11. Il luna park (pt. prima)

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Il giorno dopo l'escursione al Grand Canyon passò in fretta. Visitammo alcuni musei a Flagstaff e rimanemmo fuori tutto il giorno. Quando alla sera passammo di fianco ad un insegna che annunciava un luna park nella città vicina, mi avvicinai ai professori e chiesi loro il permesso di poterci andare. Il mio prof di lettere ce lo concesse subito e anche gli altri colleghi furono d'accordo, non vedevano l'ora di avere un minuto per loro.
- Thomas! - chiamai il mio amico che era qualche passo più avanti di me.
Lui si voltò.
- Sta sera si va al luna park.
Qualche ora dopo io e i miei amici ci trovavamo in una piazza piena di luci e di attrazioni. Alcuni bambini urlavano eccitati a bordo delle montagne russe, due ragazzi cercavano di vincere un premio per le loro fidanzate e una donna incinta e suo marito si tenevano per mano ridendo. Alla vista di quell'ultima scena pensai a Charlotte e mio padre. La prima volta che avevo visto quella donna lei era stesa sul divano di casa mia. Mio padre era chinato verso di lei e la stava baciando. Silenziosamente avevo risalito le scale e mi ero chiuso in camera mia, aspettando che tutto finisse. Sapevo che mio padre credeva che io fossi fuori casa, dovevo essere da un amico. Io come uno stupido avevo creduto di fargli una sorpresa, comparendo dalla mia stanza. Di certo non mi aspettavo che tornasse a casa con una donna. Una volta che Charlotte se ne fu andata, scesi di fretta le scale e uscii dalla porta principale. Bussai.
Iris mi riscosse da quei brutti ricordi e mi offrì dello zucchero filato blu.
Lo presi senza pensarci due volte.
Passeggiammo attraverso le attrazioni il tempo necessario per finire di mangiare il dolce.
Un signore barbuto si avvicinò a noi e ci sfidò a buttare giù tutti i bersagli con una sola pallina. Non potevamo certo rifiutare, così, io, Thomas e alcuni ragazzi che avevamo conosciuto quella mattina in hotel, offrimmo i nostri soldi al signore, che ci mise in mano una palla gialla ciascuno.
Cominciò un ragazzo che ricordavo vagamente si chiamasse Henry, che buttò giù due dei cinque bersagli posti uno dietro l'altro. Il signore barbuto rise e gli offrì di riprovare. Henry decise che era meglio lasciare perdere quando Frank, del suo nome ero sicuro, buttò giù un solo bersaglio. Una ragazza che si chiamava Margo, partecipò dopo aver scoperto che erano in palio due peluche da collezione che cercava da anni, riuscì a buttare giù quattro bersagli e riprovò. Con un po' di tristezza, il proprietario del gioco le regalò un peluche. A quel punto, fu il turno mio e di Thomas. Buttai giù quattro bersagli e mi voltai a guardare il mio amico.
Iris venne verso di noi. - Thomas! - esclamò. - Se vinci quel peluche - disse indicando un orsetto, - ti passo tutte le risposte della verifica di matematica.
Thomas sorrise, fece roteare il braccio e vinse l'orso.
- Prenderò una B! - urlò di gioia.
Poco dopo Elizabeth propose di andare sulle montagne russe. Frank, il forse Henry, la ragazza collezionista e altri annuirono.
Insieme ci dirigemmo verso l'attrazione mal messa. Era composta da una decina di vagoni da quattro posti ciascuno. Ci sedemmo tutti e partimmo, d'apprima andavamo piano e poi, dopo aver raggiunto una salita, ci buttammo in picchiatta nel vuoto. Il vento scompigliava i capelli alle ragazze sedute davanti a me e non riuscii a vedere nulla. Per essere un'attrazione del luna park, fu piuttosto divertente.
Passeggiammo ancora per un po' prima di entrare nella casa stregata. Era un'attrazione a forma di villa, sicuramente difficile da montare, al cui interno c'erano tre diversi percorsi da seguire. In ciascuno di essi si doveva camminare per la casa al buio e cercare di non rimanerci secchi quando qualcosa ti toccava la spalla. Il signore che ci vendette i biglietti ci avvisò che all'interno della villa ci avrebbero diviso a coppie.
Entrammo tranquillamente nella prima stanza della villa, che era illuminata. C'era un grosso lampadario al centro e due insegne indicavano di sederci per terra, vicino ad una freccia. Dopo aver fatto come ci dicevano e aver azionato la freccia, essa iniziò a ruotare e si fermò vicino a Frank. Riprese a ruotare per poi indicare un altro ragazzo. I due amici si batterono il cinque e una porta si aprì, indicando che dovevano entrare.
- Vi aspettiamo fuori, alla biglietteria - dissero prima che la porta si chiuse dietro di loro.
La seconda coppia a partire fu quella formata da Henry e Margo. Velocemente andò via metà gruppo, tra cui Hannah, Iris e Thomas.
La freccia ruotò velocemente e si fermò davanti a me. Sorrisi e attesi che mi venisse indicato con chi dovevo andare. La freccia fece per fermarsi davanti a un ragazzo ma, dopo aver incespicato un attimo, andò dritta davanti ad Elizabeth.
Presi per mano la ragazza e attesi che una porta si aprisse. La seconda.
Davanti c'era solo buio e silenzio. Dopo aver fatto un passo, la porta dietro di noi si chiuse e ci ritrovammo nell'oscurità più completa. Udimmo un urlo ed Elizabeth strinse la mia mano.
- È buio - disse.
Annuii, poi, sapendo che non poteva vedermi, lo dissi ad alta voce: - Si.
Avanzammo lentamento e sentii qualcosa toccarmi una spalla. Mi voltai e una luce rossa illuminò uno scheletro. Chiusi gli occhi, spostai la mano dello scheletro e incitai Elizabeth ad avanzare.
La ragazza urlò un paio di volte di terrore finché decise di chiudere gli occhi e farsi guidare da me.
- Scusa Matthew. Sono un peso morto. Ma non avrei mai pensato che questo posto fosse così inquitante - si scusò.
- Non fa niente - dissi.
Era strano che Elizabeth, dopo aver visto un uomo morire davanti ai suoi occhi, avesse paura di quei manichini, anche se erano piuttosto realistici.
Passammo davanti ad una bara. Iniziò ad agitarsi e si aprì davanti a noi. Il morto urlava e sentii Elizabeth aggrapparsi alla mia maglietta con forza, se non l'avessi avuta addosso mi avrebbe probabilmente graffiato.
Mi ritrovai a toccare un gradino con la punta delle scarpe.
- C'è una scala - dissi più a me stesso che ad Elizabeth.
Lei confermò.
- Aggrappati alla ringhiera perché in queste case le scale finiscono sempre per rivelarsi tranelli. Può darsi che si trasformerà in uno scivolo dopo cinque gradini.
- La ringhiera è viscida - disse la ragazza dopo averla toccata.
Posai la mano sul ferro che fungeva da corrimano e mi accorsi che Elizabeth aveva ragione. Una sostanza bagnata e viscida non permetteva che ci aggrappassimo ad essa. Sospirai nel buio e controllai se c'era qualcos'altro che potessimo usare. Non trovai nulla a parte un grosso cranio che evitai di far toccare ad Elizabeth.
Non credevo che la scala sarebbe diventata uno scivolo dopo davvero cinque gradini, ma indovinai. Il legno sopra cui stavo camminando si appiattì e si inclinò per sbalzarmi all'indietro.
Sebbene misi avanti la mani, battei comunque la testa mentre Elizabeth scivolava su di me.
- Aia! - esclamai.
- Scusa! - Si voltò e riuscii a vedere i suoi occhi verdi ad un passo dai miei. Il suo respiro era sulla mia guancia.
Si mosse di nuovo, per cercare di rialzarsi, e sentii i suoi capelli sul mio collo, i quali, invece di darmi fastidio, strisciarono sulla mia pelle facendomi provare un piacevole solletico.
- Cosa stai facendo? - chiesi.
La ragazza si scusò di nuovo mentre appoggiava una mano alla mia coscia e si tirava su.
Qualcosa di grosso strisciò sulla mia mano.
- Elizabeth, ce la fai a tirarti su? - Doveva sembrare una lamentela, ma le parole che uscirono dalla mia bocca avevano un tono dolce e preoccupato.
- Sono in piedi - rispose lei.
Il corpo passò ancora una volta vicino a me.
Mi alzai di scatto mentre Elizabeth si irrigidiva.
- Non preoccuparti è un manichino.
Un ringhio.
Quello che doveva essere un grosso cane iniziò ad abbaiare.
- È lui. - Elizabeth si lasciò sfuggire un grido. - Va-t'en!
Il cane smise di abbaiare qualche secondo, permettendo ad Elizabeth di prendere il suo cellulare e di illuminare la stanza.
L'essere che ci trovavamo davanti era simile al cane che mi aveva attaccato la settimana prima, ma più grosso e più scuro.
Cominciai a sudare, sapendo che non avevamo modo di scappare da lì. Quel mostro ci avrebbe ucciso e si sarebbe divertito con i brandelli dei nostri corpi.
- Elizabeth! - urlai. - Dobbiamo fermarlo.
- Credi che sia facile? Non mi ascolta. Lui non sa chi sono, non mi teme come il cane che abbiamo visto a casa tua.
Quel cane aveva paura di lei? Perché?
Non capivo, ero paralizzato dal terrore. In confronto a quel cane, i manichini di quella casa avrebbero potuto essere presi per far ridere dei neonati.
Il mostro ringhiò di nuovo, ancora e ancora. Aspettava il momento giusto per attaccare.
In un gesto disperato, afferrai Elizabeth per il polso e iniziai a correre. Non sapevo quanto potevamo andare lontani considerato che quel cane era anche veloce, viste le zampe che aveva. Sentii un grido provenire da sinistra e per poco non mi fermai. Era la voce di Iris, che era entrata nel percorso alla nostra destra. Possibile che avessi perso il senso dell'orientamento, che le scale non fossero state dritte o che stavamo tornando indietro? Correre al buio era davvero difficile.
Inciampai nel sarcofago di una mummia ed Elizabeth iniziò a tirarmi. - Più veloce, forza. Non voglio vederti morire a causa mia.
Allora era davvero così. Se quel cane mi avesse preso non sarebbe rimasto nulla di me, solo un ricordo.
- Non è dignitoso morire in un'attrazione del luna park. Poi tutti crederanno che sono un fifone - dissi per cercare di infondermi un po' di coraggio.
Svoltammo a destra, questa volta per davvero, e corremmo ancora qualche metro.
- Una luce! - sentii urlare Elizabeth quando le gambe mi fecero davvero male.
Non sapevo se quel cane avrebbe smesso di seguirci una volta fuori di lì, ma era giusto tentare. Uscimmo ancora correndo e non ci fermammo neanche quando una donna si parò davanti a noi per scattarci una foto.
- Nuovo record! - la sentimmo gridare eccitata, ma eravamo già lontani.
- Ragazzi! - esclamò Thomas correndo verso di noi. - Cosa state facendo?
Ci fermammo di colpo e, dopo esserci scambiati uno sguardo veloce, io ed Elizabeth ci voltammo a vedere se il cane ci seguiva. Fortunatamente, non ce n'era traccia.
Ci avvicinammo alla donna con la macchina fotografica, che ci informò che avevamo fatto un nuovo record. Nessuno era mai stato così veloce. Insistì quindi per scattarci una foto e noi accettamo. Elizabeth si mise di fianco a me e notai che il suo cuore batteva ancora a mille, le feci passare un braccio dietro le spalle e la strinsi. Il flash ci indicò che la foto era stata fatta.

Angolino mio: Ecco la prima parte dell'undicesimo capitolo. Anche qui ho diviso il capitolo per lo stesso motivo (questo era il più lungo che ho scritto in assoluto), ma probabilmente sarà l'ultima volta che capiterà. La seconda parte la pubblico tra un paio di giorni. Fatemi sapere cosa ne pensate.

Elizabeth Lane  [sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora