7 capitolo

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Pensavi di riuscire a scampartela, eh?

Sentiva la presenza su di lui, le sue mani intorno alla gola. Non poteva urlare, negli incubi non si urla mai. Morire ogni notte, senza gridare.

Non riusciva a dimenarsi, Aidan non ci riusciva mai. E le dita stringevano sempre più forte. Gli entrarono nella carne e fiotti di sangue si riversarono e scomparirono nel nulla che lo circondava.

Dimmelo. E smetterò di farti del male.

Non poteva più parlare, eppure Desmond voleva che parlasse. E un lungo silenzio carico di morte spinse le dita ancora più a fondo, e la gola andò in frantumi.

*

Aidan si svegliò con una consapevolezza: aveva bisogno di respirare, doveva allontanarsi. Sentiva gli altri dormire tranquillamente. Inalare ossigeno nei loro polmoni e a ogni loro respiro Aidan si sentiva affogare.

Si alzò piano e si mosse con cautela appoggiandosi alla spalliera del divano, per i primi passi. Poi, riacquistato l'equilibrio, si diresse con movimenti insicuri verso la porta e, una volta aperta, scese piano le scale del palazzo come se si trovasse in un sogno.

In sogno. Rabbrividì e si portò le mani alla gola, sentendosi senza fiato. Si sforzò di essere più ragionevole e, una volta scesi i due piani, con un po' di fatica riuscì ad aprire il portone e si ritrovò fuori.

L'aria era pungente, sulle sue spalle nude. Non aveva cercato una maglietta, e se ne pentì un po'. Socchiuse il portone grigio, che piano piano stava cedendo alla ruggine. Il ragazzo si guardò intorno. La strada deserta, i palazzi in rovina, i vetri in frantumi dei negozi. Era tutto grigio, nero, sul finire della notte.

Aidan prese a camminare. Si guardava intorno, come a cercare qualcosa. Forse l'ossigeno che non sentiva più nei polmoni. Non gli sembrava più di respirare, nonostante il suo petto nudo si alzasse e abbassasse. Forse, era la morte che si avvicinava, e aveva smesso di provare gusto per il vivere.

Il ragazzo si muoveva spaesato, in un'atmosfera che ricordava troppo i suoi incubi. Sarebbe dovuto rimanere a morire asfissiato lì dentro. Girandosi indietro, gli sembrò che la strada fosse cambiata. Non era sicuro di saper tornare al condominio da dove era venuto.

Di lato a sé sentiva dei passi. Si girò, ma non vide nessuno.

Continuò ad andare avanti.

Trattenendo il respiro, il mondo cambiava. Riusciva a vedere, o almeno gli sembrava, figure nere, spettri, le ombre dei vecchi abitanti della città. Sentiva bambini corrergli ai fianchi. Donne inseguirli, ridendo. Uomini immusoniti recarsi a lavoro. Poi, come tutto era apparso, riscompariva nel buio più completo.

Una ragazzina ombra, seduta sulla strada, si ciucciava un ditino e gli occhi color brace sembrarono vederlo. Alzò la manina, in segno di saluto.

Furono le visioni a distrarlo, la ragazzina spettro. E quando riprese a respirare, al posto della bambina si ritrovò davanti un riesumato che si stava alzando lentamente e lo puntava.

Aidan non si era portato la pistola. E, comunque, non ce l'avrebbe fatta a sparargli. Si lasciò cadere sulle ginocchia, i pugni stretti, gli occhi chiusi, trattenendo il respiro, in attesa che il cadavere lo raggiungesse e incominciasse a strappargli brandelli di carne.

Al posto dei denti del riesumato, una mano si posò con delicatezza sulla sua spalla. Uno sguardo blu preoccupato. Si era chinato, e gli teneva la testa con una mano mentre con l'altra lo costringeva ad aprire la bocca.

Ti vedrò tornareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora