Era una sera di mezza estate quando mi accorsi che qualcuno mi stava seguendo. No, okay, non è vero, non era una sera di mezza estate, era più un pomeriggio piovoso di un'estate arrivata ai suoi cinque sesti di completamento. Però ero veramente seguito da qualcuno. Mi sentivo come in uno di quei thriller in cui l'individuo che vi sta pedinando potrebbe avere fondamentalmente due intenzioni: stuprarvi e derubarvi di ogni vostro avere oppure chiedervi l'ora. Io non avevo nessun avere al di fuori del mio zaino colmo di interessantissimi libri e di un Motorola scheggiato - che per chissà quale miracolo funzionava ancora - e che probabilmente aveva l'orario sballato, cosa che constatai quando lo tirai fuori. Secondo il mio cellulare dovevano essere le 23.47 di una bella serata del marzo del 1998. Ero abbastanza sicuro di essere nel 2014. Ah, dimenticavo, non avevo la benché minima intenzione di voler essere stuprato. Il mio primo rapporto sarebbe stato consenziente, l'avevo deciso il giorno in cui scoprii cosa voleva dire "stupro".
Da buon ammiratore delle serie TV poliziesche sporsi il mio cellulare verso la mia spalla destra con l'intenzione di riflettere nello schermo l'immagine di quello che c'era dietro di me. Da distratto ammiratore delle serie TV poliziesche dimenticai un piccolo dettaglio: non avevo un iPhone o un qualsiasi altro cellulare in grado di riflettere qualcosa che non fosse la mia ombra stilizzata. Mancavano pochi metri al vialetto di casa mia. Sentii l'aura del mio potenziale stalker avvicinarsi sempre di più e più si appropinquava - non ho mai usato un termine come "appropinquare", ma cercavo un sinonimo di "avvicinare" ... mi pento della mia scelta -, più cercavo di allungare il tratto di marciapiede che ci separava. Torcendo un po' il collo all'indietro riuscii a scorgere la sagoma del mio inseguitore: era una figura incappucciata e con un ombrello, perché pioveva. Anche io avevo un ombrello. Questo significava che il mio stalker era un umano. Il pericolo alieno era scampato. Di solito gli alieni sono impermeabili, no?«Ehi»
Era una voce femminile. Statisticamente, i corsi per diventare stalker sono frequentati al 78% da uomini - a volte ti appaiono degli articoli come questo sulla home di Facebook, non scherzo -. La voce mi era familiare. Non ne ero sicuro. Non volevo voltarmi a risponderle, avrebbe potuto approfittare del mio attimo di debolezza per stendermi e rivelarmi che in realtà era un umanoide proveniente dal futuro il quale voleva stuprarmi, o peggio, chiedermi l'ora.
«Ehi!»
Il tono della voce era più insistente. Notai che apparteneva ad una ragazza e non ad una donna adulta. Non credevo che una potenziale stalker/stupratrice/rapinatrice/tizia-che-chiede-che-ore-sono potesse avere un'età compresa tra i quattordici e i diciotto anni. Elaborando tutto ciò nella mia mente, decisi di risponderle formalmente.
«Hola»
Hola? HOLA?! Che saluto formale è? Avevo in pappa il cervello. Sarei stato fortunato se fosse stato un mariachi con tanto di maracas, ma era altamente improbabile.
«Ti ricordi di me?»
Certo che sì, altrimenti non ti avrei ignorato come se fossi uno dei peggiori maniaci in circolazione.
Ero appena arrivato in questa città, ma avevo già capito che la perspicacia non era di casa.
«A dire la verità no. Chi sei?»
Il mio tono era sorprendentemente controllato.
«Sono la ragazza che era seduta dietro di te a scuola. Seguiamo lo stesso corso di biologia...?»
Il suo tono interrogativo e leggermente nervoso non mi aiutava a ricordare chi fosse. Ero troppo angosciato per pensare razionalmente. In tutto ciò lei mi parlava da sopra la mia spalla destra, il che sembrava molto poco amichevole. Così iniziai a rallentare e mi sistemai al suo fianco. Finalmente riuscii a scorgere il suo viso celato dal cappuccio verde militare. La parte superiore era ancora oscurata, ma le sue labbra erano sottili e prive di rossetto, le guance lievemente scarlatte in contrasto con la pelle del mento, gelidamente pallida. Aveva una sagoma ben definita, ma non squadrata. Una sagoma che proprio non ricordavo di aver visto prima.
«Scusami, ma non riesco proprio a ricordare. Così eri seduta dietro di me? Sembra una cosa piuttosto inquietante»
Ridacchia. Una risatina non proprio elegante, un po' stridula direi. Dopo essersi ripresa da quello che alla fine pareva un lieve attacco asmatico, riprese a parlare.
«Sei simpatico! Sei nuovo, quindi?»
Pensavo che mi avrebbe chiesto come mi chiamavo. Speravo che me lo chiedesse prima che rincasassi, perché ci eravamo fermati fuori il mio vialetto.
Ora ero in grado di scorgere la parte superiore del suo volto: aveva degli splendenti occhi che vantavano una sfumatura che dal verde acqua del contorno della pupilla passava ad una tonalità tenue dell'azzurro. Aveva la fronte non troppo alta e un naso poco pronunciato, con dei capelli castani che le arrivavano alle spalle.
«Già, i miei ed io ci siamo trasferiti qui un paio di settimane fa. Sai, per lavoro»
«Figo!»
Figo? Non definirei 'figo' un trasloco che mi ha fatto quasi finire in rianimazione per la fatica. Perché chiamare una ditta specializzata quando possiamo approfittarne per demolire la massa muscolare di nostro figlio?
«Eh, già! Posso chiederti come ti chiami?»
Visto che non mi sembra che sia molto propensa ai cliché delle conversazioni, faccio io il primo passo verso la conoscenza della mia nuova amica stalker.
«Oh, sì, certo! Mi chiamo Audrey»
'E tu?'
Mi sembrava di averglielo sentito pronunciare, invece se ne stava lì un po' inebetita. Non capivo se era solo svampita o poco incline all'arte della conversazione. Decisi di rompere il silenzio imbarazzante che si era venuto a creare.
«Che bel nome!»
Sembrava una di quelle frasi che si dicono ai battesimi, ma era l'unica che mi era venuta in mente.
«Grazie!»
Ancora niente. Poco dopo il suo volto parve essere attraversato da un lampo di genio. La sua espressione passò da un placido sorriso a un sorriso un po' più intelligente. Speravo, almeno.
«Tu invece, come ti chiami?»
Non si può dire che sia sveglia. Almeno ce l'ha fatta.
«Sono Sam! Diminutivo di Samuel, sai»
Non conoscevo il motivo per cui ogni volta che mi chiedevano come mi chiamassi rispondessi sempre così. In fondo non fregava a nessuno del mio nome completo. Sam e basta.
«Anche il tuo è un gran bel nome, proprio figo!»
Oltre che acutissima, la ragazza possedeva anche una fantasia smisurata nello scegliere i termini da utilizzare durante un dialogo. Nonostante tutto, però, aveva quel non so che di amichevole che m'ispirava una simpatia innata verso di lei. Sarebbe stata la mia prima amica qui a Colton Hills, nonché mia prima amica stalker in assoluto.
Dopo qualche altro attimo di lieve imbarazzo decidemmo che ci saremmo rivisti alla prossima occasione, il che non mi dispiaceva, tutto sommato.
STAI LEGGENDO
The SAM Plan
Mystère / ThrillerSam è un ragazzo 'atipico', come a lui stesso piace definirsi. Spettatore dei continui tentativi dei genitori di nascondere i loro problemi coniugali e di una vita che non gli appartiene, custode di un segreto che ferisce e cura il suo cuore allo st...