13. Febbre

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Elizabeth aveva i capelli raccolti in una coda e le labbra molto rosse. Quando mi avvicinai iniziò a mordicchiarsele freneticamente e puntò il suo sguardo su di me.

Una parte del mio cervello mi chiedeva di scappare, mentre l'altra, che di certo non era la più razionale, mi urlava di rimanere.

La ragazza mi rivolse uno sguardo con il quale cercava di sapere perché ero lì ma io non aprii bocca. Rimanemmo a fissarci per un minuto intero finché lei, sfiorando il mio braccio, mi sfilò di fianco e andò via.

Non mi era mai successa una cosa simile. Avevo capito perfettamente quello che aveva da dirmi Elizabeth solo guardandola negli occhi. Sua madre stava combinando qualcosa.

Mi voltai e la vidi allontanarsi.

Lasciatomi la scuola e la mattinata alla spalle, mi rifugiai a casa. Chiusi la porta e chiamai mia madre senza però ricevere risposta.
"Non c'è" pensai, ricordando quello che mi aveva detto quella mattina. Poco dopo Trovai un post-it blu sul bancone della cucina, vicino al telefono portatile. Vi erano scritte alcune mansioni che avrebbe dovuto svolgere mia madre:

- Richiamare Michael. (fatto)

- Chiamare l'ufficio. (fatto)

- Fare la spesa.

- Ricordare a Matt che deve fare da baby-sitter a Heidi nel fine settimana.

Mi domandai chi fosse Michael, non lo conoscevo. Doveva essere un collega.

Infilai la mano nel frigorifero e ne tirai fuori una lattina di coca-cola poi, aggirandomi per la dispensa, presi un pacchetto di patatine, quindi mi sdraiai sul divano e accesi la televisione. Dopo aver cercato un programma interessante, lasciai i cartoni animati che guardavo con Heidi. Erano stupidi ma, nonostante non lo avrei mai ammesso in pubblico, mi piacevano. Per mia fortuna Heidi non amava i cartoni femminili.

Quel pomeriggio sarei dovuto andare al corso di nuoto ed ero certo che Mark mi avrebbe fatto pagare la settimana di assenza. Sbuffai. Sarei arrivato a casa senza altra voglia se non quella di dormire.

Il mio cellulare prese a suonare provocandomi un salto di spavento. Lo cercai nella tasca dei miei pantaloni e lo afferrai.

- Pronto? - dissi.

La persona dall'altro capo del telefono attaccò.

Mi accigliai e guardai se conoscevo il numero che aveva chiamato. Elizabeth.

Richiamai. - Elizabeth?

- Lasciala stare - rispose la voce di sua madre. - Lasciala. Stare - ripeté scandendo bene la parole.

- Ha chiamato lei! - esclamai d'istinto attaccandole in faccia.

In seguito, mi maledii per quello che avevo fatto.

Una profonda stanchezza mi colpì e io chiusi gli occhi. Quando li riaprii mancavano dieci minuti al corso.

Corsi per casa per prepararmi lo zaino e infilarmi il costume, altrimenti non sarei arrivato in tempo. Chuck doveva essere furioso.

Salii in macchina e la azionai, guardando i messaggi lasciati dal mio amico che mi annunciava che era andato da solo ed era arrabbiato con me.

Viaggiai sulla strada ad una velocità non proprio consentita e giunsi al parcheggio della piscina due minuti esatti prima. Gli alberi spogli si muovevano sotto la spinta del vento, vicino all'entrata. Passai vicino al cespuglio dove mi ero nascosto per ascoltare la conversazione di Chuck e Luke qualche settimana prima ed entrai nello stabile. Dopo aver rischiato di scivolare sulle scale perché avevano appena lavato, giunsi nello spogliatoio dei maschi e iniziai a sfilarmi la maglietta. Un uomo barbuto cominciò a fissarmi.

Elizabeth Lane  [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora