Aidan, risvegliandosi con il coltello ancora stretto in pugno, ci mise un po' a capire. Si guardò intorno, confuso, la schiena dolorante, cercando di intuire dove si trovasse, chiedendosi per un attimo dove potesse essere Liam. Solo quando individuò Alec, abbandonato a terra, il presente gli piombò contro e i ricordi donarono una consistenza più cruda, violenta, alla realtà.
Il giovane doveva essersi assopito anche lui, distrutto com'era. Cogliendolo alla sprovvista, il sonno l'aveva fatto crollare sulla strada dove giaceva riverso sul fianco. Aidan lo scosse appena e il ragazzo, schiudendo gli occhi gonfi, puntò lo sguardo azzurro, ora rosso di lacrime, su di lui. Il colorito era svanito dal suo viso delicato, dalle labbra morbide, e profonde occhiaie scure risaltavano sull'espressione abbattuta. Aidan sentì la rabbia crescere, vedendolo così, e invadergli il cuore.
"Alzati", gli disse, sollevatosi in piedi, guardandolo dall'alto. L'irritazione che, a ogni battito di cuore, trasmetteva violenza in ogni angolo del suo corpo. Ripeté l'ordine e capendo che il ragazzo non si sarebbe alzato e che a stento lo sentiva, iniziò a percuoterlo.
Alec gemette piano quando il calcio gli giunse, violento, nelle costole, togliendogli il respiro, e gli occhi gli si riempirono di nuovo di lacrime quando un altro lo colpì allo stomaco. Al terzo non resistette: afferrò Aidan per la caviglia, prima che ritirasse la gamba, lo tirò a terra e mentre era stordito si issò davanti a lui bloccandolo sotto di sé. Aidan digrignò i denti in una smorfia di dolore appena sentì una fitta attraversargli la spalla e il braccio.
"Non osare più colpirmi."
Aidan sembrò quietarsi e Alec lo lasciò andare. Ingenuo. Aidan gli tirò un pugno con la destra, più forte che poteva, e Alec si portò una mano allo zigomo, gli occhi socchiusi.
Ma la rabbia stava svanendo e Aidan si rialzò da terra. Non avrebbe fatto più niente, per convincerlo a seguirlo. Doveva solo sapere, poi sarebbe potuto andare.
"Adesso dimmi dove l'avete abbandonato."
*
Aidan sentiva Alec arrancare dietro di lui. Stanco, il suo passo era appesantito dalla fame e dal malumore. Dovevano fermarsi, trovare da mangiare, munizioni. Se ci fosse voluto qualche giorno in più a raggiungere la meta, non ce l'avrebbero fatta. Ma Aidan sentì Alec bloccarsi, piantarsi a terra.
"È qui."
Aidan osservò l'emporio. I riesumati che ancora, testardi, marcivano al suo interno. Attraverso ciò che era rimasto delle pareti di vetro, individuò un corpo riverso, il sangue e le cervella intorno, e credette di aver riconosciuto Albert.
"Aidan, sei sicuro che sia questo che vuoi?"
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, in contemplazione di quel luogo così squallido. "Perché siete entrati proprio qui? Sarà rimasto poco e niente, cibo e qualche morto. È... stato così stupido."
"Aidan, ascoltami, sei ferito, i cadaveri sono tanti. Se Liam è sopravvissuto non sarà rimasto qui e nel caso non lo fosse... sei sicuro di voler sapere?"
"Potrebbe essere ferito e sarebbe colpa mia."
"Aidan, non puoi andarci da solo, non stai bene."
"Non andrò da solo."
Alec fissò il volto sfinito del giovane senza proferire parola, i muscoli congelati. C'era una vena di follia negli occhi scuri, e il sorriso che gli si disegnò pallido sulle labbra era troppo simile a una cicatrice. Il giovane iniziò a scuotere la testa, con decisione.
"Sono troppi, morirò. È già successo una volta, Aidan."
"E se ti dicessi che gli zombie non sono un problema?"
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Ti vedrò tornare
Horror"Non morirai, andrà tutto bene, fidati di me e andrà tutto bene." * I morti non dormivano più, sotto terra. Chissà se avevano mai trovato pace, se era una situazione recente, o se fin dai tempi più antichi i cadaveri digrignassero i denti nelle...