Liam - Tre mesi dopo
«Tesoro, svegliati» sussurrò una voce calda e premurosa.
Mi mossi sul mio letto, mentre una mano morbida e liscia mi regalava una carezza delicata sul viso.
Aprii gli occhi, strizzandoli, e mi ritrovai davanti il volto di Maria.
Sorrisi involontariamente. «Buongiorno, Mary»
«Buongiorno, bambino mio»
Avevo quasi venti anni, ormai, e lei continuava ancora a chiamarmi bambino, proprio come quando ne avevo dodici, ma la cosa in qualche modo mi piaceva, mi faceva sentire amato.
Allungai il braccio verso di lei, pronto per le analisi, ma Maria mi strinse la mano e scosse la testa, sorridente. «Oggi niente analisi»
«Perché?» domandai, perplesso.
«Ordini dall'alto» scherzò Maria.
«Come mai sei qui? C'è poco lavoro oggi?»
«Sono qui perché voglio fare una passeggiata con te nei giardini, è una giornata molto bella. Ti va?»
«Volentieri» acconsentii, «dammi solo qualche minuto per vestirmi»
Maria annuì e io mi alzai dal letto. Feci per sistemare le coperte, ma «faccio io, non preoccuparti» disse, fermandomi.
La ringraziai con un sorriso e andai in bagno. Mi lavai alla svelta e infilai un paio di jeans chiari e una semplice maglietta bianca a maniche corte, probabilmente il sole era caldo.
Guardai l'orario sul mio cellulare: erano le dieci del mattino.
Pensai alle analisi mancate, pensai al fatto che Maria mi avesse svegliato solo per una passeggiata -cosa che facevamo davvero poche volte- e mi sembrava tutto troppo strano.
I miei pensieri corsero agli esami che avevo fatto qualche giorno prima e mi si gelò il sangue nelle vene. Forse stavo male un'altra volta e Maria voleva prepararmi psicologicamente alle brutte notizie che poco dopo mi avrebbe dato la Turner.
O forse Maria aveva bisogno di stare un po' con me, dato che ultimamente la vedevo molto poco perché Zayn passava all'ospedale la maggior parte del suo tempo. Era sicuramente così.
Scossi la testa e presi un bel respiro, cercando di convincermi che andava tutto bene, così uscii dal bagno.
«Sono pronto, andiamo»
Maria mi guardò e mi sorrise dolcemente, come penso che farebbe una madre di fronte al proprio figlio, e poi uscì dalla stanza subito dopo di me.
Era davvero una giornata meravigliosa e il sole era proprio caldo come avevo immaginato.
Le foglie delle piante erano arancioni e i colori dell'autunno mi avvolsero in un abbraccio felice.
Adoravo l'autunno proprio come adoravo la primavera, per lo stesso motivo: i colori. In primavera gli alberi e le piante erano pieni di fiori dal bianco al rosa all'azzurro, mentre in autunno le foglie assumevano ogni sfumatura del tramonto.
Tutto era più allegro nei giardini, soprattutto se paragonato ai tristi colori dell'interno dell'ospedale.
«Non hai freddo in maniche corte?» mi chiese Maria, preoccupata per me come sempre.
«Stai tranquilla, sto benissimo» la rassicurai.
«Andiamo a prendere qualcosa al bar e poi veniamo a sederci su una di queste panchine al sole?» propose, e io annuii. Infatti il mio stomaco, brontolando, decise che quella era un'ottima idea.
Così entrammo al bar e Maria insistette per pagarmi il caffè e la brioche che avevo scelto. La ringraziai scoccandole un bacio sulla guancia, poi prendemmo la nostra colazione e tornammo fuori, accomodandoci su una panchina.
«Stamattina il tuo bello non viene?» domandò, dando un morso alla sua pasta.
Scossi la testa. «Viene verso sera, la sua sorella più piccola ha la febbre e deve rimanere con lei»
«Allora ho scelto la giornata giusta per venire da te»
«Certo, ma sai che puoi venire quando vuoi, vero? Anche se c'è Zayn»
«Lo so, sei un ragazzo d'oro, ma non voglio portarti via da lui, già non vi vedete troppo»
Zayn veniva ogni giorno da quando l'avevano dimesso e rimaneva in ospedale per tutto il tempo che poteva ma sapevo benissimo a cosa Maria si riferiva. Lei avrebbe tanto voluto che potessi stare con il mio ragazzo come ogni persona normale, che potessimo uscire insieme e andare a divertirci, che potessimo stare a casa nostra e dormire nello stesso letto. Lo avrei tanto voluto anche io, ma non era possibile.
«E' un bravissimo ragazzo ed è anche molto bello. Sono contenta per te, sai?» disse poi.
«Lo so, Maria» sorrisi. «Sei come una mamma per me» aggiunsi teneramente.
Non era la prima volta che pensavo quella cosa, ma era la prima volta che gliela dicevo e l'emozione sul suo viso fu evidente. Appoggiò il suo caffè accanto a lei e mi prese tra le sue braccia. Mi accarezzò i capelli mentre annusavo il suo profumo.
«E tu sei come un figlio per me» sussurrò, poi sciolse la presa per asciugarsi un paio di lacrime che le stavano scappando.
La vidi guardare altrove, come se volesse nascondersi, mentre i suoi occhi continuavano ad inumidirsi.
«Ehi, va tutto bene?» domandai preoccupato, appoggiandole una mano sulla spalla.
Ripensai a ciò che prima mi aveva invaso la mente e di nuovo la paura si impossessò di me. Non volevo un altro cancro, non volevo un'altra chemio.
«Sì, tesoro» annuì Maria, sorridendo e prendendomi una mano per baciarla. «Scusami, mi sono emozionata»
Sorrisi e cercai di cacciare ancora quel pensiero orrendo, ma restai nervoso.
Finimmo in silenzio la colazione, poi Maria si alzò a buttare le carte. «Rientriamo? Il lavoro mi chiama» disse, sospirando.
Mi tirai su e mi scrollai i pantaloni, poi le passai un braccio dietro al collo, stampandole un altro bacio sulla guancia, e tornammo dentro.
«Ti accompagno fino in camera e poi ti saluto» mi informò, così prendemmo l'ascensore e dopo qualche passo fummo davanti alla mia stanza.
«Hai chiuso tu la porta prima?» domandai. Di solito, se dentro non c'era nessuno, le porte rimanevano aperte.
«Mi sarò confusa» fece Maria.
Scrollai le spalle e la aprii, entrando e rimanendo a bocca aperta. La mia stanza non era più triste e grigia, adesso un'esplosione di colori la riempiva in ogni sua parte. C'erano palloncini variopinti che svolazzavano sul pavimento, festoni appesi alle pareti e tanti volti familiari che mi sorridevano.
Da quella massa di persone si fece avanti Zayn, stretto in un paio di pantaloni neri abbinati ad un maglione grigio. Avanzò verso di me, sorridendomi con la lingua tra i denti, e io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e a non pensare a quanto fosse esageratamente bello, nonostante le persone intorno a me, nonostante non conoscessi il motivo di tutto ciò che stava accadendo.
«Che succede?» riuscii a chiedere non appena mi fu così vicino da stringermi i fianchi e sollevare il viso per guardarmi negli occhi.
«Oggi torni a casa, amore» sussurrò, così che nessuno potesse sentirlo.
«A casa? Perché? Io non ho una casa» dissi, confuso.
«No, tu non hai una cosa» ripeté Zayn, «noi abbiamo una casa, a partire da oggi»
Mi accigliai, ancora non mi era chiaro ciò che Zayn stava cercando di dirmi. Schiusi le labbra per parlare, ma non trovai nessuna parola.
Zayn rise e scrollò la testa, arreso. «Sei guarito, Liam. Questo non è più il posto per te» mi spiegò infine, con gli occhi lucidi. «Quindi, vuoi rimanere a vuoto in questo ospedale o vuoi venire a vivere con me?»
Lo osservai incredulo, poi alzai lo sguardo verso le persone intorno a noi, che continuavano a guardarmi sorridendo, e mi soffermai sul volto della Turner, in cerca di una conferma.
Forse avevo sentito male, forse Zayn si stava sbagliando.
Ma la Turner annuì e mi fece un occhiolino e fu in quel momento che capii. Era tutto vero, stava accadendo. Dopo quasi dieci anni.
Senza che me ne accorgessi, alcune lacrime avevano cominciato a rigarmi le guance e il cuore mi martellava nel petto, così presi il viso di Zayn tra le mie grandi mani e lo baciai con trasporto, assaporando il gusto della felicità sulle nostre labbra.
Ridemmo e ci baciammo senza interruzione, mentre le persone intorno a noi si erano avvicinate e ci stavano abbracciando, applaudendo e urlando qualche frase allegra e commossa.
Strinsi il mio ragazzo tra le braccia e mi guardai intorno, godendomi i volti gioiosi delle persone che mi volevano bene. C'erano alcuni pazienti dell'ospedale, c'erano molti dottori e infermieri più o meno conosciuti, c'erano Niall, Louis, Harry e la sua famiglia. C'erano tutti, perfino i genitori e le sorelle di Zayn, e non appena li notai, arrossii, mentre stringevo ancora Zayn tra le mie braccia.
«Gliel'hai detto» sussurrai al suo orecchio.
Zayn annuì e sorrise, per poi posarmi un bacio dolce sulle labbra.
«Torno subito» sussurrò, per poi lasciarmi e allontanarsi da me. Non passarono neanche due secondi che due braccia mi avvolsero da dietro e dei ricci morbidi mi solleticarono il collo e la guancia.
«Harry!» lo salutai, rigirandomi nella sua presa per guardarlo in viso. Aveva gli occhi rossi e lucidi e un sorriso enorme stampato sulla faccia.
Mi guardò negli occhi, mordendosi le labbra, poi affondò il volto nell'incavo del mio collo e lo sentii singhiozzare.
«So-sono così co-contento per te, Lee!» balbettò tra i singhiozzi, e io lo strinsi ancora più forte a me.
Altre braccia ci circondarono; vidi il viso emozionato di Louis e sentii di nuovo il profumo di Zayn.
In quell'abbraccio di gruppo percepivo l'amore. L'amore tra Harry e Louis, l'amore tra me e Zayn, ma soprattutto l'amore tra quattro amici che insieme ne hanno passate tante e che, sempre e solo insieme, sono riusciti a superarle tutte. Eravamo forti, noi quattro, stretti l'uno all'altro e con le guance bagnate. Quelle erano lacrime piene di ogni dolore che avevamo affrontato e della felicità che, finalmente, era entrata nelle nostre vite.
Dopo dieci anni di malattie, di dolori e di pareti grigie, sarei tornato a casa e l'avrei condivisa con l'uomo che amavo, con l'uomo che, salvandomi, aveva salvato anche sé stesso.
Alzai il viso e incontrai gli occhi liquidi di Zayn.
Erano dorati, e in quell'oro io vedevo ogni colore.
Lui non era più un foglio bianco, stava riscrivendo la sua vita e stava pitturando la mia.
Io non ero più una tela sbiadita, Zayn mi stava colorando proprio mentre colorava anche sé stesso.
Eravamo un quadro perfetto. Io e lui. Insieme.
CIAO!
Ebbene sì, questa storia è giunta al termine.
Ho pubblicato il primo capitolo più di tre mesi fa, ho iniziato a scriverla a luglio e ho finito qualche minuto fa.
Mai avrei pensato che la avreste apprezzata così tanto e non avete idea di quanto questo mi renda felice. Io so benissimo di non essere il massimo a scrivere, ma so anche l'impegno che ci metto, la passione e la voglia di migliorare. E se sono migliorata almeno un po', o se migliorerò in futuro, è solo grazie a voi, che mi avete dato la forza di continuare a scrivere con ogni recensione, ogni stellina, ogni commento, ogni messaggio privato ma anche ogni singola e silenziosa visualizzazione.
Siete la mia felicità.
Da quando ho iniziato a scrivere questa fan fiction, sono sempre stata indecisa tra due finali diversi, e, se devo essere sincera, non avevo optato per l'happy ending e Liam sarebbe dovuto morire.
Se questa storia finisce bene è solo grazie a una mia cara amica, che mi ha levato l'anima pregandomi di non far morire nessuno. Mari, come avrei potuto farti questo? Sei contenta adesso? Ti dedico il finale <3
Niente, spero che abbiate apprezzato l'epilogo quanto avete apprezzato ogni capitolo e di non avervi delusi.
Fatemi sapere ogni vostra opinione, positiva o negativa, e risponderò ad ognuno di voi. (efp, twitter, wattpad: @hearmepayne)
Un ultimo immenso infinito abbraccio. Mi mancherete, ma tornerò presto. Aspettatemi!
Vi voglio davvero bene!
Greta
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Memories Left
Teen FictionDicono che siamo fatti di ricordi e che questi ci tengono in vita, ma cosa diventiamo quando ne veniamo privati? E cosa succede quando veniamo riempiti di nuovi ricordi e impariamo a vivere per la seconda volta? Ziam | Larry | Bromances: Zouis/Lirr...