9 capitolo

166 11 0
                                    

                 

Aidan, raggomitolato in un angolo del camper, il fetore nelle narici, li sentiva. Era a un passo dal sonno e le parole scivolavano su di lui prive di significato, eppure sapeva, avvertiva, che stavano parlando di lui.

Parlavano di lui, di quel ragazzo malconcio che si trascinavano appresso quasi contro la sua volontà senza un motivo apparente. Principio, bricioli di umanità. Forse un tentativo di non perdere ciò che rimaneva miseramente attaccato al corpo, della loro anima.

Eppure avvertiva i loro sguardi. Scorgendoli appena, li sentiva scorrere come corrente elettrica sottopelle. Occhi che lo valutavano, che si soffermavano sulla camminata incerta. Sulle occhiaie scure perennemente sotto gli occhi. Sulla medicazione sporca. Sulle braccia che tremavano di fatica sollevando un'arma. Sulle labbra ceree. Su ogni piccola smorfia. Sugli occhi neri di chi, seppur consapevole, non si rassegnava.

Se fosse stata la situazione inversa, Aidan non avrebbe esitato un attimo ad abbandonarli, magari già mezzi morti, alla prima orda di riesumati che passavano.

*

Angel, entrando nel camper, si sentì quasi mancare quando cominciò a inalare quell'aria viziata. Le sarebbe ritornato il mal di testa. Esaminò l'ambiente angusto: due letti, uniti in uno solo, occupavano la maggior parte dello spazio. Coperte e sacchi a pelo erano buttati a terra. I fornelli del vano cucina privo di gas erano arrugginiti.

Aidan era rannicchiato sopra una coperta sporca. La testa tra le gambe, il braccio ferito stretto al petto. La donna gli si avvicinò e lo scosse piano. Il ragazzo s'irrigidì sotto la sua stretta e sollevò rapido il capo, allentando un po' la tensione quando gli occhi assonati la riconobbero.

"Siediti sul letto."

Aidan si stropicciò gli occhi con una mano, passandosela poi tra i capelli sporchi. "Cosa?"

"Siediti sul letto."

"Ma..."

"Aidan, siediti."

Il ragazzo, incerto, ubbidì. La donna gli si sedette di fianco, gli tolse la maglietta e le sue mani incominciarono a snudare la spalla delle bende. Alla vista della ferita rimase impassibile e disse qualcosa che Aidan, annuendo, non ascoltò. Quando lo toccò vicino alla ferita, il respiro gli si mozzò in gola e i peli gli si rizzarono per un brivido improvviso. Angel, con la coda dell'occhio, lo guardava in viso, prima di notare qualcosa sulle sue braccia e afferrargli i polsi.

"Cosa è questo?"

Le braccia, soprattutto la parte interna, erano ricoperte di lividi, graffi e segni di denti. Il ragazzo, tenendosi stretto il braccio sinistro, se le cinge sul petto.

"Perché l'hai fatto?" non ottenne risposta e ripetette la domanda. "Perché l'hai fatto?"

"Ho freddo" disse lui, allungando goffamente il braccio destro verso la maglietta. Angel ci arrivò prima e la tenne stretta in pugno, l'espressione truce. Aidan aspettava.

La donna, senza parlare, improvvisò una nuova medicazione con stracci puliti e, una volta finito, gli porse la maglietta. Alzandosi, tesa, si pronunciò, secca, accusatrice:

"Non credo che Liam ti abbia salvato per questo."

E se ne andò.

Aidan, rimasto solo, si lasciò crollare sul letto disfatto e sospirò, la rabbia in corpo.

La donna non capiva.

Era solo stato nervoso, arrabbiato, ferito.

In un momento di noia, di vuoto, aveva guardato le braccia così pallide e la parte malata di lui aveva reagito.

Era solo stato nervoso, ferito, arrabbiato, tanto arrabbiato e tanto triste.

Sarebbe passata.

Tutto passa, nell'apocalisse.

Tutti scompaiono, se ne vanno, muoiono.

Liam compreso.

*

"Dove vai?"

Aidan continuò a camminare, senza girarsi, ignorandolo. Alec allungò il passo e lo raggiunse. Lo afferrò per i polsi.

Le braccia erano coperte, eppure Alec lasciò lo sguardo vagare su queste. Aidan si liberò e Alec lo tenne fermo per le spalle. Aidan indietreggiò e con lui anche l'altro ragazzo.

"Lasciami in pace."

"Si può sapere che stai facendo?"

Aidan si trattenne a stento dallo sbuffare, limitandosi a guardarlo visibilmente irritato.

"Aidan?"

"Ho bisogno di allontanarmi. Sto impazzendo qui. Quindi, lasciami in pace."

"Vengo anche io, però."

"Fai come vuoi."

Non lo degnò di altre attenzioni. A passo svelto, si diresse in strada. L'altro giovane si fermò un attimo e guardò dietro di sé. Portò la mano alla pistola che teneva sul fianco destro, controllò la presenza del coltello poco distante. Poi, seguì la figura prima che girasse l'angolo e scomparisse del tutto dalla sua vista.

Aidan pensò di nascondersi dentro il palazzo che aveva incontrato, prima di essere raggiunto da Alec. Ma il giovane l'avrebbe trovato comunque, e avrebbe spaventato gli altri, e in ogni caso provocare altri guai per così poco era troppo anche lui. E poi, era troppo stanco. La sua mente non ce l'avrebbe fatta a reggere il gioco. Quindi molto presto sentì dietro di sé i passi sicuri del ragazzo.

"Aidan, rallenta."

Due riesumati giacevano in strada, il corpo un ammasso confuso di carne e interiora. Avevano braccia e mani legate. Uno di questi allungò il collo verso di loro e spalancò la bocca piena di sangue: sembrava gli avessero strappato ogni dente, presto la fame l'avrebbe sconfitto. Aidan gli si chinò di fronte, attirato.

Chi ti ha fatto questo?

Il morto, gli occhi vuoti ruotati all'indietro, sporse la lingua in fuori e incominciò a agitare le spalle quando alle narici gli giunse più forte l'odore di Alec. L'altro cadavere iniziò a sbattere forte i denti, le orbite vuote. Un bulbo oculare,  gli pendeva sulla guancia scarna.

"Aidan, andiamocene."

Il ragazzo rimase chinato sul riesumato, il volto sfregiato  di questo continuava a puntare verso Alec. Incurante della presenza di Aidan.

"Dove stai andando?"

"Ritornatene indietro, Alec."

Aidan scattò come richiamato da qualcosa. A passo spedito, s'inoltrò nei vicoli sporchi fino a raggiungere quello che un tempo doveva essere il centro della cittadina. Morti che sporgevano il busto dalle portiere delle automobili rovesciate, senza riuscire a uscirne. Aidan rallentò, esausto, tossendo, provando a riprendere fiato, raggiunta l'entrata di un vecchio negozio. Il peso dei riesumati, una ventina o più accalcati l'uno sull'altro, aveva incrinato la superficie di vetro e da un buco su di esso un braccio sbucava e allungava le magre falangi verso l'esterno.

Alec l'aveva raggiunto. Meno stanco di lui, si guardò intorno, respirando a fondo nel putrido aroma di morte e benzina. Gli occhi blu si puntarono su di lui, senza capire.

"Aidan, cosa hai intenzione di fare?"

"Saresti dovuto tornare indietro, te l'avevo detto."

"Aidan, vieni con me."

Aidan prese la pistola con la mano sinistra, passandosela poi nella destra che già tremò incerta soppesando l'arma. Guardò il ragazzo.

"Spero che tu sia almeno veloce a scappare."

Aidan osservò il giovane capire, impallidire, indietreggiare e spalancare gli occhi.

Poi, si girò e incominciò a bersagliare la vetrata di proiettili.

Ti vedrò tornareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora