9. Hotel Caelum (pt. seconda)

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Il bar era molto carino. Aveva le pareti lilla e tavolini rotondi.
Una signora anziana con lo chignon bianco ci accolse con un grande sorriso e ci chiese cosa desideravamo.
La signora portò al nostro tavolino due grandi tazze di cioccolata fumante con qualche biscottino offerto da lei.
- Mi fa piacere - disse quando le feci notare che era stata molto gentile.
Dopo qualche minuto di silenzio passato a gustare la cioccolata, Elizabeth decise di parlare: - Hai ragione. È stata mia madre a farmi quel livido.
Mi scottai con il calore della bevanda.
- Non mi ha mai picchiata. Quel giorno era furiosa e non si è controllata, mi ha tirato uno schiaffo fortissimo, ma non voleva. Mi ha chiesto scusa.
- Perché era furiosa?
- Abbiamo litigato - mormorò.
- Tua madre non voleva che tu mi frequentassi, non è così? Mi ha detto di starti lontano.
- Ammetto che la discussione è iniziata da quello ma...Ti giuro che non sei stato tu a farla infuriare.
Sbuffai. - L'importante è che non si ripeta.
Elizabeth sorrise e scosse la testa. - Ne sono certa...e se anche volesse, cosa che non succederà, non potrà farlo per tutta la settimana.
- Dove vai? - chiesi curioso.
- Al Grand Canyon! - esclamò eccitata.
- Aspetta. Con la scuola? Parti lunedì e torni venerdì?
Annuì vigorosamente.
- Anch'io ci vado! - esclamai. - A Flagstaff, Hotel Cealum!
- È fantastico!
Quell'anno il mio liceo aveva deciso di far decidere ai ragazzi dove andare in gita: la scuola proponeva cinque luoghi, nei quali potevano poi andare al massimo cinquanta alunni dal secondo al quarto anno. Quelli del primo, facevano invece una gita proposta dai professori di un solo giorno.
- Allora mi tormenterai anche quella settimana? - Era quasi un invito.
- Certo che si.

Lunedì non tardò ad arrivare. Ci attendeva una lunga giornata. Sarebbero state molte ore di viaggio. La partenza era a Louisville, la città con l'aeroporto più vicino, poi avremmo fatto uno scalo a Houston dove si doveva aspettare un'ora, e infine l'arrivo era a Phoenix. Avremmo visitato un museo e poi saremmo partiti in pullman fino a Flagstaff, dove si trovava l'hotel nel quale avremmo alloggiato.
La mattina mi svegliai alle sei, con i capelli arruffati e gli occhi stanchi, quella notte non ero riuscito a dormire molto per l'emozione di vedere il Grand Canyon. Mi preparai di fretta, mangiando solo qualche uova di colazione e ricevendo più di una sgridata di mia madre che mi diceva di mangiare di più.
Quel giorno non passai a prendere Iris, ci saremmo incontrati in aeroporto. Per poco non dimenticai la valigia.
- Divertiti! - disse mia madre dopo avermi riempito di raccomandazioni per tutto il viaggio.
Scesi dalla macchina e corsi dentro.
Iris e Thomas stavano parlando in mezzo ad altri nostri compagni.
- Ehi! - li salutai.
- Sono così felice di andare a vedere il Grand Canyon! - esclamò Iris gesticolando.
Il professore di lettere passò tra di noi per contarci più di una volta. Infine si girò verso i colleghi invocando aiuto.
- Ragazzi! Facciamo l'appello! Ci metteremo un po' quindi state calmi e non muovetevi! - urlò all'improvviso un professore facendoci sobbalzare dallo spavento.
Mi misi tranquillo perché il mio cognome era quasi sempre l'ultimo.
- Brown - disse il professore.
Charles aveva smesso di dare fastidio a Iris da un po' di tempo, ma sapere che sarebbe venuto in gita con noi ci inquietò parecchio.
- Lane! - urlò all'improvviso il professore.
- Qui! - disse Thomas dopo essersi riscosso dallo scoprire che c'era Charles.
- Presente! - esclamò Elizabeth da un gruppo vicino al nostro.
Il professore si grattò il capo e ripeté il cognome d'apprima con il nome di Elizabeth e in seguito con quello del cugino, poi passò ad un altro.
Elizabeth venne trotterellando verso di noi seguita da Hannah.
- Cosa ci fai qui? - chiese Thomas.
- Ti seguo. - Sorrise.
- Ciao Thomas - salutò Hannah.
- Ciao.
Quando il professore si fu sgolato chiamando Hannah, me e Iris, andammo a fare il check-in.
Fortunatamente nessun alunno si perse per l'aeroporto e tutti salimmo sani e salvi sull'aereo qualche minuto prima della partenza.
Mi sedetti in mezzo ad Iris e Thomas. Elizabeth e Hannah si sistemarono dietro di noi.
Iris si spiaccicò contro il finestrino, subito pronta a guardare l'aereo alzarsi in volo.
Thomas invece aveva l'aria di stare per vomitare. - Perché mi sono fatto convincere? Io odio volare! Dovevo iscrivermi all'altra gita. Il Grand Canyon è un ammasso di roccie! Perché vi ho dato retta? - continuava a ripetere.
- Non siamo neanche partiti - gli dissi.
Si girò di scatto. - Lo so.
Quattro hostess passarono tra di noi e ci chiesero di legare le cinture.
Dopo qualche minuto l'aereo si alzò in volo tra le lamentele di Thomas.
Mezz'ora dopo Iris si stancò di guardare fuori e mise un film. Era una sciocca storia d'amore e alla scena del bacio Thomas si alzò per vomitare.
- Smettila di fare l'idiota - lo riprese Iris mentre lui correva nel bagno. - Non si vomita per un film d'amore.
- Penso che sia a causa del mal d'aereo - dissi io.
Thomas tornò verso di noi e un professore si fermò a chiedere se stava bene.
- Guarda che ti ho sentita. - Si sedette.
Iris spense il televisore, il film era finito.
Con un forte sobbalzo l'aereo atterrò, eravamo a Houston.
- Houston abbiamo un problema! Thomas ha contaminato tutti i bagni degli aerei - disse Iris ridendo una volta in aereoporto.
Dopo altre due ore, vedemmo finalmente Phoenix. Era una bella città, probabilmente dieci volte più grande di quella in cui vivevamo, ma ero stato spesso a Louisville e, anche se gli abitanti erano di meno, ero abituato a molte persone. Fortunatamente il tempo era soleggiato e limpido. Quando la scuola aveva deciso di partire l'ultima settimana di gennaio per risparmiare, avevamo tutti sperato che non piovesse.
Ci attendeva ancora tutto il pomeriggio perché dal Kentucky all'Arizona c'erano due ore di fuso orario, quindi i professori decisero di farci riposare un po'.
Da fuori l’Heard Museum era bellissimo. Si trattava di una struttura bianca con un portico, dietro ad un grande giardino verde. Prima dell'entrata era posta una statua degli indiani Navajo, vicino alla quale ci aspettava la guida. Era un uomo basso, sulla sessantina, con indosso un cappello di paglia.
- Benvenuti all'Heard Museum! - cominciò entrando.
A metà percorso si avvicinò a me Elizabeth. - Sei sopravvissuto al viaggio?
- Io si, tuo cugino ha vomitato un paio di volte.
- Lo so. Ho detto ad Hannah che se proprio vuole baciarlo, almeno deve aspettare domani - disse ridendo.
- Vuole baciarlo?
Lei alzò le spalle. - Spero di no, che spettacolo raccapricciante.
Risi. - In effetti.
Il professore di lettere ci riprese.
Passammo per un gradino che Elizabeth non vide, finendo per scivolare. Fortunatamente riuscii a prenderla prima che cadesse. Lei arrossì tra le mie braccia, imbarazzata.
- Che figuraccia.
- Ne ho viste peggiori.
Iris e Thomas passarono in quel momento dal gradino e lei, nello stesso modo di Elizabeth, non si accorse e cadde. Thomas non fu pronto a prenderla.
- Sei proprio cieca per non vedere un gradino simile! - esclamò lui quando la vide con la faccia a terra.
Elizabeth e io tornammo a seguire la guida.
- A proposito, dov'è Hannah? - chiesi.
- Stava parlando con una nostra compagna di classe - disse noncurante. - Sai già con chi dividerai la camera?
- Con Thomas.
- Iris è da sola? - domandò sistemandosi una ciocca di capelli biondi.
- Penso sia con quella sua amica del corso di francese.

Le ore passarono in fretta e il tour del museo finì. Quando ne uscimmo, un pullmam ci aspettava per condurci a Flagstaff.
L'hotel era un grosso edificio di sei piani con i mattoni visibili. All'interno, la hall era lussuosa, le pareti e alcuni mobili erano bianchi ma sulle prime erano presenti ghirlande azzurre. C'era una grande scala che portava ai piani superiori; l'ascensore era invece nascosto.
Alla recepcion, il signor Lyon, che era più un ragazzo che un signore, ci accolse benissimo.
- Ehi ragazzi! - esclamò.
Aveva i capelli castani e la barba che nascondeva un sorriso amichevole. Era vestito di blu e bianco, in tema con l'ambiente e il nome dell'albergo.
- Siete la scuola? - chiese.
Annuimmo tutti.
- Chi vuole le chiavi della camera? - Tirò fuori un mazzo.
Alcuni ragazzi si gettarono su di lui.
Alla fine anche io e Thomas riuscimmo a ricevere le nostre.
Iris e due amiche con cui condivideva la stanza vennero a chiederci a quale piano eravamo.
- Quarto piano, camera 412 - risposi.
- Quarto piano, camera 408 - disse Iris sorridendo.
Il professore di lettere si inserì tra noi. - Ragazzi siete al quarto? - chiese.
Annuimmo.
- Bene, anch'io sono al quarto piano con il professor Smith. Al quinto ci sono gli altri colleghi. Siamo tutti a quei due quindi non vi voglio vedere girare per gli altri, dato che non ce n'è motivo. - Sospirò e allontanandosi prese la sua valigia.
Elizabeth venne all'improvviso sventolando le sue chiavi. - Camera?
Le risposi come avevo fatto con Iris.
- Anch'io! Quarto piano, stanza 404.
Prendemmo la valigia e salimmo tutti sull'acensore. Una musichetta leggermente triste accompagnò tutta la salita.
Tlin. Le porte metallice si aprirono.
Due corridoi si allargavano davanti a noi come un piccolo labirinto azzurro. Dopo qualche passo nel vuoto trovammo le camere.
La camera mia e di Thomas era completamente azzurra. C'erano tre letti, due posti uno vicino all'altro e il terzo era in orizzontale rispetto agli altri. Il bagno era a sinistra della porta.
Mi stesi su un letto. - Questo è mio.

Angolino mio: Come promesso ecco la seconda parte del capitolo nove. Spero che vi sia piaciuta. Fatemi sapere cosa ne pensate!

Elizabeth Lane  [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora