Il ritorno a casa

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~Just Band

Il ritorno a casa

Pov Yuki
Pensavo che Castiel fosse fragile, un ragazzo dolce, credevo indossasse una maschera, ma a quanto pare mi sbagliavo. Lui era uno stronzo, una di quelle persone che giocano con i sentimenti altrui, uno di quegli uomini che ti fanno passare le pene dell'inferno. Stava per prendersi la mia verginità e neanche lo ricordava. Voleva farmi ammettere di provare qualcosa per lui, il suo scopo sarebbe stato quello di sfottermi a vita. Si sarebbe vantato di essere riuscito a farmi cadere ai suoi piedi ed io sarei diventata una delle tante. Tutto ciò mi faceva soffrire, mi faceva sentire stupida, ingenua e debole. Avevo cercato di resistergli, di ignorare le sue provocazioni, ma alla fine avevo ceduto. Il mio cuore non aveva dato ascolto alla mente, ero pronta ad affrontare la mia prima volta, ma lui stava giocando. Quando aveva affermato che mi voleva gli credevo, anche la mattina seguente credevo alle sue parole, ma al ritorno verso casa qualcosa cambiò. Il cuore si era arreso e la mente aveva vinto a tavolino. Strani pensieri mi vagavano per la testa e la voglia di chiarire le cose con Cass andava piano piano scomparendo. La testa mi stava scoppiando, provavo un dolore insopportabile e la prima cosa che feci una volta tornata a casa fu quella di infilarmi sotto le coperte. Avevo il bisogno di dormire, scordare per un paio d'ore quello che era accaduto. Al risveglio però le cose non sembrarono migliorare, la testa continuava a far male, stavo congelando e, nonostante ciò, il mio corpo emanava una caloria impressionante. Oltre al tormento interiore ci mancava solo la febbre! Avvisai mia sorella che non avrei partecipato all'uscita di gruppo che avevamo organizzato e andai nuovamente in camera mia dove, una volta poggiata la testa sul cuscino, mi addormentai.
'Sentivo caldo, mi mancava l'aria, stavo per svenire... Con le ultime forze rimaste riuscì ad aprire gli occhi cadendo nel panico. Ero in una piccola stanza senza finestre, tutto intorno a me stava bruciando, le fiamme altissime... Tra il fumo e la mia claustrofobia non respiravo bene... Cercai di alzarmi, di dirigermi verso la porta, ma le mie gambe cedettero prima che potessi raggiungerla... Sentivo dei colpi provenire da essa, poi una figura entrare nello stanzino lottando tra le fiamme. Urlava un nome, ma non capì quale, ormai cominciavo a sentire i rumori sempre più distanti... Non capì più nulla, so solo che pronunciai un nome, stringendo a me una figura, un ragazzo con stampata in volto un'espressione di terrore, poi il nulla...'

***

Pov Cass
Attendevo con ansia l'ora dell'appuntamento, ma quando vidi in lontananza solo la stramba testa bionda di Yumi, mi detti dello stupido. Credevo si presentasse, volevo chiarire quella situazione che si stava creando tra noi, ma lei non voleva vedermi. Sentivo gli occhi pizzicare, non mi era mai capitato in pubblico e, per vergogna o umiliazione, abbassai la testa nascondendo le mie pozze grigie dietro la frangetta. "Non è venuta?" Cercavo di avere un tono fermo e deciso, ma non riuscì nel mio intento. "Eh?! Parli di Yuki? L'è venuta la febbre e non può uscire di casa." Non riuscivo a credere alle mie orecchie, la mia Yuyu stava male! "Tua sorella sta male e tu esci di casa come se nulla fosse!?" Mi stavo alterando, quell'idiota di Yumi ha lasciato la mia piccoletta da sola! "Castiel ma che ti prende?! Yuki è grande abbastanza da prendersi cura di se stessa. Se sei così preoccupato perchè non stai tu con lei, qui ci sono le chiavi." "Ti prendo in parola!" Presi al volo le chiavi e cominciai a correre verso quell'abitazione in fondo alla strada. Nella mia mente si creò l'immagine della mia bassista preferita in preda agli incubi causati dalla febbre. La vedevo soffrire, agitarsi sotto centinaia di coperte. La preoccupazione continuava ad aumentare e, con essa, la mia velocità. Arrivato davanti quella porta presi le chiavi e cominciai a provarle tutte fino a quando trovai quella giusta. Salendo i gradini, due alla volta, mi incamminai verso quella porta con l'adesivo del nome della mia piccoletta. Spalancai quel pezzo di legno e la trovai stesa nel suo letto, nel mondo dei sogni. Aveva le guance arrossate dall'alta temperatura, i capelli arruffati e le coperte in orizzontale. Un sorriso nacque sul mio volto quando la sentì pronunciare il mio nome dopo aver abbracciato le coperte. Mi avvicinai baciandole la fronte per controllare la temperatura. Scottava, avrei scommesso qualsiasi cosa che non avesse preso nulla per farla scendere, testarda com'era. "Cass? Ma che ci fai qua!" Sentì la sua dolce voce ancora impastata dal sonno. "Sono venuto a prendermi cura di te. Quell'idiota di tua sorella ti ha lasciato da sola. Adesso però è meglio misurare la temperatura, scotti e sono sicuro che non hai preso nulla per far scendere la febbre." Mi tolse di mano il termometro che avevo trovato sul comodino. "Non c'è bisogno che stai qua! Mia sorella ha ragione, sono abbastanza grande da badare a me stessa! Non ho bisogno di un babysitter. Vieni che ti accompagno alla porta." "Bip.. Bip.." Il termometro prese a suonare. "Almeno fammi vedere a quanto hai la temperatura." Le strappai l'oggetto dalle mani controllando fino a quanto era salito. "39.5! Tu sei pazza se pensi che io ti lascio sola! Hai una febbre da cavallo e può succedere la qualunque! Adesso ti rimetti a letto e ci stai fin quando non ti riprenderai." Sembravamo un padre preoccupato e una figlia capricciosa. "Sto benissimo, vieni!" Uscì dalla stanza cominciando a percorrere il corridoio, ma non riusciva a tenersi in piedi. Barcollò un paio di volte, al che la presi in braccio. "Tu, Castiel, sei sexy quando non fai lo stronzo." Un sorriso che le deformò la bocca. "Uh... grazie." L'afferrai meglio. Mi accarezzò la guancia. "Sai cosa, Cassy?" "Cosa, piccola?" Si fece seria. "In un'altra vita potrei amarti." La fissai per un istante scrutando nei suoi occhi appannati. Stava delirando, ma in quel momento non mi sembrò fuori luogo credere che fosse vero. "Io potrei amarti in questa." Lei piegò la testa e mi premette le labbra sull' angolo della bocca. Voleva baciarmi, ma aveva sbagliato mira. Si scostò e lasciò cadere la testa sulla mia spalla.

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