Chapter Seven

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Liam

La luce del sole che penetrava dalla finestra invadendo la mia stanza mi fece svegliare. Dopo il prelievo delle sei, che quella mattina, fortunatamente, mi aveva fatto Niall, mi ero addormentato di nuovo, scivolando in un sonno profondo e tranquillo, almeno finché quel raggio caldo non mi sfiorò il viso sottraendomi dal mondo dei sogni.

Guardai il cellulare accanto a me, erano le otto e notai che era domenica. In quell'ospedale perdevo sempre il conto dei giorni che passavano, tanto erano monotoni, sempre uguali.
Ma il fatto che quel giorno ci fosse il sole, evento molto raro, e che fosse domenica mi mise subito di buon umore.
Infatti di lì a poco sarebbe arrivato Harry con la colazione, come tutte le settimane, così mi alzai e andai in bagno a darmi una rinfrescata.
L'acqua fredda sul viso mi svegliò del tutto, poi decisi di indossare un paio di jeans invece della tuta perché sì, ogni tanto mi concedevo di essere meno malato del solito. E poi, non ero più malato, no? Almeno per ora.
Infilai un maglioncino leggero color salmone, ma non riuscii a rinunciare alla comodità delle ciabatte, così non indossai le scarpe ma rimasi con le mie infradito bianche.

Mi guardai allo specchio e immaginai di avere i capelli; mi passai una mano sul capo calvo -se avessi avuto un bel ciuffo, quella mattina avrei curato anche quello con un po' di gel- e sospirai, sperando che, adesso che avevo finito il ciclo di chemio, sarebbero ricresciuti in fretta, prima di doverli rasare ancora per affrontare un'altra terapia. Era sempre così.

Uscii dal bagno quando sentii dei passi nella camera e la voce di Harry chiamarmi.

«Buongiorno, Har» lo salutai con un sorriso.

«Giorno Lee, ho portato la colazione» mi disse, appoggiando le bevande calde sul tavolino di fronte al letto e soffiandosi le mani perché scottavano. Poi ai bicchieri ancora fumanti si unì anche un sacchetto di quelli della spesa e pensai che stavolta avesse portato qualcosa di fatto in casa.

«Lo sapevo» lo informai, ridacchiando, e andai a sedermi sul letto, lasciando le gambe penzolare giù dal materasso. «Non dovresti svegliarti così presto per me, nell'unico giorno in cui potresti dormire di più»

«Dormire è una perdita di tempo» disse, mentre tirava fuori un cartoccio dal sacchetto.
Iniziò a spacchettarlo e ne tirò fuori una torta già porzionata.

«Che profumino invitante» constatai, annusando l'aria ad occhi chiusi.

«L'ha preparata mia mamma stamattina, è ancora tiepida» mi disse, allungandomene una fetta sul tovagliolo.

«Ringrazia Anne da parte mia» sorrisi e diedi un morso a quella che sembrava una vera e propria delizia, e le alte aspettative non mi delusero affatto. Anche Harry pareva della mia stessa opinione, perché mentre masticava annuiva concentrato sul dolce nella sua bocca, emettendo strani versi.

Mi allungai e afferrai un bicchiere pieno di cappuccino, poi invitai Harry a sedersi accanto a me.

«Lee, oggi non posso rimanere, ti dispiace?» mi domandò, pulendosi le labbra con un fazzolettino.

Scossi la testa e «no, figurati» lo rassicurai, «sono contento tu faccia qualcosa di diverso»

«In realtà devo studiare» mi informò, stringendosi nelle spalle. «Domani ho un test di Matematica»

«Oh, mi dispiace per te, allora» dissi in una smorfia, e Harry scoppiò a ridere.

«E' buffo come trovi drammatica la mia situazione» farfugliò tra le risate, «E' davvero così drammatica?» domandò poi, tornato serio.

Gli appoggiai una mano sulla coscia e sospirai. «Cerca di non arrenderti al primo tentativo fallito di capirci qualcosa»

«Mmh, in realtà ho trovato una persona che mi aiuterà a studiare...» mi informò, rimanendo sul vago.

Lo guardai accigliato e «Ahh sì? E chi sarebbe?» domandai, incuriosito.

Il volto di Harry si illuminò in un sorriso immenso. «Louis»

Strabuzzai gli occhi e «questa non me l'aspettavo» dissi, sorpreso. «Farà bene a entrambi, credo»

«Lo spero. A me farà bene sicuramente» e il sorriso non accennava a scomparirgli dalle labbra.

«Ti piace?» domandai di getto, dopo qualche secondo di silenzio.

«La Matematica? Certo che no, Liam!»

Risi. «Non la Matematica, idiota. Intendo Louis, ti piace?»

Harry abbassò repentinamente lo sguardo a terra e si morse nervoso il labbro inferiore.
Appoggiai l'indice sotto al suo mento per sollevargli leggermente il viso e i suoi occhi liquidi incontrarono di nuovo i miei.

«Sì» annuì in un sussurro, piegando lievemente gli angoli della bocca all'insù.

Sorrisi teneramente e «Allora va', poi mi racconti tutto» gli dissi.

Harry mi scoccò un bacio sulla guancia e uscì pimpante dalla mia camera. «Buona fortuna!» gli urlai, per farmi sentire dal corridoio.

Scossi la testa sorridendo e presi un'altra fetta di quella torta buonissima.
Ero felice per Harry, perché probabilmente non sarebbe stato bocciato e perché era cotto di Louis, ed ero felice per Louis perché probabilmente era cotto di Harry e perché si sarebbe distratto dai suoi problemi con Zayn.

Zayn. Erano passati cinque giorni dal suo risveglio e per quattro ero andato a trovarlo. Il quinto giorno era la domenica corrente.
Erano state per lo più visite brevi, in cui avevamo chiacchierato del più e del meno, tranquillamente. Non avevamo mai toccato l'argomento Louis dopo quella volta in cui mi aveva detto che per ora non si sentiva pronto a vederlo.

«Sai, non vorrei ferire lui e non vorrei crollare psicologicamente per quest'amnesia bastarda. Devo combatterla, Liam, ma è ancora presto e forse Louis potrebbe fermi arrendere» mi aveva detto con voce sicura, ma i suoi occhi lucidi lo avevano tradito, e così da quel momento evitai di parlare di Louis per non destabilizzarlo.

Avevo scoperto che Zayn era una persona riservata -sebbene non avesse molto da riservare date le circostanze-, forse era un po' timido, ma gli bastava qualche minuto per sciogliere il ghiaccio e diventava un ragazzo davvero solare e simpatico, pieno di forza e di energia.

Ne avevo parlato con Louis e mi aveva detto che anche con lui si comportava così, prima dell'incidente, ma era strano che lo facesse con qualcuno conosciuto da così poco tempo: di solito impiegava un bel po' ad aprirsi alle persone, mostrando il proprio vero carattere.
Mi domandai se quell'attitudine a disvelarsi di fronte alle persone fosse tipica del nuovo Zayn o se fosse semplicemente un'attitudine a disvelarsi di fronte a me, e, forse egoisticamente, mi piacque pensare che la risposta esatta fosse la seconda.

Sorrisi involontariamente, poi mi alzai dal letto e scossi il corpo per far scivolare via le briciole e i pensieri.
Andai a lavarmi le mani e fissai nuovamente lo specchio, e così, guardandomi negli occhi, decisi che avrei impiegato quell'allegra e soleggiata domenica mattina andando a fare visita a Zayn.




Louis

Quella mattina mi ero svegliato di buon umore, per quanto un venticinquenne che ha un migliore amico che non si ricorderà mai più di lui possa essere di buon umore.
Forse per i raggi del sole che invadevano la stanza, illuminandola completamente attraverso le grandi vetrate, o forse perché di lì a poco sarebbe arrivato Harry per studiare matematica con me, ma sì, quella mattina, al mio risveglio, riuscii a sentire qualcosa che si avvicinava vagamente alla felicità.

Ero tornato a casa mia da pochi giorni, dopo aver quasi discusso con mia madre, che... faceva troppo la madre e pretendeva di tenermi sotto controllo ventiquattro ore al giorno, perennemente in ansia, temendo probabilmente che mi gettassi tra le braccia dell'alcool o chissà che altro a causa della depressione.
Non ero depresso. Ero solo un venticinquenne che ha un migliore amico che non si ricorderà mai più di lui. Che cosa ci si poteva aspettare da qualcuno nella mia situazione?

Mi stiracchiai mugolando e balzai su dal letto, avvertendo un brivido di freddo lungo la schiena nuda quando mi liberai dal piumino bianco. Scossi le lenzuola e sistemai il letto, poi ordinai di nuovo la stanza per l'ennesima volta dal pomeriggio precedente. In realtà, non ero molto disordinato, anzi, eppure in qualche modo volevo fare bella figura con Harry, così cercai di posizionare ogni oggetto nel migliore dei modi possibili. Sarei potuto sembrare un ossessionato, un maniaco dell'ordine, "ma forse sei solo ossessionato da Harry", pensai, e subito scossi la testa per scacciare quel terribile pensiero. Io ossessionato da Harry? Mmh, non ero il tipo.

Quando terminai di ordinare la stanza ordinata, mi recai nel bagno per lavarmi e vestirmi. Decisi di indossare un paio di jeans scuri e una felpa verde, con le mie immancabili Vans, nere quella mattina.

Erano quasi le dieci e riuscii a malapena a pettinarmi i capelli prima che suonasse il campanello.
Doveva essere per forza Harry, così corsi di sotto e gli aprii il cancello e la porta, aspettandolo sull'uscio.
Lo vidi attraversare il giardino, con i suoi skinny neri, una camicia rossa e larga e gli stivaletti beige. Mi sorrise non appena mi fu vicino, mostrandomi fiero un sacchetto di Starbucks, che mi fece ripensare a poche settimane prima in ospedale, quando l'avevo appena conosciuto.

«Buongiorno » lo salutai, ricambiando il sorriso e facendolo entrare in casa.

Harry si guardò intorno lentamente, facendo appoggiare lo sguardo sui vari punti dell'ampio salone/cucina. «Wow» disse soltanto, con la bocca schiusa e troppo rossa perché riuscissi a pensare ad altro se non a farla mia.

«E' bellissimo qui» continuò, guardando verso di me.

«Grazie» sorrisi e lui si avvicinò, porgendomi il sacchetto. Lo presi e stavo per andare verso la cucina quando il riccio mi stampò un leggero e inaspettato bacio sulla guancia. «Buongiorno, Louis»

Mi morsi il labbro, accennando un piccolo sorriso, e mi dileguai verso l'isola della cucina prima che Harry potesse notare il mio rossore.
Svuotai il sacchetto e appoggiai le bevande calde e i dolci sul ripiano, mentre cercavo di stabilizzare il respiro.
Il pensiero di quelle labbra piene e rosse sulla pelle non mi aiutava affatto.

Mi sedetti su uno sgabello in pelle bianca. «Harry, vieni pure a sederti» lo invitai, tossicchiando.
Il riccio prese posto accanto a me e afferrò uno dei due bicchieri e il muffin al cioccolato, lasciandomi così il tè e la torta allo yogurt. Mi sorprese che lo ricordasse ancora.

«Non dovevi» dissi, staccando un pezzo di dolce.

«Preferivi il muffin? Tieni, per me non ci sono problemi» si scusò, porgendomelo subito.

Scoppiai a ridere. «Non mi piace tanto il cioccolato» lo informai, «intendevo la colazione. Non c'era bisogno che tu la portassi»

«Ti ricrederai quando ti farò dannare con la Matematica» disse, ridendo. «Come puoi non amare il cioccolato?»

Mi strinsi nelle spalle. «Non so, non mi fa impazzire»

Harry annuì e mangiò il suo muffin, mentre io mi godevo la torta. Sorseggiammo in silenzio le nostre bevande e ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano, facendoci sorridere.

Quando finimmo, pulii le briciole con uno straccio e gettai le carte, poi tornai da Harry e «Si va a studiare?» proposi, sbattendo due volte le mani.

«Si va a studiare» acconsentì il riccio, decisamente con meno entusiasmo di me.

Salii su per le scale, seguito da Harry che, sospirando, «Non studierei mai Matematica di domenica se non fosse per te» affermò.

Mi voltai a guardarlo con sguardo indagatore e il riccio arrossì, abbassando gli occhi e tossicchiando. «Intendevo, se non potessi spiegamela non inizierei nemmeno a studiarla, sarebbe inutile»

Risi, scuotendo la testa, e lo guidai in camera mia. Mi guardai intorno, temendo che ci fosse ancora disordine, ma riuscii ad accontentarmi del lavoro che avevo fatto.

«Adoro casa tua» disse Harry, assumendo ancora l'espressione meravigliata di prima. Dovetti combattere di nuovo contro l'impulso di baciarlo, così, senza pesarci due volte, «potresti venire più spesso» pensai ad alta voce. «Per Matematica» aggiunsi in fretta.

Harry annuì e mi guardò... divertito? Avrei dato chissà che cosa per poter leggere i suoi pensieri in quel momento. Sembravamo due ragazzini alla prima cotta, il che poteva andare bene per lui che aveva appena diciannove anni, ma dannazione, io ne avevo venticinque!

Lo feci accomodare su una sedia che avevo preso dalla sala apposta per lui e io mi ci sedetti accanto, aprendo i libri che avevo già preparato la sera precedente.
Harry prese un quaderno e un astuccio dalla sua borsa in pelle, che poi fece scivolare a terra, al suo fianco.

«Su cos'è il test?» gli domandai.

Harry si limitò ad aprire il quaderno per farmi leggere i pochi e sconnessi appunti che aveva preso durante l'ultima lezione. «Limiti? Facilissimi» ridacchiai, ma il riccio mi guardò con un' espressione affranta, così smisi subito, assalito dai sensi di colpa. Mi ricordavo che, anche quando andavo a scuola io, erano poche le persone che riuscivano a capire la Matematica, e io ero tra quelli, ma chi non la capiva non aveva molte colpe. Si tratta solo di essere portati per certe materie e per altre di meno.

«Bene, cominciamo» dissi, alzandomi le maniche della felpa e cercando la spiegazione dei limiti nei miei libri.

E così iniziammo a lavorare; dopo una breve introduzione per cercare di fargli capire cosa fossero concretamente i limiti -sempre che si possano usare le parole "concretamente" e "limiti" nella stessa frase-, Harry svolse esercizi su esercizi con il mio aiuto.
Non fu facile, ma ad ogni esercizio svolto capiva qualche cosina in più. Era un bravo alunno.
Piuttosto avrei messo in dubbio il mio lavoro di maestro, in quanto più volte dovetti sforzarmi per rimanere concentrato sulla Matematica, per non chiudere quei dannati libri e baciargli le labbra, il viso, i capelli. Un insegnante non dovrebbe invaghirsi del proprio alunno, vero? Ma non era proprio quello che mi stava succedendo?

E mentre mi persi ad osservarlo mentre mordicchiava la penna, cercando di svolgere un esercizio particolarmente difficile, e pensai che fosse davvero sexy il modo in cui avvolgeva quella bacchetta tra le labbra, il suono del suo cellulare sulla scrivania venne in mio aiuto, facendo ridestare entrambi dai propri pensieri, se pur così diversi tra di loro.

«Scusami, è Liam» mi disse, quasi mortificato, e poi lesse il messaggio sotto la mia attenzione.

Alzò lo sguardo su di me, mostrandomi un ampio sorriso, e mi sembrò che i suoi occhi si fossero dipinti di un verde di tre toni più chiaro del normale. «Lou, Zayn... Zayn vuole vederti»




Zayn

Quando mi svegliai, una mano calda stringeva delicatamente la mia.

«Tesoro mio, buongiorno» mi salutò mia mamma, tanto amore e tanta tristezza nella sua voce.

La guardai per qualche secondo e riconobbi il mio naso sottile e i miei occhi scuri sul suo viso. Le assomigliavo tanto, eppure era come una sconosciuta per me.
Accennai un piccolo sorriso e ritirai la mano dalla sua, poi spostai lo sguardo sulla finestra a sinistra, dalla quale entrava la luce calda del sole, diffondendosi nella stanza.

La sentii sospirare e mi morsi il labbro, sentendomi in colpa. Stava soffrendo a causa mia, ma come avrei potuto fingere che le cose stavano esattamente come prima, quando non ricordavo neanche quale tipo di rapporto avessimo?
Le raccontavo ogni cosa che mi accadeva o tenevo tutto per me? Eravamo molto uniti o io ero uno di quei ragazzi che non parla affatto con la propria madre e lei era una di quelle madri completamente disinteressate della vita dei propri figli?

Non sapevo quasi nulla su me stesso, figuriamoci sugli altri. Avrei dovuto imparare a conoscermi di nuovo, prima di potermi aprire a qualcuno che mi conosceva fin da prima dell'incidente.

«Scusami» sussurrai allora, alzandomi dal letto. «Ho bisogno di tempo, mi dispiace davvero tanto»

I suoi occhi si riempirono di lacrime e la vidi combattere con tutte le sue forze per non scoppiare a piangere. «Certo, tesoro» annuì, dirigendosi verso la porta, «ma non esitare a chiamarmi se hai bisogno di qualcosa. Ci vediamo. » e uscì, lasciandomi un tenero sorriso.
Doveva essere una guerriera quella donna.

Andai in bagno e gettai dell'acqua fredda sul mio viso assonnato. Avevo dormito abbastanza bene, ma a quanto pare non mi era bastato per riposarmi del tutto.
Lavai i denti e pettinai i capelli, lasciando cadere il ciuffo sulla fronte. Probabilmente, prima dell'incidente li acconciavo con gel e lacca, oppure avevo un pessimo gusto in fatto di capelli. Erano terribili e pensai che avrei dovuto chiedere a qualcuno di portarmi del gel.

Il Dottor Palmer mi aveva detto che per ora non mi avrebbero dimesso e non sapeva quanto altro tempo dovessi rimanere in ospedale; avevano bisogno di accertarsi sulla mia salute e di capire di più riguardo alla mia forma di amnesia.

Non che gioissi di dover passare ancora molto tempo fra quelle mura deprimenti, ma, in realtà, non mi dispiaceva neanche più di tanto. Se mi avessero dimesso, sarei dovuto andare a casa con i miei genitori, dove abitavo da sempre, ma non era il primo dei miei desideri trascorrere molto tempo insieme a loro. Si comportavano fin troppo bene con me, certo, e potevo capire tutte le loro attenzioni, ma avevo bisogno dei miei tempi e dei miei spazi, e quelli, almeno un po', le mura deprimenti di quell'ospedale me li concedevano.

Dal borsone che mia madre mi aveva portato sfilai un paio di pantaloni grigi di felpa e una maglietta nera a maniche lunghe, li indossai e tornai sul mio letto.
Erano le nove del mattino e la mia colazione mi attendeva sul tavolino lì vicino: un bicchiere di latte, due fette biscottate e una piccola marmellata monodose.

Scartai le fette biscottate e aprii la marmellata alla fragola per spalmargliela sopra. Non mi ricordavo se prima dell'incidente mangiassi queste cose, ma quando le avevo assaggiate qualche giorno prima il sapore dolce mi era piaciuto tantissimo.

Quando finii entrambe le fette, mi pulii la bocca dalle briciole e bevvi un po' di latte, ormai freddo.
Mi alzai per gettare le carte nel cestino all'angolo della stanza e sentii bussare alla porta.

«Avanti» dissi, girandomi, e vidi Liam entrare e richiudersela alle spalle.

«Buongiorno, disturbo?» chiese. Teneva un sacchetto tra le mani.

Scossi la testa immediatamente e «no no, affatto. Buongiorno a te» lo salutai.

«Come stai oggi?» mi domandò, stringendosi nel suo maglioncino rosa salmone.

«Solo un po' assonnato, ma bene, e tu?» sorrisi, appoggiandomi sul bordo del letto e invitandolo a sedersi accanto a me.

«Bene anche io, grazie» rispose, mettendosi a sedere dove gli avevo indicato.

«Ho appena finito di fare colazione, mi dispiace non averti lasciato nulla»

«Ci ho pensato io» sorrise, mostrandomi il sacchetto. «E' una torta. L'ha preparata la mamma di Harry stamattina»

Gli angoli della mia bocca non poterono evitare di sollevarsi allegri. «Sei così gentile con me, Liam. Non mi conosci neanche»

«E' solo un po' di torta» sminuì Liam, gesticolando imbarazzato. Era troppo tenero.

«Beh, è carino da parte tua» continuai, solo per vederlo arrossire e bearmi delle sue gote rosa.

Troppo spesso, in così pochi giorni, avevo pensato che Liam fosse bello, ma non conoscevo la natura di quel pensiero perché non riuscivo a ricordare nulla sulla mia vita sentimentale passata.
Liam era oggettivamente un bel ragazzo, certo, ma con quale interesse i miei occhi lo guardavano?

Non sapevo se fossi etero, gay o entrambi, ma sapevo che la compagnia di Liam mi piaceva parecchio e questo non mi confondeva né mi infastidiva, ero semplicemente contento di aver trovato una persona con cui non essere solo. Un volto del tutto nuovo, appartenente alla mia nuova vita, ma che mi regalava così tante attenzioni che sembrava conoscermi da sempre.
E, soprattutto, con lui dimenticavo di avere un'amnesia, con Liam ero di nuovo un ragazzo normale.

Mangiammo in silenzio il dolce, finché Liam, ancora con la bocca piena, «perché non andiamo fuori a fare una passeggiata?» propose.

Annuii e mi pulii le labbra, poi mi alzai dal letto. «Volentieri, c'è un bel sole»

Liam sorrise e si alzò anche lui, poi uscimmo dalla stanza e andammo al piano di sotto usando le scale.

Quando uscimmo, l'aria fredda -i raggi del sole erano ancora troppo deboli per riscaldala- mi arrivò in viso facendomi rabbrividire.

«Andiamo al sole, ti prego» dissi allora, stringendomi nella mia maglietta troppo leggera e ridacchiando.

Uscimmo dalla zona d'ombra e i raggi del sole mi accarezzarono la pelle, riscaldandomi.

«Hai freddo?» domandò Liam, preoccupato.

«Sto già meglio» risposi, sorridendo. «E' proprio una bella giornata»

Liam annuì e iniziammo a camminare.

«Ci vengo spesso qui» mi disse. «Mi fa sentire libero, in qualche modo»

Sospirai. «Sei da tanto tempo qui, in ospedale?»

«Nove anni»

Schiusi le labbra e mi sentii fortunato, nonostante la mia fastidiosa amnesia. «Mi dispiace, Liam»

«Ormai ci ho fatto l'abitudine, sta' tranquillo» disse in un sorriso, infilando le mani nelle tasche dei suoi jeans.

«Non sai quando ti dimetteranno?» chiesi ancora.

Liam scosse la testa. «Continuo ad ammalarmi, guarire per poi ammalarmi un'altra volta. Probabilmente morirò qui dentro»

Un fremito mi percorse la spina dorsale al pensiero di perderlo e «no» dissi secco, fermandomi.

Liam si arrestò qualche passo più avanti e si voltò a guardarmi con aria interrogativa.

Sentii i miei occhi inumidirsi, così abbassai lo sguardo per non farmi vedere. Liam si avvicinò a me e mi sollevò il viso con due dita. «Hai gli occhi lucidi» disse, sorpreso.

Li strizzai e mi morsi le labbra, poi affondai il mio sguardo nel suo. «Non accadrà, Liam. Non deve accadere»

Liam sorrise e fece per avvicinarsi a me, ma poi si ritrasse e si strinse nelle spalle. «Purtroppo è così, Zayn, ma credo che ogni cosa accada per un motivo. Io ho trovato il mio motivo, e va bene così»

Mi meravigliai della naturalezza con cui accettasse la propria condizione. Io, al posto suo, non ce l'avrei mai fatta.

«Qual è il tuo motivo?» domandai allora, curioso e colmo di ammirazione.

«Un giorno te lo dirò, Zayn» mi disse, sorridendo. «Promesso», e poi ricominciò a camminare.

Passeggiamo senza parlare per qualche minuto, finché Liam non ruppe il silenzio di nuovo «Posso permettermi di darti un consiglio?» chiese.

«Certo» annuii, guardandolo.

«E' passata quasi una settimana da quando ti sei risvegliato e Louis si è ripreso. Penso che dovresti vederlo» disse, sedendosi su una panchina al sole.

Presi posto accanto a lui e sospirai. Non volevo incontrare Louis per il solito motivo per cui non volevo trascorrere del tempo con i miei genitori: non volevo vederli soffrire a causa mia e non volevo abbattermi per l'amnesia, volevo solo starmene da solo -o con Liam- per ritrovare me stesso.

«Scusa, sono stato troppo invadente» disse Liam, interrompendo i miei pensieri. «Tolgo il disturbo, ok?» continuò, alzandosi di nuovo per andare via.

Mi tirai in avanti e gli afferrai la mano, stringendola nella mia. «Resta con me»

Liam guardò le nostre mani unite e si torturò le labbra, come se fosse combattuto tra qualcosa e qualcos'altro.
Quando vidi che non diceva niente, mi alzai e gli afferrai anche l'altra mano, cogliendolo di sorpresa.

«Ho bisogno di te, soprattutto adesso» gli dissi convinto, cercando il suo sguardo che vagava altrove.

«Adesso?» domandò, perplesso.

Annuii. «Tu sei forte, Liam, e ho bisogno che tu mia stia vicino»

I suoi occhi mi scrutarono intensamente e poi il suo viso si addolcì e mi sorrise dolcemente. Stavolta fu lui a stringermi le mani con delicatezza. «Sono qui, Zayn, non vado da nessuna parte»

Senza pensarci lo abbracciai, appoggiando la guancia sulla sua spalla. Poco dopo sentii le sue braccia avvolgermi il corpo e le sue mani calde sulla schiena.

Conoscevo Liam da appena cinque giorni, ma in quel tempo ristretto mi aveva già dato ciò di cui avevo più bisogno: forza e comprensione.

Sorrisi sul suo collo e lo sentii rabbrividire, così lo strinsi ancora di più. «Ho deciso: voglio vedere Louis»







CIAO!

Ciao a tutti, miei dolci e amati lettori. Sappiate che adoro ognuno di voi, da chi vota e commenta su wattpad, a chi recensisce su efp, a chi non dice nulla e legge la mia storia silenziosamente. Siete importantissimi per me e non smetterò mai di ringraziarvi.

Passiamo al capitolo: che ve ne pare? Abbiamo un'altra dose di Lirry, non sono amorevoli?

Come avete visto, Louis inizia ad ammettere che cosa Harry gli fa provare e mi fa tanta tenerezza. Vi hanno deluso queste ripetizioni di Matematica o sono andate come vi immaginavate?

Per quanto riguarda gli Ziam... beh, abbiamo un grosso passo avanti, non credete? La fine di questo capitolo è piuttosto fluff, mi fanno impazzire quei due, aw. E Liam che si apre così tanto con lui... sono troppo dolci e io sto sclerando per qualcosa che ho scritto io, non sto bene.

Stay tuned per il capitolo otto, vi anticipo che sarà un'ondata di fluff e di feels e non vedo l'ora di farvelo leggere asdfghjkl

Un abbraccio immenso.
A presto,

Greta.     


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