesse quel rumore. Guardai dritto nella luce del lampione e fui costetto a sbattere diverse volte gli occhi per abituarmici. Non vidi nulla e mossi la finestra per rientrare nella camera al caldo. Tac. Un sasso volò a due centimetri dalla mia testa e colpì il vetro della finestra.
- Ehi! - urlai.
Una figura incappucciata si mosse.
- Chi è là? - chiesi spaventato.
In tutta risposta la figura si mosse fino ad arrivare alla luce del lampione sotto casa. Era sicuramente una donna. Il cappuccio che la copriva faceva parte di un lungo mantello nero, che sfinava la magra figura, un ciuffo di capelli biondi fuoriusciva leggermente. La donna alzò la testa e mi fissò. Riuscii solo a notare che aveva gli occhi molto chiari perché prima che capissi di chi si trattasse, scappò via.
Rimasi a guardare la strada sperando che tornasse. Mi aveva chiamato e poi era scappata via, perché?
Chiusi la finestra dopo uno sbuffo di vento, che mi gelò il sangue. Il mio orologio segnava le 4.04 del mattino.

Soltanto il giorno dopo mi accorsi del biglietto appoggiato alla mia finestra. Quando quella donna mi aveva tirato l'ultimo sasso lo aveva fatto per farlo entrare in casa, non ci era riuscita perché avevo girato il vetro della finestra e il sasso con il foglio era caduto sul mio davanzale.
Con una finta calma aprii il biglietto e le mie mani cominciarono a tremare. Il foglio riportava una semplice, terrorizzante, frase scritta in rosso.
Matthew Williams tu hai quello che è mio.
Caddi a terra con ancora il biglietto in mano e cercai di respirare. Erano quei respiri lunghi che ti obbligavano subito a buttare fuori l'aria perché non potevi tenerne così tanta nei polmoni, e che ti facevano sentire il bisogno di prenderne subito un altro, quelli che anche avendo i polmoni pieni ti sentivi senz'aria.
Una volta che mi fui calmato corsi alla cartella e tirai fuori il pugnale. Il sangue si era seccato e la neve si era sciolta. Non potevo portarlo a scuola così lo presi e lo infilai in un cassetto che potevo chiudere a chiave. Lo fissai per un attimo e poi infilai la chiave nei miei pantaloni.

Dovevo avere una faccia da funerale quando caricai in macchina Iris perché lei mi chiese più volte se stavo bene.
Parcheggiata la macchina Iris scappò a prendere i suoi libri nell'armadietto e io mi ritrovai solo nel posteggio della scuola.
Mi incamminai verso l'ingresso e trovai Elizabeth ad aspettarmi.
- Ciao! - esclamò.
- Elizabeth - la salutai.
- Che materie hai questa mattina?
- Ho chimica, educazione fisica, un'ora buca e.. - Mi fermò.
- Alla terza ora? Anch'io ho l'ora buca! Manca il professore. Hannah non c'è ancora. Se vuoi possiamo...
- Allora ti aspetto in biblioteca. - Sorrisi.

Elizabeth Lane  [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora