Chapter Three

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Harry

«Buona scuola, tesoro» mi salutò mia mamma, schioccandomi un bacio sulla guancia.

Sorrisi e «Non aspettatemi per pranzo, buona giornata» risposi, affrettandomi fuori di casa per iniziare un altro noioso giorno di scuola.

Odiavo tutto di quel posto: insegnanti, alunni, materie, ogni cosa. Volevo solo che finisse il prima possibile e, se mi fossi impegnato per altri tre mesi, avrei finalmente finito per sempre.
Iniziai a camminare verso la scuola, che distava una decina di minuti da casa mia. Quella mattina il cielo era piuttosto limpido, forse più tardi sarebbe spuntato un po' di sole. Sorrisi all'idea.
Passai vicino a una fermata quando vidi che si stava avvicinando un autobus, direzione: ospedale.
Senza pensarci due volte, salii sul mezzo e passai il mio abbonamento sulla macchinetta automatica, per poi prendere posto sull'ultimo sedile rimasto.

"Al diavolo la scuola, per una volta non si muore" pensai, mandando subito all'aria il piano dell'impegno.
Almeno così avrei fatto una sorpresa a Liam, gli avrei comprato un cappuccino e un biscotto da Starbucks e avremmo fatto colazione insieme, come tutte le volte in cui non andavo a scola.
Mi sentivo in dovere di prendermi cura di quel ragazzo, ero l'unico che potesse farlo, così passavo la metà del mio tempo in ospedale, se non anche di più. A volte mi portavo i libri, così mentre Liam leggeva o ascoltava la musica, io cercavo di studiare qualcosa, almeno gli facevo un po' di compagnia.

Non ero innamorato di Liam, per me lui era come un fratello. Ci conoscevamo da tantissimi anni ed era una delle persone più importanti della mia vita, insieme a mia mamma Anne e mia sorella Gemma. Anche loro tenevano molto a Liam e a volte venivano con me a fargli visita, ma non succedeva molto spesso: mia mamma era sempre impegnata con i suoi turni proibitivi al supermercato, mentre Gemma si batteva tra studi universitari e qualche lavoretto qua e là.
Non eravamo ricchi, mio padre ci aveva lasciati quando avevo due anni e Gemma sei, però eravamo una bella famiglia e non l'avrei cambiata per nessun' altra al mondo.

Prenotai la fermata prima di quella dell'ospedale, così sarei potuto passare da Starbucks. Comprai due cappuccini, un cookie per Liam e un muffin al cioccolato per me. Pagai, ma poi mi ricordai di Louis e pensai che sarebbe stato carino portare qualcosa anche per lui. Non avevo idea di che cosa potesse piacergli, così presi più cose e finii per spendere altre quindici sterline. Di lì in poi avrei dovuto cimentarmi in cucina e preparare qualcosa a casa o sarei finito senza soldi in poco tempo.

Uscii dalla caffetteria e in cinque minuti di cammino arrivai all'ospedale.
Leslie, la segretaria che stava al piano di Liam, era una donna di circa quarant'anni, con lunghi capelli neri e occhi scuri, coperti in parte da un paio di occhiali rossi; ormai mi conosceva e non si curava neanche più di farmi rispettare l'orario di visita, tanto non l'avrei mai fatto; mi stava simpatica.

«Harry» mi salutò gentilmente da dietro il bancone, alzando la mano verso di me e sorridendomi.

«Buongiorno» dissi, ricambiando il sorriso e avviandomi alla camera di Liam.

Entrai e «Sorpresa!» esclamai, sventolando i sacchetti di Starbucks.

Il viso di Liam si aprì in un sorriso fantastico e fui davvero felice di aver preso quell'autobus invece di andare a scuola. «Che ci fai qui?» chiese.

«Stavo andando a scuola, lo giuro» lo avvisai, facendo scivolare lo zaino dalla mia spalla a terra, così che lo vedesse, «ma poi mi è passata la corriera davanti agli occhi e non ho resistito» aggiunsi, giustificandomi.

«Spero che oggi non avessi matematica» mi ammonì Liam e io tossii colpevole.

«Ma Harry!» mi rimproverò, mettendosi in piedi.

«Mi stai dicendo che non vuoi un bel cookie?» lo sfidai, e il suo viso si addolcì.

«Ok, sei perdonato, per questa volta» disse, allungandomi la mano «adesso dammi quel biscotto»

Ridacchiai e «ho preso qualcosa anche per Louis, sai se c'è? Magari vado a chiamarlo» proposi.

«Oh, non lo so, Har, non sono ancora uscito stamattina» mi informò, indicandomi il pigiama che indossava.

«Vado a vedere se c'è» mi avviai alla porta, e Liam tossì divertito.

«Qualcuno qui è troppo interessato» disse, ammiccando verso di me.

Sentii le guance accaldarsi e «non sono interessato» lo avvertii, «semplicemente non voglio che si freddi il cappuccino» mi giustificai, sgattaiolando fuori dalla camera imbarazzato.
Lo sentii borbottare qualcosa, ma decisi di non indagare, andando alla ricerca di Louis.

Ero davvero troppo interessato? Il mio voleva solo essere un gesto gentile, il giorno prima avevo visto quel ragazzo davvero giù di morale e mi sembrava carino offrirgli qualcosa.
Che poi avesse un fisico da urlo e due occhi meravigliosi, quella era certamente un'altra storia.

Troppo impegnato a giustificare mentalmente la mia attenzione nei confronti di Louis, non mi accorsi che qualcuno camminava nella mia direzione, e forse era molto pensieroso anche lui, perché ci scontrammo e per non farlo cadere dovetti afferrarlo prontamente per un braccio.

«Ma vuoi stare attento a-» si bloccò, così alzai lo sguardo verso di lui e vidi che si trattava proprio della causa della mia distrazione.

Mollai la presa sul suo braccio e, mentre si sistemava i vestiti, «scusa, Louis» dissi «stavo cercando proprio te».




Louis

Alzai le sopracciglia e guardai il ragazzo riccio che si trovava ancora di fronte a me, troppo vicino per i miei gusti, così indietreggiai e «cercavi me?» chiesi confuso.

«Allora non sei muto, ma sei sordo» disse sarcastico «già, cercavo te» aggiunse, stringendo le labbra piene fino a ridurle ad una linea sottile e puntando i suoi occhi profondi nei miei.

«Che vuoi?» chiesi scocciato e roteai gli occhi, incrociando le braccia sul petto.

Harry corrugò la fronte e schiuse le labbra, esitando a parlare, e poi «Sono venuto da Liam e ho comprato la colazione anche per te» mi informò, «ma se ti dà così fastidio anche solo parlarmi, immagino che non accetterai» concluse. «E' stato un piacere, Louis», girò i tacchi e fece per andarsene, ma lo fermai per un braccio, sospirando. Il riccio sussultò a quel tocco, e io mollai subito la presa, come se mi fossi scottato.

«Scusami» dissi subito «Dio, sono così terribile ai primi incontri. Liam non ti ha raccontato cosa gli ho detto l'altra mattina?»

Harry si voltò. «Questo è il secondo incontro» mi corresse, guardandomi negli occhi con aria superiore, tornando ad essere l'Harry che avevo "conosciuto" qualche giorno prima.

Risi e «spero di poter rimediare accettando la tua colazione, allora» dissi sorridente.

Il volto di Harry si allargò in un sorriso e diamine, quanto era bello.
Mi pentii subito di quel pensiero, così mi avviai alla stanza numero ottantanove prima che il riccio potesse aggiungere altro.

«Chi te lo dice che siamo in camera di Liam?» lo sentii chiedere dietro di me, così mi fermai per voltarmi a guardarlo con aria interrogativa.

Harry mi dedicò una risata strafottente prima di superarmi e riprendere il percorso che stavo facendo io.

«Ti piace scherzare eh, ragazzino?» domandai, sbuffando.

«Ragazzino? Non so quanti anni hai tu, ma di certo io sembro più grande di te» rise ancora, e quella risata mi iniziava a dare sui nervi. Che cosa c'era di così divertente?

«Ho venticinque anni» sbottai. Ero sicuro che Harry fosse più piccolo di me perché beh, era palese nonostante la sua altezza, e infatti si fermò di scatto proprio a pochi passi dalla stanza di Liam, non aspettandosi la mia risposta. Io lo superai ed entrai, ridacchiando. «Buongiorno Liam» dissi, sedendomi sulla sedia accanto al suo letto.

«Ehi Louis» mi salutò e si guardò intorno. «dov'è Harry?» domandò, mettendosi a sedere.

«Penso sia rimasto fuori a fare il conto dei suoi anni» dissi, ancora ridendo.

Liam mi guardò confuso, ma non chiese niente perché in quel momento il riccio fece irruzione nella stanza e si sedette in religioso silenzio ai piedi del letto del suo amico. «Oh, eccolo»

Mi diedi una pacca sulla spalla mentalmente: ero riuscito a zittirlo, finalmente.

«Allora, mangiamo questa colazione? Si fredda il cappuccino, Harry» lo avvertì Liam, e quello prese i vari sacchetti di Starbucks.
Passò un bicchiere e un biscotto a Liam, che li afferrò avidamente, e poi si rivolse a me.

«Cosa ti piace?» mi chiese, quasi in imbarazzo. «Ho preso più cose, dato che non conosco i tuoi gusti» mi informò e per un attimo mi sembrò che con quella frase si riferisse a qualcos'altro.

Scossi la testa, scacciando quei pensieri assurdi, e «sei gentile, Harry. Che cosa c'è?» domandai.

«Cappuccino, tè o cioccolata calda e biscotto, muffin o torta allo yogurt» sorrise soddisfatto.

«Il tè è perfetto» dissi «magari con la torta allo yogurt»

Il riccio mi passò il bicchiere, che ormai era tiepido, e la scatolina con il dolce. «Grazie»

Harry annuì e tornò a sedersi dove prima. Iniziammo a mangiare e per un po' nessuno parlò.
Mi sentii leggermente in imbarazzo, ero un di più in quella camera, tra Harry e Liam che si conoscevano da una vita e io che li conoscevo da due giorni.

«Novità di Zayn?» domandò Liam, rompendo il silenzio, prima di bere un sorso del suo cappuccino.

Scossi la testa. «I medici dicono che è passato poco tempo, potrebbero volerci anche settimane prima del suo risveglio»

Harry sporse il labbro inferiore e corrucciò la fronte, mentre Liam sospirò. «Non è giusto tutto questo» disse piano.

Harry lo tirò verso di sé e quasi non fece riversare la bevanda sul letto. «Sei forte, Lee» lo rassicurò, poi rivolse lo sguardo verso di me «e lo è sicuramente anche Zayn» aggiunse. «Insomma, se va in moto è un tipo tosto, no?» domandò, cercando di smorzare la tensione nella stanza.

Accennai un sorriso è «sì, Zayn è forte» affermai, cercando di convincere soprattutto me stesso.

A primo impatto, Zayn poteva sembrare quasi un bullo, così pieno di tatuaggi, quasi sempre vestito di nero, magari con inserti in pelle, la sigaretta stretta tra i denti e quell'aria da strafottente di cui poche volte l'avevo visto spogliarsi di fronte a qualcun altro che non fossi io o la sua famiglia.
Eppure lo Zayn che conoscevo io era tutt'altro che un cattivo ragazzo: certo, gli piaceva divertirsi ed era spericolato -sennò non ci saremmo ritrovati in quella brutta situazione- ma umanamente era la persona migliore di questo mondo.
Era introverso, riservato, ma avrebbe dato anche l'anima per gli altri. Era generoso, altruista, e se qualcuno riusciva a farlo uscire dal suo guscio, diventava una persona davvero solare e divertente.
Io c'ero riuscito e cavolo, quanto ero fortunato ad averlo come amico.

«Louis, sarebbe meglio se tornassi a casa per riposarti un po'» suggerì Liam, interrompendo i miei pensieri.

Scossi la testa bruscamente. «Non posso, non ci sono neanche i genitori di Zayn, vengono oggi pomeriggio»

«Ci siamo noi. Se succede qualcosa, ti chiamo» si intromise Harry, leccandosi l'angolo della bocca per mandar via una briciola del suo muffin. «Lasciami il numero»

«Non me la sento di lasciarlo da solo» continuai, battendo il piede destro nervosamente.

«Non sarà solo, ci siamo noi. Anche ieri...» Liam si interruppe per un istante, arrossendo leggermente, e poi cambiò discorso. «Louis, hai due occhiaie pazzesche. So che ti conosco da poco, ma lo dico per te. Sono sicuro che lo vorrebbe anche Zayn, perché se tu fossi Harry vorrei lo stesso» concluse.

Sospirai, alzandomi dalla sedia. «E va bene, torno più tardi» dissi, sfilando il cellulare di Harry dalle sue mani e salvando il mio numero nella rubrica, per poi riconsegnarglielo.

«A dopo» mi salutò il riccio, sorridendo dolcemente.

«Buon riposo» aggiunse Liam, premuroso.

«Ciao ragazzi, grazie mille» dissi sorridendo, e per la seconda volta mi allontanai da quei due con un insolito senso di leggerezza e di serenità addosso.
Che strana influenza avevano Harry e Liam sulle persone?




Harry

Erano passati due giorni da quando ero stato in ospedale l'ultima volta; purtroppo l'assenza a scuola mi era costata diverse ore di studio a casa e mia mamma non mi aveva fatto uscire.

«Sono sicura che Liam capirà» mi aveva detto «recupera un po' di materie arretrate e domani torni da lui»

Sapevo che non voleva essere cattiva, infatti non si comportava mai severamente con me, nonostante a scuola non fossi un genio; alla fine, quando uscivo non andavo a perder tempo come la maggior parte dei ragazzi della mia età, ma andavo semplicemente a fare compagnia al mio migliore amico in ospedale, e questo mia mamma lo comprendeva benissimo.

«Lo so quanto vuoi bene a Liam, tesoro, però impegnati per questi pochi mesi ancora e poi potrai dedicarti di più al tuo amico» mi aveva detto infatti.

E così avvisai Liam, che ovviamente non se la prese, e mi rinchiusi in camera mia a studiare il più possibile, così che il giorno dopo sarei potuto tornare in ospedale.

Le ore di lezione quella mattina non passavano mai. Cercai di stare attento il più possibile e di prendere appunti, ma a tratti la mia mente se ne andava da quell'aula, per incontrare così gli occhi di Louis.
Non riuscivo a non pensare a quel ragazzo, a quanto fosse genuinamente bello, a come mi intrigasse: sembrava così spocchioso, eppure ci aveva fatto intravedere il suo lato insicuro e io volevo conoscerlo più a fondo.

Nascosi il mio cellulare nello zaino e iniziai a digitare un messaggio, gettando un occhio sulla tastiera e un occhio a Mrs Evans, che continuava a parlare di numeri e simboli che mai nella mia vita sarei riuscito a comprendere.

Fra mezz'ora ho finito a scuola, tu sei in ospedale? Harry x

Cercai il suo nome nella rubrica, ma non trovai nulla sotto la lettera L, così feci scorrere la lista dei contatti finché non arrivai a "Ragazzino". Mi feci scappare un risolino, che fermai prontamente prima di essere beccato dalla professoressa. Scossi la testa e cliccai su Invia, aspettando con ansia una risposta e sperando di non aver fatto una cazzata.
Presto, però, una bustina si illuminò sullo schermo del mio cellulare, così la aprii con il cuore che, irragionevolmente, mi batteva forte nel petto.

Parto ora da casa. Ti aspetto fuori scuola. Louis x

Non feci in tempo a metabolizzare quella frase che mi arrivò un altro messaggio, sempre da lui.

Ahh, che scuola frequenti? Haha x

Riuscii a bloccare una seconda risata prima di rispondere in fretta a Louis, scrivendogli la via della mia scuola, e riposi il cellulare nella tasca.

Se prima quella mattinata non passava mai, gli ultimi venti minuti furono i venti minuti più lunghi della storia. O quanto meno della storia di Harry Styles.
Battevo freneticamente i piedi a terra, cercando di non farmi sentire e ignorando le occhiatacce del mio compagno di banco, Jason.
Non riuscivo a non pensare al suono che avrebbe avuto quell" 'haha' se Louis fosse stato accanto a me. Avevo sentito una sola volta la sua risata, qualche giorno prima ai giardini dell'ospedale, ma mi era bastata per farmela adorare.

Quando finalmente la campanella suonò, buttai il materiale a caso nello zaino e mi precipitai fuori dalla scuola.
Scossi la testa per sistemarmi i lunghi ricci ribelli, presi un bel respiro e oltrepassai il cancello, guardandomi intorno alla ricerca di Louis.
C'erano tantissime macchine e troppi studenti che camminavano in tutte le direzioni, ma quando stavo per chiamarlo, lo vidi da lontano.
Era appoggiato alla sua auto grigio scuro, le braccia incrociate sul petto, un cappellino grigio di lana e gli occhi, coperti da un paio di Ray-ban, che mi cercavano tra la folla. Indossava una t-shirt bianca, un paio di skinny neri e le Vans: era stupendo.
Mi incamminai verso di lui e quando mi vide sollevò la mano per salutarmi.

«Ehi» dissi timidamente.

«Ciao Harry» entrò in macchina, così entrai anche io e «tutto bene a scuola?» mi domandò, mettendo in moto e partendo.

Scrollai le spalle, appoggiandomi lo zaino sulle gambe. «Il tempo non passava più»

«Già, succedeva anche a me quando ero piccolo e andavo ancora alle superiori» rise.

Alzai gli occhi al cielo. «La finirai mai di prendermi in giro su questo argomento? Sembro comunque più grande di te»

«L'apparenza inganna» fece quello, regalandomi un piccolo sorriso prima di puntare di nuovo gli occhi sulla strada.

Sbuffai. «Tu che fai? Lavori?»

«Sì, sono un architetto. Mi sono laureato l'anno scorso»

«Ecco spiegata l'aria altezzosa» lo presi in giro. «Insolito, però, un architetto con le Vans»

«Quando lavoro mi vesto elegante» mi fece l'occhiolino e parcheggiò di fronte all'ospedale.

«Deve starti divinamente lo smoking» mi feci scappare. Arrossii bruscamente e mi precipitai fuori dall'auto.
Come potevo aver detto davvero una cosa del genere? Non riuscivo a credere alle mie parole. Dio, quanto ero stupido?

«Grazie del passaggio. Ci vediamo» lo liquidai in fretta, troppo imbarazzato per guardarlo negli occhi, e così mi avviai verso l'edificio.

«Aspettami!» quasi urlò, ridendo, per poi raggiungermi ed entrare insieme a me.
I pochi secondi in ascensore li passammo in silenzio, io con lo sguardo a terra e lui probabilmente a guardarmi insistentemente, perché sentivo la pelle bruciare in ogni parte del mio corpo. Proprio come la prima volta in ascensore, ma con i ruoli invertiti: adesso ero io quello a incendiarsi sotto ai suoi occhi.

«Grazie a te della compagnia, comunque» mi disse infine, in un sorriso, quando arrivammo al corridoio della stanza di Liam. «Ci vediamo dopo» aggiunse, prima di voltarsi e andarsene via, lasciandomi a bocca aperta, senza neanche darmi il tempo di rispondergli.






CIAO!

Ciao a tutti! Avrei voluto aggiornare ieri, ma poi me ne sono dimenticata, chiedo perdono ahaha
Allora, so che in questo capitolo ci sono due pov di Harry, ma che ne pensate? Voi larry shippers siete contente? Abbiamo una piccola evoluzione tra i nostri larry :)
Invece gli ziam, per ora, sono moooolto indietro, ma vi prometto che nel prossimo capitolo ci sarà una sorpresa: quindi, STAY TUNED!

Ringrazio chi recensisce e chi mette questa storia tra le seguite/preferite e ringrazio anche tutti i lettori silenziosi: siete importanti per me!

Vi invito a farmi sapere, se vi va, le vostre opinioni e i vostri pensieri sul capitolo o sulla storia in generale, in un commento, su twitter o su efp (sono sempre @hearmepayne)

Un bacio enorme e alla prossima settimana,
Greta :)

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