-Il pezzo sbagliato del puzzle. Indaco. Stockholm Syndrome.-

116 16 21
                                    

"L'infinito drappo celeste può essere soltanto paragonato all'infinito disordine che regna dentro a questa scatola."
-Dalla mente contorta dell'autrice.


...E così l'uomo fu rinchiuso nella stanza dalle pareti imbottite. Fiori di sangue stavano già macchiando quella prigione bianca che lo teneva fermo annodandosi dietro la sua schiena.
Aveva perso la voce a furia di ridere e ora dalla sua bocca usciva solo un sibilo roco, simile al suono del vento. Gli uomini vestiti di bianco lo osservavano dimenarsi dentro alla camicia di forze, mentre chiudevano di loro la porta (anch'essa imbottita per impedire ai pazienti di ferirsi) e uscivano da quella stanza inquietante.
La stanza (o meglio, la cella d'isolamento) iniettava nel sangue di ogni persona che vi si avvicinava un cieco terrore, come per dar loro l'istinto di scappare da quel luogo, di ignorarlo nonostante le urla, le grida e i tonfi che provenivano dal suo interno.
Coloro che lavoravano in quel luogo ci avevano fatto l'abitudine, ma, nonostante ciò, la voglia di scappare restava inchiodata nelle loro menti e, ogni tanto, un martello picchiava più a fondo quel chiodo nei loro cervelli, non molto più sani di quelli dei loro pazienti, procurando loro fratture invisibili e dolorose, insanabili ed eterne.
Molti pazienti non avrebbero mai trovato una cura, nemmeno in quel posto. Uno di questi era l'uomo rinchiuso nella stanza dalle pareti imbottite. Ma di cosa erano malati questi pazienti?
Loro vedevano. Loro vivevano. Loro viaggiavano.
Come ci si può sentire ad essere in bilico tra due mondi? Come ci si può sentire ad essere imprigionati in cranio troppo piccolo per contenere tutto, tutti? Come ci si può sentire ad essere posseduti dall'amore, tanto da non poter più controllare le proprie azioni?
Fünf.
Come dev'essere vedere l'invisibile? Come dev'essere capire tutto e non capire niente? Come dev'essere convivere con una realtà che ti divora dentro, tanto da voler fuggire in un altro mondo?
Vier.
E se alcuni fossero predestinati a tutto ciò? E se accusare malattie mentali fosse solo un pretesto per negare ciò che solo pochi possono capire, perché troppo spaventoso da accettare?
Drei.
Esistono dei tramiti, dei punti d'incontro. Chi non riesce a sopportare finisce qua dentro. Imprigionato per sempre in un limbo confuso di pensieri e colori. Questo limbo confonde, disperde la razionalità.
Zwei.
Si sono ritrovati soli, persi, a compiere azioni che non avrebbero mai fatto. Alcuni sono predestinati, si dice.
 Eins.
-Nasceranno le punte di una stella e abbatteranno il muro, il martello tra le mani incoscienti della straniera dall'animo indaco. La sete di conoscenza li condurrà nel regno del possessore, solo poche ore prima del calare della sfera rovente, e nel nero l'indaco si perderà.- disse l'uomo prima che gli uomini dal camice bianco lo portassero nel loro palazzo di matti, aghi e pareti lattee.
Null.


Kyra si svegliò non appena la voce di Till Lindemann si diffuse nell'aria. Stoppò la sveglia ancor prima che egli iniziasse a cantare la prima strofa di Sonne.
Un titolo appropriato per svegliarsi e sperare che il Sole scaldi il suolo.
La ragazza dai capelli color indaco si alzò malvolentieri dal letto, troppo largo per uno e troppo stretto per due, e si incamminò con l'andatura di uno zombie verso la finestra della sua stanza. Scostò le persiane e aprì la finestra, permettendo all'aria mattutina di entrare liberamente nella camera da letto. Il sole stava sorgendo a Est e il cielo era ricco di sfumature differenti; la luce che si rifletteva sulle poche nuvole presenti in quel deserto celeste le faceva sembrare delle pesche mature, ma Kyra ci riusciva a vedere soltanto dei cuori molto pallidi. Cuori di sabbia rosata, cuori provenienti dai petti di chi si è prosciugato dal sangue. Cuori dai quali è stato prosciugato l'amore. Cuori senza vita, perché è dall'amore che si genera un cuore. E quando non c'è amore, il cuore brucia e si consuma, diventa polvere ancor prima di vivere. E resta nel petto di chi non è stato ucciso quando ancora era indifeso, in attesa dell'acqua di cui nutrirsi per iniziare a battere, per iniziare a vivere.
L'animo della ragazza era particolarmente malinconico quel giorno, prima di addormentarsi si era ritrovata a pensare a chi avrebbe voluto fermare il battito del suo cuoricino non ancora nato, ma che non ne aveva avuto il coraggio. Kyra sapeva di essere stata adottata da coloro che adesso considerava i suoi genitori, coloro che l'avevano vista all'orfanotrofio quando era ancora in fasce e che si erano innamorati del suo viso paffuto. Sapeva che ci erano voluti mesi per svolgere tutte le pratiche e che, una volta entrata ufficialmente in quella famiglia, le era stato donato tutto l'amore di cui necessitava. Tutto ciò lo aveva scoperto per caso, un anno prima, mentre curiosava nei cassetti di sua madre alla ricerca di una gonna da indossare alla festa data in occasione del dottorato della cugina. Inizialmente non aveva provato nulla, era semplicemente rimasta a fissare quei fogli per una manciata di secondi, dopodiché li aveva rimessi a posto e aveva chiamato la madre perché non trovava la gonna; tutta la giornata passò tranquillamente, infatti la ragazza realizzò quello che aveva scoperto soltanto svegliandosi da un incubo, nel bel mezzo della notte. Per la settimana successiva si incupì sempre di più, i suoi occhi celesti erano sempre più velati da infiniti interrogativi e i suoi lunghi capelli (che allora non erano indaco, ma neri) sembravano privi di lucentezza. La settimana successiva, i suoi genitori iniziarono a preoccuparsi e le chiesero se le era successo qualcosa; lei, presa alla sprovvista, mentì dicendo che voleva tingersi i capelli di viola, e non le sembrò tuttavia una cattiva idea. Sua madre e suo padre si consultarono a lungo: all'inizio volevano negarle il permesso, dato che Kyra aveva appena quattordici anni, ma dopo un po' pensarono che forse era giusto avvertirla di tutti gli aspetti negativi in cui avrebbe potuto incorrere, dandole comunque il permesso di fare ciò che voleva a patto che non se li decolorasse prima di tingerli. Avevano pensato che, in questo modo, Kyra avrebbe ottenuto ciò che voleva e sarebbe stata felice, ma che comunque avrebbe dovuto prendersi le sue responsabilità e tutto ciò avrebbe giovato alla sua formazione per diventare una persona adulta. Alla fine, qualche giorno dopo che i suoi capelli diventarono indaco, Kyra finse di trovare quei fogli per la prima volta e chiese spiegazioni ai suoi genitori... anche se lei faticava a chiamarli così dopo aver svelato quel piccolo grande segreto. La ragazza si meravigliò delle sue stesse lacrime, che non aveva mai versato per quella questione fino a quel momento, e si ripromise che un giorno avrebbe fatto qualsiasi cosa per tutti coloro che avrebbero versato lacrime ingiustamente e che lei poteva aiutare.
Da quel giorno, Kyra cambiò.
La ragazza aveva preso l'abitudine forzata di svegliarsi all'alba e mettersi ad osservare il cielo durante quei giorni tristi e pieni di interrogativi, dato che, oltre alle certezze, aveva anche perso il sonno. La sveglia l'aveva messa solo per far credere ai genitori che si alzasse a quell'ora per studiare.
Mentre osservava il cielo, Kyra si ricordò che quel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare nel bosco a Nord di Zerpenschleuse i ragazzi che avevano risposto ai suoi volantini, e così decise che sarebbe presto scesa a fare colazione, in modo da avere più tempo possibile a disposizione per dedicarsi ai suoi hobbies.
Kyra diede un ultimo sguardo ai cuori di sabbia posti in cielo. Sentiva la mente spaccata in due, come ogni volta che si svegliava con quello stato d'animo. Quanto disordine in quel giovane cervello, quanti pensieri, quanti sospiri! E sentiva il suo cuore bruciare nel petto. Ma si fece forza, allontanandosi dalla finestra e dirigendosi verso la porta della sua stanza.
Prima di uscire, si guardò intorno: libri e spartiti ovunque, enormi poster a ricoprire le pareti, colori e pennelli sparsi sul pavimento... Avrebbe dovuto riordinarla come diceva sua madre, ma a lei andava bene anche così. Non le sembrava così disordinata, dopotutto.
La ragazza dai capelli indaco optò per una colazione a base di frutta, ma non le andava di stare in quella cucina vuota, così uscì in giardino con una mela rossa in mano e una tavoletta di cioccolato fondente nell'altra. L'aria era ancora abbastanza fresca, nonostante le temperature si fossero alzate rispetto alla settimana precedente. Kyra pensò che quel giorno doveva essere felice, avrebbe potuto farsi degli amici e segnare l'inizio di un'estate indimenticabile. La ragazza attraversò il giardino, il passo leggermente zoppicante, per andare a sedersi sui rami di una vecchia quercia e consumare la sua colazione; frugò distrattamente nelle ampie tasche della tuta che aveva indossato prima di uscire alla ricerca del lettore mp3, ma, presa com'era dai suoi pensieri, si era scordata di prenderlo.
"Vorrà dire che farò a meno della musica, per questa volta." pensò mentre addentava la mela non avvelenata.

Pietra su PietraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora