Capitolo6

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Capitolo6









La sala era gigantesca e ben illuminata. Il brusco passaggio dall'oscurità del corridoio a quella luce così forte aveva impedito a Liam di vedere dove si trovava per qualche secondo. Ma adesso lo vedeva benissimo.
La porta che aveva aperto dava su un brevissimo corridoio, stretto tra due file di spalti. Altri spalti si ergevano poi sul lato opposto rispetto all'entrata per poi espandersi e proseguire lungo il profilo circolare della stanza. A Liam quella camera ricordava un antico teatro romano, con gli spalti in pietra e la miriade di persone che li occupava. A New York c'erano diverse copie di teatri antichi, ma in effetti nè Liam nè Louis erano mai riusciti a vederne uno dal vivo.
- Benvenuto Liam James Payne, prego prenda posto accanto a sua madre- tuonò una voce autoritaria. A Liam ricordava tanto quella degli alberi: raccapricciante, spaventosa, tagliente; ma questa stranamente gli sembrava molto più umana...
Si guardò intorno, spaventato dall'infinità di occhi puntati su di lui e notò due sedie al centro del "teatro" di pietra. Una era vuota, ma sull'altra c'era sua madre. I lunghi capelli biondi della donna sembravano oro puro, sotto l'intensa illuminazione dell'ambiente; gli occhi color cioccolato lo fissavano esausti. Le occhiaie viola risaltavano benissimo sul suo viso chiaro, e le due rughette sulla fronte erano riuscite a sfuggire all'oppressione di un trucco troppo forte. Sembrava essere invecchiata di dieci anni...
I piedi si mossero automaticamente, senza dare conto al cervello e Liam iniziò a correre verso sua madre. I suoi passi in quel momento sembravano l'unico rumore della stanza, un bassi alternarsi di tonfi che scandiva il ritmo del suo tempo. Ma Liam sapeva benissimo che non era l'unico rumore; era sicuro di aver sentito un intenso vociare appena entrato.
Arrivò da sua madre e la strinse fra le sue braccia avidamente, come un uomo alla deriva stringe un salvagente. Sentire quel tepore così familiare gli diede molta carica per spingerlo ad andare avanti. L'ansia e la paura di prima non erano scomprase, ma era come se si fossero ridimensionate, nascoste nei profondi e sconosciuti meandri della sua mente.
- Siediti Liam- sussurrò sua madre nel suo orecchio. Più che una richiesta sembrava un ordine e dal tono che aveva usato capiva di non poter rifiutare. Era lo stesso tono che usava quando era arrabbiata, ma stavolta il ragazzino sapeva bene che non era la rabbia a spingerla a parlare così. Sembrava preoccupata, troppo preoccupata...
Obbedì, sedendosi sulla scomoda sedia di legno.
Erano esattamente di fronte a un piccolo podio in pietra come gli spalti. Era occupato da un ommetto grassoccio con gli occhi neri come la pece. Pochi capelli grigio cenere sfuggivano all'oppressione di un cappello rosso sangue, simile a quelli che indossi alla cerimonia del diploma.
A entrambi i lati del podio c'erano spalti occupati da uomini e donne con lo stesso cappello, abbinato a una tunica del medesimo colore.
- Che l'udienza per Liam James Payne e sua madre Karen Payne abbia inizio.
Aveva visto giusto allora, pensò il povero ragazzo. Quello era un vero e proprio processo. Si guardò intorno, alla ricerca di Louis. In quel momento aveva più che bisogno di avere il suo migliore amico lì, al suo fianco.
- Ripercorriamo la storia dagli inizi- suggerì l'uomo, afferrando uno spesso foglio di carta. Liam non era sicuro, ma quella sembrava pergamena. Possibile che lì usassero ancora quel tipo di carta, si chiese. - Quindici anni fa, lei, Karen Payne abbandonò Inen Spirit, scegliendo la via dell'esilio. Non è così?
- Si ministro- rispose pronta mia madre. Cercava di sembrare sicura di sè, ma Liam riusciva a percepire pura paura nella sua voce.
- Esattamente due mesi dopo la fine della guerra, giusto?
Karen deglutì. I ricordi di quel periodo orribile riuscivano ancora a scuoterla, nonostante fosse passato più di un decennio.- Giusto, ministro.
- Potrebbe esporci le ragioni che l'hanno portata ad agire nel suddetto modo?- ordinò, riponendo gli occhiali a mezzaluna sul piccolo leggìo.
Liam fissò sua madre di sfuggita. Nonostante non gli piacesse per niente quella situazione, anche lui nutriva un po' di curiosità nel sentire la sua risposta. Perchè se n'era andata? Perchè non era rimasta con i suoi simili? Perchè aveva scelto di rifugiarsi nel mondo degli umani.
- Dopo la fine della guerra- iniziò sua madre, più che titubante. Si vedeva che le faceva molto male parlare di quelle cose. - Io... Ecco... Avevo paura che...- si fermò a pensare alle parole da dire. - avevo paura di restare qui.
- E per quale motivo?- la interruppe bruscamente il ministro. - Sappiamo tutti, che Inen Spirit è uno dei posti più sicuri di questo mondo.
- Non in quel periodo...
- Quindi lei sta insinuando che le nostre difese non erano e non sono abbastanza... ecco... sicure?- chiese l'ommetto, accigliato. Le sopracciglia si curvarono sopra gli occhi neri, quando si sporse per guardare la donna.
- No. Ma sappiamo tutti cosa è successo durante la guerra.
Un boato si diffuse in tutta la sala, dopo la frase di Karen. Facce di stupore, misto a paura comparvero sugli spalti del "teatro".
- La guerra- Il ministro sputò quella parola come se fosse puro veleno. - è sempre stata tenuta sotto controllo.
Mia madre stava per rispondere al ministro, ma le sue parole rimasero a galleggiare nell'aria, annebbiate da un tonfo improvviso. Liam capì immediatamente che cos'era, e si girò di scatto verso la porta insieme a tutti i presenti nella sala.
- Scusatemi tanto per il ritardo, ma la comunicazione di questa mattina è arrivata più tardi.- Un ragazzo stava camminando verso Liam e sua madre. Indossava anche lui una tuta nera aderente come Zayn, ma sulla sua non c'era alcun simbolo; i capelli ricci e scuri nascondevano un volto giovane e carino. Doveva avere più o meno la sua età, notò Liam.
- Bene, eccomi qui ministro.
L'ometto lo guardò confuso. - E tu chi saresti ragazzo?
- Sono Harry- rispose quello incrociando le mani dietro la schiena. - Harry Styles.
- E perchè sei qui?
- Sono stato chiamato, come testimone chiave.- Si giro a guardare Karen, rivolgendole un sorriso incoraggiante. - Sono io che ho letto e consegnato la richiesta di esilio della signora Payne.
- Molto bene- Il ministro si aggiustò toga e cappello. - Dia la sua testimonianza.
- Molto bene- Harry andò a mettersi vicino a Karen e Payne continuando a sorridergli per incoraggiarli. Liam non lo conosceva, ma lo stava davvero ringraziando per l'incoraggiamento. - Ecco, la mattina in cui lessi quel foglio erano passati quasi due mesi dalla fine della guerra- iniziò schiarendosi la voce. - E...
- Per favore, passi direttamente ai motivi per cui la signora qui presente ha richiesto l'esilio.- ordinò il ministro, aggiustandosi ancora una volta il cappello. Il suo tono di superiorità stava cominciando seriamente a infastidire Liam; gli ricordava quasi quello di Zayn.
- Certamente- Annuì Harry, tornando a fissare Karen. - Il motivo era la propria salvezza.
Il console annuì, mormorando qualcosa di incomprensibile. - Diceva qualcosa riguardo a un bambino?
Harry a quel punto si girò a guardare Liam, indeciso sul da farsi. - Si, cioè no...
- Signor Styles sia per favore più chiaro- sbuffò il ministro. - Nel dicumento da lei letto e consegnato all'amministrazione, erano specificate le condizioni della signora, si o no?
Harry portò gli occhi al pavimento di pietra. Non poteva mentire al consiglio, si sarebbe cacciato solo nei guai. - No.
Un boato si diffuse ancora una volta per tutta la sala, come se fosse successo qualcosa di terribile. - Dunque è vero che la signora Payne ha nascosto l'esistenza di un bambino al consiglio, si o no?
- Io ecco...- Il povero ragazzino balbettò, spaventato. - Non saprei...
- Bene, molto bene. Può andare signor Styles- lo congedò il ministro, con un veloce gesto della mano. La toga si piegò, scoprendo parte del braccio destro. Uno strano segno nero scuriva la pelle stranamente chiara dell'ometto, una sorta di falce storta terminante con uno strano segno. A Liam ricordava un po' uno dei segni che si vedono stampati sulle insegne pubblicitarie lungo le strade di Chinatown.
- L'udienza per adesso è rimandata a nuovo ordine- disse, rivolgendosi a tutti i tizi con la toga. - Per adesso accordiamo il permesso di soggiorno a Liam James Payne in quanto appartenente alla nostra comunità.- Nel "teatro" di pietra si levarono voci e parole a non finire. Liam si guardò intorno preoccupato. C'era chi lo guardava spaventato, chi gli sorrideva calorosamente, chi gli rivolgeva sguardi omicidi... E poi c'erano coloro che semplicemente tentavano di uscire dalla sala.
Liam sinceramente non sapeva come comportarsi, se alzarsi dalla sedia di legno o meno; tutti sembravano ignorare lui e sua madre. Così rimase immobile a fissare il teatro che si svuotava, a fissare i "giurati" se così poteva chiamarli, che parlottavano animatamente fra loro.
Poi un rumore metallico lo fece scattare con la testa di lato. Sua madre era in piedi a fianco a lui, con un uomo che le stringeva i polsi in un paio di manette.
- Mamma!- gridò, ma la sua voce si spense nel boato del teatro che si svuotava. Si sentiva morire. Non poteva, non potevano farlo.
- Quanto a lei signora Payne- parlò infine il console. - La terremo in custodia sorvegliata per un po' di tempo.
Liam si girò di nuovo a guardare sua madre. Le si avvicinò, ma due uomini massicci lo bloccarono. - Mamma.
- Andrà tutti bene, Liam. Stai tranquillo- gli urlò lei mentre la portavano via.
Le lacrime cominciarono a bagnare i teneri occhi del ragazzo. - Mamma. Ti prego torna qui.
- Va tutto bene Liam. Non ti allontanare da Louis.
Poi le porte si chiusero.

Louis si sedette sul divano sbuffando sonoramente. A casa di Zayn c'era un silenzio spaventoso. Liam era seduto sul divano con le gambe strette al petto e continuava a fissare il vuoto, come se avesse avuto un faccia a faccia la morte. Zayn era di fronte a lui con le braccia incrociate e un'espressione indecifrabile sul volto. Louis invece stava tentando in tutti i modi di far riprendere il suo migliore amico.
- Stai bene?- chiese per la quarta volta. Era davvero preoccupato. Non aveva mai visto Liam così, neanche quando i bulli lo avevano picchiato nei bagni della scuola. Era semplicemente sconvolto.
Liam che fino a quel momento non aveva fatto altro che guardare il vuoto, si girò a fissare i suoi occhi azzurri. A Louis in quel momento sembrava solo un cucciolo impaurito da proteggere.
- Liam rispondimi- ordinò Louis, afferrandolo per le spalle. Le sue dita si conficcarono nella spalla ossuta del suo amico, provocandogli una terribile preoccupazione. Non mangiavano da ieri. Dovevano assolutamente mettere qualcosa sotto i denti.
- Zayn- si rivolse alla loro scorta, con un tono quasi di supplica. - Potresti portare qualcosa da mangiare per me e per Liam? Non mangiamo da ieri.
Zayn alzò semplicemente le spalle, senza mostrarsi minimamente sorpreso dalle sue parole. Giusto, nell'allenamento ti addestravano anche a non mangiare per giorni, ricordò Louis. La fame era considerata una debolezza per molti givers...
Il ragazzo dagli occhi dorati scomparve per qualche secondo per poi ritornare con due sandwich col tonno e il pomodoro. Louis divorò il suo in un secondo, come se non vedesse cibo da giorni e in effetti in parte era così. Liam invece mangiò più lentamente, rimanendo in completo silenzio.
Stava per parlare, ma Zayn lo precedette. - Ok amico- Si sedette sul divano accanto a Liam, spostando velocemente il piatto ormai vuoto. - Non puoi rimanere per sempre in silenzio.
- E questo chi lo dice?- chiese Liam con tono di sfida.
Louis fece appena in tempo a trattenere una risata sentendo la domanda di Liam. Non credeva che l'arroganza di Zayn e il disprezzo che Liam provava nei suoi confronti potevano tornare utili.
- Lo dico io- disse Zayn, sistemandosi il ciuffo con la mano destra mentre con l'altra afferrò la spalla di Liam. Il mio migliore si girò immediatamente a guardare la mano del ragazzo. - Quindi adesso, alza il tuo bel culo da quel divano e vai in camera tua. Poi- continuò, fissando intensamente gli occhi nocciola del ragazzino. - preparati per bene, perchè stasera Harry da una festa ed io non ho alcuna intenzione di perdermela perchè devo fare la tua baby-sitter, ok?
Liam si accigliò, strattonando la spalla per liberarsi dalla sua presa.- E chi ti dice che io ci voglia venire?
- Te lo dico io, e mettiti qualcosa di carino, non gli stracci con cui ti sei presentato stamattina alla Corte.
Detto questo, Liam si limitò ad annuire, abbassando lo sguardo. C'era qualcosa in quel ragazzo che lo metteva in soggezione, qualcosa che lo spaventava.
- Bene. Tieniti pronto per le otto.



Spazio Autrice

Ok, non ce l'ho fatta ad aspettare. Questo capitolo fa schifo lo so, ma è un capitolo di passaggio. Presto, l'azione inizierà sul serio....
Harry è entrato in scena, anche se per poco e con un ruolo marginale. Naturalmente credo sis sia capito che tornerà nel prossimo capitolo, che sarà sicuramente più avvincente e forse avremo un piccolo scorcio sul nemico. Per favore, come al solito commentate e fatemi sapere cosa ne pensate.

Ps. Avete immaginato Harry con la tuta aderente, vero?

Baci

Alessia

Givers - DonatoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora